“La cosa più difficile è preparare un pugile per il match. Si arriva all’80-85 percento, ma mai al 100 percento. Perché se un pugile va sul ring preparato al 100 percento e perde, non ha più scuse”.
Cus D’Amato.
È assurdo e utopico pensare che tutto, in un match, sia una nostra intuizione, il nostro gancio perfetto.
A bordo campo ci han preparato allenatori, madri, riformatori, collegi, politica, religione. Ci hanno imposto posture, silenzi, flessioni di braccia e di capo, verdure, abbandoni, materie, poltrone, ginocchia.
Siamo fottutamente il prodotto di scelte non nostre, ma di allenamenti estenuanti, di prose, di date, di battaglie, di spazzolini da denti e preghiere, di domeniche in chiesa e di sabati al supermercato.
Siamo burattini di libri, tv, canzoni maledette e serenate notturne.
Siamo peccatori nel proibito che si vanno a confessare in parrocchie sconsacrate. Siamo ruoli, etichette o bastardi.
Non possiamo essere nulla più di quel 15 percento.
Quel numero magico ripetuto su una mano è l’unica nostra firma, la nostra scusa.