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“To Rome with Love”, Intervista a Marco Salvati

05 martedì Set 2017

Posted by Donna Abelarda in About YOU - Le mie interviste

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amore, avanti un altro, bukowski, caffe, donne, intervista, marco salvati, mini, paolo bonolis, passione, televisione, venere in pelliccia, woody allen

Oggi il caffè è piacevolissimo, dolce, acuto e pungente, proprio come il protagonista.
Benvenuto, MARCO SALVATI!

Mi approccio a questa intervista con una discreta dose di “ansia da prestazione”, assolutamente non dettata dalla persona che ho davanti, ma da quello che rappresenta J Un grande comunicatore che, con una squadra vincente, riesce a stare nell’ombra del dietro le quinte della “sala autorale”, facendo risplendere gli altri. Penso ad un Uomo su tutti che risplende anche (ma non solo, ovviamente) grazie alla luce che gli puntate Tu e Sergio Rubino, per citare l’altra tua metà della mela: Paolo Bonolis. Quindi inizio con un ringraziamento e lo faccio partendo dal tuo talento che hai trasformato nella tua professione.  Se penso a Paolo non riesco a staccarlo da voi due che, negli anni, avete costruito con lui un nuovo modo di comunicare. Avete preso quella massa eterogenea che è il pubblico e le avete dato in pasto una comunicazione per tutti i palati, in una generosità grandiosa, senza “discriminare” nessuno. Chi ha incastrato Peter Pan, Ciao Darwin e il Senso della Vita sono, per me, tre binari che si sono incontrati in un successo nazionale come Avanti un Altro!, un programma che riesce a divertire e prende spunto, se non sbaglio, anche da alcune tecniche scientifiche per le riabilitazioni “mentali” su alcuni pazienti colpiti da ictus, per esempio, come quella del Rispondere al Contrario alle domande. Ecco, credo che il successo indiscusso di questo programma sia prendere un po’ da tutto quello che è “popolare” e di mescolarlo sapientemente, senza quasi farsene accorgere, perché i registri linguistici si alternano in un circo colorato, fisico che non perdona nessuno J Il concorrente è protagonista indiscusso di quei tre minuti, scherzosamente deriso quasi senza che se ne accorga, perché la vostra risata è sempre rispettosa.

In questi “prodotti televisivi” c’è (quasi) tutto l’uomo: le sue ingenuità, le sue malizie, le sue fragilità, le sue spigolosità e le sue vanità. E ci sono i famosi “Tre livelli di linguaggio” che avete costruito nel tempo, sempre su Paolo. Il linguaggio “bambinesco” (ma quanto mai adulto), quello nazional-popolare e quello più profondo, più di nicchia, più “incatturabile”, illegibile ai più, che inevitabilmente screma in maniera naturale il pubblico che ne viene trafitto o non lo vede nemmeno passare di sfuggita.

 

Proviamo a cambiare punto di vista. Se non fossi tu a scrivere per gli altri, chi vorresti scrivesse per te?
“Ah, bella domanda! Non credo di avere una vita da narrare. Solitamente sono io che scrivo per gli altri…Ecco, se mi chiedi a chi penso per la “regia” della mia vita, ti dico Woody Allen”.

In televisione chi comanda: siamo noi pubblico al servizio della tv oppure è il pubblico che, di fatto, vi impone un certo tipo di format?
“Questo è un po’ un serpente che si morde la coda. La TV EDUCATIVA, ovvero la pretesa che la televisione stessa debba “educare” è un concetto che trovo molto fascista e mi indigno di fronte  a questo. E’ la televisione che si adegua alle persone: è la gente che fa la televisione. Nella vastissima offerta televisiva che abbiamo oggi (pensiamo alla tv on-demand), ci sono sicuramente dei canali che hanno la vocazione di “educare”, altri predisposti all’intrattenimento, altri ancora alla divulgazione per un pubblico diverso. ma non bisogna certo avere la presunzione di insegnare. Il pubblico è intelligente e sa scegliere per se stesso. Alla sera, alle nove e un quarto, io non ho più una “imposizione” di contenuto da guardare: ho la facoltà e la possibilità di scegliere e di cambiare canale”.


Entriamo piano piano nell’altro mondo di Marco, quel Marco autore di se stesso che “abita” nei Social. Quand’è che la Libertà di parola diventa Diarrea Verbale? Scusami per la terminologia spiccia, presa in prestito da una mia grande maestra di vita, ovvero Bridget Jones. Però negli ultimi anni, soprattutto su Facebook, si stanno diffondendo in maniera virale concetti come: L’ODIO SERIALE, IL NON-PERDONO DEL SUCCESSO ALTRUI, LA XENOFOBIA, IL RAZZISMO, LA MEDIOCRITA’. Stiamo godendo i frutti che molti combattenti della Libertà di parola hanno pagato anche con la vita. Dov’è che si è rotto qualcosa, quando?
“La libertà di parola non è un Bene, non è SEMPRE un bene. In Italia la politica, i social, la televisione sono un mezzo attraverso il quale chiunque si sente in diritto-dovere di dire quello che vuole, ma non è corretto a mio parere. Non possiamo parlare tutti di tutto. Quando decidiamo di esprimerci, dovremmo avere dei concetti sostenibili. Prendiamo per esempio i Social: hanno spalancato una democratizzazione che ha tolto qualsiasi filtro. Uno strumento del futuro che ci ha fatto fare un balzo indietro al Medioevo. Viene quotidianamente vomitata cattiveria, senza alcun tipo di filtro. Abbiamo uno strumento che ci permette, di fatto, di dire tutto e quindi ci arroghiamo il diritto a farlo. I francesi e gli inglesi, veri “inventori” della democrazia, sono arrivati a questa conquista con la Storia. Anche gli spagnoli hanno qualcosa da dirci, e sono arrivati ancora più tardi a questo concetto. In noi scorre invece il dna dei furbetti. Se c’è una fila, il nostro primo pensiero è quello di come saltarla. Siamo immaturi, non siamo un Popolo con una identità solida: non abbiamo il senso di civiltà, di rispetto. Siamo dei lamentosi. Prendiamo ancora una volta il caso dell’immondizia nelle strade: ce ne lamentiamo a gran voce, ma chi è che, di fatto, la butta in strada quella stessa immondizia? Carlo Verdone e Checco Zalone hanno creato cinematograficamente la vera incarnazione dell’ ITALIANO. E chi ride di quell’italiano lì, non si accorge che sta ridendo di se stesso, perché non vi si riconosce nemmeno. E poi noi non perdoniamo agli altri la fortuna. Critichiamo tutto a ruota libera, inveiamo in maniera cieca su televisione, teatro, musica”.

(Recentissimo episodio quello contro Paolo Bonolis in occasione del Concerto di Vasco MODENAPARK trasmesso su Rai Uno con interventi di Paolo Bonolis tra una canzone e l’altra. Una scommessa che la Rai ha fatto su Paolo, un uomo “avanti con l’etaà” per un programma come un concerto in prima serata. All’indomani, un successo di ascolti pazzesco, accompagnato come sempre da critiche, molte delle quali ad personam, ingiustificate, senza senso).


E allora mi prendo un po’ del nostro tempo per un excursus su Paolo (Bonolis).
“Paolo è un uomo straordinario, un amico. E’ colto, intelligente. A telecamere spente è attento verso tutti, educato, rispettoso. Non lo posso definire un conduttore, un presentatore. E’ un performer. Ha un temperamento calmo, composto. Parla quando è il momento e non cerca mai di riempire il proprio ego”.

Torniamo sui social, ma con toni più leggeri, abita anche quel Marco “sexy e  vanaglorioso”, un conquistatore seriale. Abbiamo capito che la tua “subdola” arma di seduzione è la mente, la parola che si fa tagliente. Ma a te, che cos’è che seduce? La stessa arma che usi tu, quindi un doppio taglio?
“Mi dissocio categoricamente da questa definizione di SEDUTTORE SERIALE! La verità è che sui Social siamo tutti sedotti e seduttori, ci divertiamo a fare lo struscio, di fatto. Diciamo che sono un seduttore a mia insaputa, lo Scajola della Seduzione! Sempre tornando ai Social, hanno dato a chi non si era mai espresso una voce e un corpo”.

Qual è la parte di te che ti piace di più?
“Esteticamente direi nulla in particolare. Sono globalmente in decomposizione, ma posso essere piacente, interessante. Come si dice a Roma: sono un amabile cialtrone!
Come persona mi piace la mia capacità di improvvisazione, di sapermi giostrare anche in situazioni impreviste”.


Che cosa ammiri nelle Donne e che cosa ammiri negli Uomini.

“Nelle donne ammiro la cultura…ma forse è un po’ banale! Mi piace che le donne abbiano qualcosa da insegnarmi, che mi lascino ad ascoltarle incantato. Sono stanco di fare il pigmalione. Questa loro qualità mi eccita più di qualsiasi reggicalze (e qui, amici, se non seguite Marco su Facebook o Twitter, avrete una lacuna incolmabile 🙂 ). Negli uomini ammiro la mitezza, che non è sinonimo di “essere moscio”, come spesso si pensa. Credo di non possederla io, questa mitezza”.


Se penso a Woody Allen, a Bukowski, a Leopold von Sacher-Masoch con la sua Venere in Pelliccia, riconosco che una gran fetta della Buona Letterature e del Bel Cinema toccano, inevitabilmente, l’erotico, per arrivare, ognuno a suo modo, all’Amore.
Passione e Amore sono legati tra loro. E se si, come?

“Queste due grandi parole hanno origini greche. Eros e Porne erano di fatto due volti di una stessa moneta. Siamo noi che, in seguito, li abbiamo “specializzati” e divisi in amore e sesso. La pornografia, quella fatta bene, è molto più onesta dell’erotismo. L’erotismo patinato è nato per creare una pornografia veicolata. Oggi c’è un grande “supermercato” della sessualità, la puoi scegliere fino agli abissi. Una volta il sesso era l’intimo su Postalmarket e si, aveva tantissime sfumature. Una caviglia, una gonna alzata. Il porno era impensabile. L’eros era anche in un certo tipo di linguaggio Oggi è tutto mescolato, anche confuso. La pornografia è di fatto colei che trascina la tecnologia ,che a sua volta aperto un mondo, un canale, ha sdoganato tutto. Oggi, con internet, non ci sono più quelle velature, quelle sfumature. C’è un’offerta che ha raggiunto qualsiasi “fantasia”, ha sconfinato. Ha forse fatto perdere quella parte fondamentale che era l’immaginazione e il proibito”.

Sei esattamente dove vorresti essere?
“Sono dove volevo essere da ragazzo. Ho raggiunto molti traguardi, un successo modesto e l’ho fatto con merito.
Adesso non lo so, magari vorrei essere altrove e sognare altro”.

Che papà sei?
“Credo di essere un papà premuroso, attento, non sono il migliore, sbaglio.
Ma cerco di essere sempre presente per i miei figli”.


Ti piace il caffè?

“Si, ne ho appena preso uno”.

Perché hai accettato questa intervista? Ho fatto una fatica incredibile a trovarne altre di te.
“Hai fatto fatica perché non ne faccio quasi mai. Io sono quel personaggio che fa parlare gli altri. Ho accettato perché oggi non avevo molto da fare, perché ti leggo e sei intelligente, pungente, simpatica.
Ho capito quanto sia importante per te questo blog, questa tua creatura. E quindi, anche se non so come, spero di aiutarti!”

Erano più o meno due anni che aspettavo.
E quindi la morale della favola è che se credi in qualcosa, persevera, con rispetto (tuo ed altrui) ed educazione.
Marco Salvati è un indiscutibile uomo di fascino, un fascino totale, che va al di là di canoni estetici. Nella premessa spero di aver reso omaggio a lui (e al suo team di autori) che ci regala qualità. Troppo spesso confondiamo serio con serioso e tacciamo le risate come “sciocchezze”. In gran parte dei prodotti a cui lavora Marco, c’è una qualità rara: IL RISPETTO. E questo rispetto arriva agli occhi e al cuore di chi guarda. Per dirla un po’ spirituale, televisivamente Marco si fa corpo attraverso Paolo, attraverso la sua irriverenza, la sua straordinaria capacità di tenere il palco, l’attenzione costante per tutta la durata del programma. Cultura, riferimenti storici, politici, battute, freddure: tutto in un tempo brevissimo, con un ritmo veloce come quando d’estate ti immergi in una bolgia dantesca, ma riesci comunque a ritrovarti. Grazie quindi, Marco, per il rispetto che hai del pubblico, quello “attivo” in studio, nella veste di concorrente, e quello “passivo” da casa, spettatore…che poi passivo non è mai. Voi non ridete DEL concorrente, DELLE persone. Voi ridete CON il concorrente, CON le persone. E sono preposizioni che fanno la differenza.

“Mi fa molto piacere che tu abbia colto. E che tu abbia usato CON, anziché DI”.

 

And…What about you?

06 domenica Ago 2017

Posted by Donna Abelarda in About YOU - Le mie interviste

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about you, interviste

Questa sezione ABOUT YOU è il coronamento di un sogno, ovvero l’inizio di un percorso.

Smontare un pò tutti gli algoritmi del mio essere ingegnere per lasciar spazio alle parole, a ciò che con la scienza non si può spiegare: l’essere umano!

Mi piace il bello, in ogni sua sfumatura: Un bel paesaggio, un bel piatto, una bella giornata, un bel sogno.
Mi piace il buon cibo, accompagnato da un buon vino, condito da un’ottima compagnia.
Mi piacciono le belle persone.
Quelle che non conoscerai mai dal vivo, quelle che hanno fatto la storia, quelle che entreranno nella storia. Quelle che hai nel cuore, quelle che il cuore te l’hanno spaccato in quattro.
Mi piacciono le belle donne, quelle belle anche dentro, che poi non vuol dire avere il fegato a posto: vuol dire avere fegato e basta.
Quelle che hanno coraggio, quelle che ancora non ce l’hanno.
Quelle che si sono reinventate, quelle che ti rendono fiera di essere DONNA, con tutte e cinque le lettere in maiuscolo!
E anche l’uomo mi piace, mi incuriosisce.
Li amo gli uomini.
Ma non li amo tutti.
Non amo quell’uomo pieno di sè, quello che non deve chiedere mai.
Bisogna chiedere eccome, e talvolta dire anche per favore!

E in questa pagina ci si racconta, vestiti solo di noi stessi, di quel che vogliamo.
Spogliati di trucco e trucchi.
Perchè raccontarsi, secondo me, è sempre il modo migliore per assaporarsi.
Non sono una professionista del mestiere…e forse sarà bello anche per questo!

La porta è aperta, benvenuti nella mia Coffee Room, che qui è vostra più che mai.

A Wild-e Woman. Intervista con Laura Lenghi

24 venerdì Lug 2015

Posted by Donna Abelarda in About YOU - Le mie interviste

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Oggi il caffè lo beviamo con la straordinaria Laura Lenghi!
Faccio con Laura un percorso attraverso la normalità, la quotidianità, i piatti preferiti, le canzoni del cuore…Ed è da questa normalità che scopro una donna, oltre che bellissima, di talento, grinta, carattere.
Laura è Milla Jovovich, Olivia Wilde, Penelope Cruz, Hilary Swank, Halle Berry, Jennifer Garner.
E la sua morbidezza, la sua sensualità, il suo graffio, non restano in penombra, nella sala di doppiaggio.
Laura è in tutti quegli sguardi, quella sensualità, quella grinta.
Che dire…ve la volete perdere?

Laura, finalmente.
Benvenuta nella mia Coffee Room.

Attrice e Doppiatrice straordinaria pluripremiata, meritatamente. le attrici a cui hai dato la tua anima e la tua voce sono straordinarie. Due parole su Olivia Wilde in Dr House e I. Swank nel superbo Million Dollar Baby.
“Dottor House” è una serie che mi è rimasta nel cuore, soprattutto per la presenza di Sergio di Stefano che conoscevo fin da bambina.
Era una persona meravigliosa ed è stato un onore per me lavorare così a lungo con lui. Su Hilary Swank, che dire, è un attrice talmente brava con una sensibilità così profonda che doppiarla è stato persino un peccato. Spero di averle reso giustizia!

Il personaggio a cui sei più legata.
Il personaggio a cui sono più legata è la protagonista di Alias, Jennifer Garner.
In verità, avrei voluto fare l’agente segreto!


Il personaggio che ti è stato più…scomodo.
Il personaggio più scomodo…. ce ne sono molti… me ne viene in mente uno in particolare, Iriza di Candy Candy.
Io ero una bambina e detestavo dover interpretare un personaggio così cattivo.

Il personaggio più difficile da interpretare.
Il personaggio più difficile… una volta doppiai un film, di cui non ricordo il titolo, era la trasposizione di una storia vera. Nella scena finale, l’attrice che doppiavo moriva, ma io mi ero fatta talmente prendere dalla storia che non riuscivo a smettere di piangere.

Che cos’è per te la VOCE?
La voce… che domanda! La voce è il mio strumento! Purtroppo segue tutte le fasi “influenzali” dell’ inverno e d’estate, basta un colpo di aria condizionata e se ne va!

Che cos’è per te la Bellezza? Ne stiamo forse perdendo di vista le basi, forse anche per l’avvento, travolgente, di internet, con i suoi pregi, le sue potenzialità, ma anche i suoi difetti, i suoi pericoli.
La bellezza dev’essere in ognuno di noi. Se ne stanno perdendo le basi perchè dovremmo essere educati fin da piccoli alla “bellezza”. Io faccio il possibile con i miei figli ma non è facile, questo mondo tecnologico sicuramente è molto più affascinante per loro.

La tua più grande virtù ed il tuo più grande “peccato”.
La mia più grande virtù è la forza.
Il mio più grande peccato… diciamo difetto? E’ sempre la forza, non mi faccio aiutare da nessuno, perciò diciamo che “pecco” di presunzione pensando che posso fare tutto da sola.

L’amore nella tua vita che ruolo ha? Io credo che noi donne, o almeno, alcune di noi, siamo fatte d’amore.
L’amore c’è sempre nella vita delle persone, anche nella mia è ovvio. Mi sveglio al mattino con i gatti che mi fanno le fusa e i bambini che mi saltano nel letto… non è amore questo?

Laura Mamma. Come sei in questa veste?
In realtà dovrebbero parlare i miei figli, loro dovrebbero dire che mamma sono. Diciamo che sono una “mamma umana”. Si fa quel che si può, non è facile essere una mamma che lavora, avere tre figli ed essere sempre al top! E poi qual è il top!!?? 🙂
La tua canzone.
La mia canzone è Heroes di David Bowie…
Oddio, ce ne sono tante altre, ma ora mi viene in mente questa!

Il piatto che più ti rappresenta.
Il piatto…. la pizza!

Che cosa ammiri nelle donne e che cosa negli uomini?
Non faccio distinzione tra uomini e donne, ammiro le caratteristiche delle persone, ognuno ha le proprie peculiarità, dico forse che le donne sono più “complesse” e gli uomini più “basic” ma questa è genetica!

Il complimento più bello che ti hanno fatto nella vita.
I complimenti più belli me li fa mia figlia piccola mentre si arrampica su di me: dice che lei è un koala e io il suo albero di eucalipto!

Di che cosa non puoi fare a meno?
Non posso fare a meno di fare sport! Mi diverto tantissimo!

Sei esattamente dove vorresti essere, Laura?
Se sono dove vorrei essere?
Che domanda!!
Certo che no!
Se potessi me ne starei in posto ai tropici!
Tu no? 🙂

Io il mio blog l’ho chiamato in onore della mia grande passione, il caffè…quindi, la domanda è d’obbligo. Ti piace il caffè? 🙂
Caffè?
Sto a “rota” di caffè!

L’ultima domanda contiene in sé l’immenso grazie per esserti messa nelle mie mani… 🙂
E quindi, siccome io di mestiere non faccio la giornalista, ma scrivo per passione, ti chiedo: perché hai accettato questa intervista? 🙂

Ho accettato quest’intervista perchè tu sei stata molto gentile!!

Che dire.
Una professionista, una donna, una mamma, una voce ed un’anima straordinarie.
Semplicemente, grazie Laura.

Ps:
Se hai reso giustizia ad Hilary Swank?
Direi proprio di si. 🙂

Quello che gli uomini dicono – Intervista a Sandro Acerbo

29 venerdì Mag 2015

Posted by Donna Abelarda in About YOU - Le mie interviste

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Oggi il caffè lo beviamo con Sandro Acerbo!

Nella vita c’è una sola cosa, secondo me, che ci rende vivi: e questa cosa è l’emozione. Abbiamo voci, colori, rumori che ogni giorno invadono le nostre vite, in primis al cinema e in televisione. Ci passano davanti immagini, volti più o meno espressivi. Ma spenta quella scatola, qualcosa resta dentro. Avevo tre anni quando guardavo il cartone animato Holly e Benji e Giorgio Borghetti mi ha stregata.
Mi ero appassionata a qualcosa che era di cartone, che non esisteva. E la andavo a cercare ogni volta che stavo davanti alla televisione. Con gli anni, ho capito che quel qualcosa non era un suono, ma un pugno in pancia, un’immagine sonora che ti resta dentro anche quando un volto perde di consistenza.
Restano le sfumature di Patrick Jane davanti all’uomo che ha distrutto la sua vita per capriccio: restano le sfumature di quelle domande, se fosse pentito, se avesse paura di morire.
Quel guizzo arguto, quella voce rotta.
Sandro Acerbo per me non è Brad Pitt, Simon Baker o Will Smith: Sandro è qualcuno che entra ogni volta in un corpo diverso e lo riempie di sfumature, di anima, di carattere. E oggi è stata una giornata che ricorderò perché ho avuto un’emozione grande.
Sii fiero sempre di te stesso e quindi del tuo lavoro, molto più che un mestiere.

Emozionata ma molto orgogliosa, intraprendo quella che non sarà una serie di domande-risposte, ma una stupenda chiacchierata con un immenso Sandro Acerbo. Un uomo colto, posato, un professionista, un papà.
Una laurea in Giurisprudenza come soddisfazione personale e per i suoi genitori che lo hanno sempre sostenuto, conseguita con tanti sacrifici, dividendo la sua vita tra sale di doppiaggio e libri, con poco tempo per gli svaghi e le gite al mare con i suoi coetanei. Intraprende la carriera nel mondo della voce da piccolissimo: da La Carica dei 101 a Mary Poppins.
A 10 anni o poco più divide il leggìo con due immensi artisti, Monica Vitti ed Alberto Sordi.
I suoi maestri sono stati un patrimonio che i suoi colleghi di questa generazione, probabilmente, non potranno mai avere. E allora, quando hai davanti una persona così ricca e così piena di sfumature, non puoi non emozionarti.

Partiamo con un aneddoto, che si aggancia ai miei complimenti per il “suo” Patrick Jane, il Mentalist che tutte le settimane, da anni, ci tiene svegli 🙂 Pensa che ai provini per Simon Baker erano state scelte, come spesso accade, tre voci, ed io non ero tra queste.
Per un caso fortuito, o forse per destino, uno dei tre candidati non si presentò al provino e io mi trovavo lì in quel momento. Il direttore allora mi disse “Sandro, sto in difficoltà…ti va di farmi sto provino?” Il come andò quel provino, è cosa nota 🙂
Patrick ha un vissuto profondo che tiene le fila della trama, ma ha una caratteristica fondamentale che appartiene anche a me, ed è l’ironia. E’ quella peculiarità che lo rende affascinante, astuto, brillante nella risoluzione di casi quasi impossibili, ma soprattutto che lo ha tenuto vivo appunto nelle sue vicende più drammatiche. Io mi piaccio molto come interprete di questi caratteri ironici, mi trovo a mio agio.
Anche Will Smith, nelle sue interpretazioni più spiritose, è entrato bene nelle mie corde…o io nelle sue 🙂
Sto comodo su questi personaggi perché nella mia vita sono allegro, mi piace vivere serenamente e con entusiasmo, partendo dalle piccole quotidianità.
Mi lancio molto, il mio è un andare all’attacco in modo propositivo.

Ti viene riconosciuta questa tua straordinaria maestria e bravura, Sandro? Devo dirti che, in tantissimi anni di carriera, quasi 50 ani, questo è stato un anno eccezionale per me, dal punto di vista delle soddisfazioni, dei premi. Finalmente capisco che la gente sta cominciando a capirci! Sta cominciando a prendere coscienza che non siamo dei Topi di Sala, ma siamo attori, anche se nell’ombra. Noi abbiamo un approccio totale con il personaggio e questo si traduce non solo in voce, che è la partenza, ma in emozione. La mia immensa fortuna ed il mio immenso privilegio sono quelli di aver lavorato con dei maestri, con dei grandi, con i più grandi: Giulio Panicali, Emilio Cigoli, Pino Locchi. E capitava anche che in produzioni italiane, quando i protagonisti dovevano doppiarsi, potevi trovarti al leggìo con Monica Vitti ed Alberto Sordi, come è capitato a me…una scuola irripetibile, con dei maestri che non nascono più, purtroppo.

Tu Sandro hai un approccio totale alla voce: Attore, doppiatore, dialoghista, direttore di doppiaggio. Quale ruolo ti sta più comodo, quale ti diverte di più?
Il ruolo che mi sta più comodo è quello dell’attore/doppiatore perché rispecchia il mio carattere espansivo, il mio amore per il parlare, per lo stare con le persone, per la condivisione di esperienze.
Il lavoro del dialoghista è quello forse un po’ più solitario, ne sento forse di più la fatica perché magari mi trovo a farlo la sera tardi, tornando da una giornata intensa in sala. Però anche la fatica è un qualcosa più fisico che mentale: se ti approcci ad un film che ti è vicino, nelle tue corde, è tutto più facile e senti meno quel peso delle ore di lavoro che ti porti addosso. Il ruolo comunque che preferisco è diviso quasi equamente tra doppiatore e direttore di doppiaggio…sono quasi al cinquanta percento 🙂

Mi aggancio a questo per focalizzarmi un po’ sulla figura di Direttore di Doppiaggio che io immagino come un Regista della voce, un direttore d’orchestra. Il segreto di un bravo direttore e come ti vesti tu in questo ruolo.
Nel doppiaggio, quando hai fatto la scelta delle voci, quando le hai messe al posto giusto, il lavoro è quasi fatto. Il tuo valore aggiunto in quel ruolo è quello di spiegare a ciascun doppiatore la storia, il personaggio che andranno ad interpretare, di farli entrare in quel mondo, in quel corpo, in quello sguardo e in quella battuta.

Sei severo in questa veste? I tuoi colleghi ti hanno dedicato parole straordinarie, ma voglio il tuo giudizio su te stesso.
Non sono severo, direi di no. La mia severità, se vogliamo chiamarla così, è nell’esigere quello stesso rispetto che io do agli altri, dagli attori ai fonici, agli assistenti. Sono puntuale, preciso, ma allo stesso tempo mi piace la serenità, la risata. E’ comunque il rispetto la chiave di tutto: se i tuoi attori ti rispettano, se si fidano di te, si sentono più sicuri, più coinvolti, protetti. Si sentono sicuri anche che il prodotto del loro lavoro e del tuo sarà eccellente. Un direttore, e per fortuna ce ne sono pochi, che reputo “non bravo” è quello che non ti dà le indicazioni giuste, che non si accorge dei tuoi errori…quello che ti spinge a sbagliare apposta per poter ripetere quella battura, così come andava fatta.

Le tue affinità con i tuoi compagni al leggìo e con i direttori.
Al leggìo e alla direzione non posso farti un nome solo, ce ne sono tanti.
Con Christian Iansante, anche se ci incrociamo poco, ho una grande affinità.
Ma ce l’ho anche con Riccardo Rossi, con Claudia Catani.
E poi c’è Francesco Prando che fa questo lavoro da tantissimi anni, come me.
E’ una persona deliziosa, con cui tante affinità e tanti punti in comune.
La scorsa estate, ad Alghero, in occasione del Leggio d’Oro, abbiamo entrambi ritirato un premio e abbiamo avuto modo di conoscerci un po’ di più, di “viverci”, diciamo così! E confermo che è una persona straordinaria.
Poi, negli ultimi tre 007, abbiamo lavorato insieme, io come direttore e lui come James Bond: un’esperienza davvero bella, professionalmente ed umanamente.

Quando non sono io a dirigere, ho una grande affinità con Roberto Chevalier, Alessandro Rossi, Mario Cordova: sono davvero dei leader in questa veste.
Ma farti dei nomi è anche riduttivo se vuoi. Lo spunto di questo lavoro, la base, è la collaborazione.
Quando sono al leggìo, non sono mai passivo, vivo sempre un costante rapporto di simbiosi, di scambio di idee, di collaborazione tra tutti gli anelli di questa catena, dal fonico all’assistente. Siamo una squadra e ognuno dà il proprio contributo, la propria idea, la propria proposta, i consigli, le indicazioni; è il direttore poi che decide, ma ognuno è parte integrante del progetto, dell’equipe.

Tu hai dato la tua voce e la tua anima a tantissimi grandi del cinema, da Brad Pitt a Robert Downey Junior a Will Smith a Michael J. Fox a Nicholas Cage.
Ti faccio una domanda al contrario. Spesso si chiede quale di loro ti abbia dato qualcosa in più degli altri, mentre io ti chiedo a chi hai dato tu quel qualcosa in più che ha contribuito, qui in Italia, a renderlo ancora più amato, più particolare, più piacevole?

Come dici tu, io ho la fortuna di misurarmi con grandissimi attori e spesso sono loro che mi arricchiscono, che mi lasciano qualcosa di importante. Però rispondo alla tua domanda con un caso concreto: io e Pasquale Anselmo ci “dividiamo” l’interpretazione italiana su Nicholas Cage. Ecco, a questo attore, che io trovo, a gusto personale, un po’ “piatto”, un po’ sempre simile a se stesso, sempre autore delle stesse espressioni in situazioni magari diverse tra loro, io e Pasquale abbiamo dato quel QUID in più, quella marcia, quella sfumatura che magari lui, in originale, non ha. Quando ero un ragazzino, un direttore romagnolo, Savini, mi disse semplicemente: “Il personaggio? Guardalo, è lì davanti a te, è lui. Fai quel che fa lui!”
Il senso è che noi dobbiamo mantenere, senza aggiungere nulla, quel che andiamo a tradurre nella nostra lingua: l’attore che hai davanti ha già fatto tutto. Brad Pitt è cresciuto molto in ogni suo ruolo: questo è un caso in cui accade il contrario, ovvero che io non debba appunto aggiungere niente, è straordinario.

L’interprete che in questo momento della tua vita che senti quindi più naturale, più vicino a te, è lui?
Direi di si, questo percorso di crescita che ha fatto, queste sue sfumature: mi piace molto. Anche se, come dicevamo prima, il Will Smith in versione brillante mi piace molto.

Tu che sei un maestro della voce, me la sai definire? Che cos’è la VOCE, Sandro? Io la vivo molto la voce: per me LA voce, non UNA voce, è quella che ti arriva in pancia, dritta, come un pugno, che ti smuove dentro.
Bella e difficile questa domanda! La voce spesso rispecchia la persona che la “indossa”: non in senso prettamente estetico, ma per ciò che si porta dentro. Se una persona è perbene, onesta, buona, me ne accorgo subito dalla voce. E lo stesso vale per le caratteristiche opposte. La voce non può mentire, è lo specchio di quello che sei. Qualcuno prova a camuffarla, ad impostarla: lì diventa semplicemente voce, magari una bella voce, ma vuota, priva di emozioni.

Vorrei focalizzarmi su un prodotto particolare, breve ma intenso, ovvero lo SPOT PUBBLICITARIO ed il ruolo della voce in quei velocissimi trenta secondi in cui tu diventi l’anello di congiunzione tra il prodotto e la mia decisione, l’indomani, di acquistarlo o no. Tu sei parte anche di questo genere di prodotto e quindi vorrei un’opinione “dal di dentro”.
Il doppiaggio negli spot pubblicitari è un mestiere ed un mondo a parte. Ci sono eccellenti doppiatori inadatti a quel prodotto e magari doppiatori un po’ meno brillanti che invece sono eccezionali. E’ un mondo a sé perché in quello spazio così breve puoi veramente mettere poco di te; devi generare e trasmettere un’emozione a qualcuno che sta dall’altra parte e devi farlo magari attraverso un oggetto e non una persona. Il “bucare” vocalmente lo schermo, in queste lavorazioni, è un po’ un dono che non puoi curare negli anni, ce lo devi avere dentro. Devi essere simpatico, accattivante. E’ una lavorazione che mi diverte molto. La abbino anche alle lavorazioni che io, Christian Iansante, Chiara Colizzi e poi altri facciamo per esempio per Sky. Sono piccoli interventi che devono avere però un potenziale ed un’immediatezza fortissimi.

Che cosa ammiri nelle donne e che cosa negli uomini.
Voi donne, lo dico sempre anche a mia moglie, avete una marcia in più. Noi uomini arriviamo, ma magari un attimo dopo… 🙂
Io in generale dell’essere umano, senza distinguere troppo tra uomini e donne, ammiro la spontaneità, la sincerità. Mi trovo bene con persone, e spesso sono fuori dal mio ambiente di lavoro, con le quali non c’è una competizione. Mi piacciono le persone che, con te, vanno al di là dei propri interessi. Se si è nello stesso ambiente, quindi se ci si trova a fare lo stesso lavoro, è normale, è umano che nasca una competizione, una rivalità, che può minare l’autenticità dei rapporti.
Magari ei con un collega e il giorno prima abbiamo fatto entrambi un provino: quando inizi a pensare “speriamo che sia io e non lui” si è già rotto qualcosa in quel rapporto umano, si è alzata una barriera; ma ripeto, è umano che sia così.
Per questo credo che i rapporti più autentici, disinteressati e spontanei siano fuori dall’ambiente lavorativo.

Abbiamo poi divagato sul mio percorso di studi, sulla mia carriera sempre appesa ad un filo… 🙂 Mi dice di sentirsi un privilegiato per avere un lavoro che lo gratifica. Dopo così tanti anni, si sente felice ogni mattina quando si sveglia per andare a lavorare. Io gli dico che il suo mestiere è la sua passione e quindi è questo che gli dà quella carica. Conveniamo che comunque sono gli obiettivi, gli hobbies, le passioni che ti pungolano, che ti tengono sempre sveglio, stimolato, proiettato in avanti e mai fermo o con gli occhi indietro.

E si finisce a parlare di Bellezza.
Il bello esiste, è ovunque: in una donna, in una macchina. Ma è una partenza. Il bello è quello che quel qualcosa dà a te, non è mai fine a se stesso. C’è appunto questa bellezza in senso assoluto, estetico, che ti appaga al primo sguardo. Ma c’è poi quella bellezza di sottofondo, quella che ti cattura, quella soggettiva, magari nascosta, invisibile per qualcuno, ma che andrà ad influire sui tuoi stati d’animo, sulle tue scelte, sulla tua vita.

Ce l’hai la ricetta del Buon Vivere?
Non ho una ricetta vera e propria. So che cosa dà a me un senso di buon vivere. Questo senso me lo dà l’avere una famiglia felice, due figli eccezionali, una vita normale fatta di entusiasmo. Se devo dirti un ingrediente, ti dico quello principale, che è l’entusiasmo, in tutto, dalle piccole alle grandi cose. Vedo gente che ha tanto, magari di materiale, che sembra non vivere, ma sopravvivere, senza sapere che cosa la renda felice, che alla domanda “Come stai?” ti risponde con un “mah, così”. Alla domanda Come Stai? si risponde con un Bene o con un Male: non esiste questa inconsapevolezza!

Che papà sei Sandro? Dimmelo in tre parole.
Sono capitati spesso i tuoi figli nei nostri discorsi e questo, da figlia, lo trovo emozionante.
Troppo premuroso, troppo apprensivo, ma anche presente. Cerco di non essere pressante e nonostante io sia fuori casa per lavoro praticamente tutto il giorno, la sera, a tavola, sul divano, quelle ore che trascorriamo insieme devono essere corpose. C’è un libro che in questo ultimo periodo mi ha fatto molto riflettere; è un libro scritto da una ex insegnante e si intitola “Non so niente di te”. Mi sta facendo molto riflettere, soprattutto su certe convinzioni che spesso noi genitori abbiamo sulla felicità dei nostri figli: li vediamo contenti, ma magari non è davvero così. E’ una lettura che ti spinge a valutare i problemi, a riflettere su quello che dovrebbe essere il tuo limite massimo, come genitore, oltre il quale non puoi arrivare.

Sei esattamente dove vorresti essere Sandro?
Si. Spesso magari vorrei fuggire verso mete lontane, ma si tratta di fughe brevi, per ritornare poi a casa. Certo Se le fughe fossero eterne, dovremmo fuggire dalle fughe!

Ti piace il caffè? Io le mia passioni le ho racchiuse qui, nella mia stanza del caffè. Perciò la domanda è d’obbligo 🙂
Moltissimo. E’ stata la mia compagnia negli anni faticosissimi dell’università. Io lavoravo e studiamo contemporaneamente. Allo studio mi dedicavo la sera e il sabato e la domenica. Mia madre alle nove in punto del sabato mattina mi preparava una bella Moka da nove tazze che mi accompagnava fino alla sera! Il mio rapporto con il caffè è stato quindi da sempre molto stretto, siamo stati molto vicini!

Nell’ultima domanda, Sandro, c’è un GRAZIE che racchiude tante cose. Io do molta importanza alla professionalità, al mestiere. Io non sono una giornalista di mestiere. Faccio questi ritratti perché sono la passione che mi tiene viva, che mi fa guardare avanti, che mi pungolano, come dici tu, per tenermi sempre sveglia. Non so come io sia in questo strano ruolo di “intervistatrice”, ma so quanto mi piace…basterà?
Tu, che sei un professionista, ti sei messo nelle mie mani inesperte e, nel ringraziarti, ti chiedo: perché hai accettato questa intervista? 
Prendilo come un complimento, Elisa. Di interviste i tuoi “colleghi professionisti” me ne hanno fatte tante. Ma nelle tue domande, ed quello che ci ha fatto chiacchierare per tanto tanto, non c’era banalità. E io questo lo apprezzo moltissimo.

Tutto in un sol uomo! Intervista a Paolo Modugno

08 mercoledì Apr 2015

Posted by Donna Abelarda in About YOU - Le mie interviste

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Oggi il caffè lo beviamo con Paolo Modugno!

Quante cose sei…Dicono di te: Attore, Conduttore radiofonico, Regista, Autore e Dialoghista, Direttore di doppiaggio.

Qual è il ruolo in cui stai più comodo?
Il ruolo più esaltante è quello di regista cinematografico. Come ha raccontato Truffaut in “Effetto notte”.
Poi mi piacciono tutti. Non posso lavorare senza entusiasmo e passione.

Lavorativamente, una persona che ti porti nel cuore.
Marcel Proust. Mi ha insegnato a scrivere, o, perlomeno, ho imparato da lui l’importanza dei riferimenti analogici…

La tv che ti piace guardare.
I film. Però li preferisco al cinema.
Non ne posso più dei talk show e della gente che urla.
Non amo le serie, mi fanno sentire claustrofobizzato.
Anche se quelle americane sono spesso perfette, girate e interpretate con grande maestria.

La tv ieri ed oggi. Dallo scandalo per l’ombelico di Raffaella Carrà, al reality show, passando per i salotti televisivi in cui ci portiamo qualche panno da lavare, possibilmente al 22% di share, anziché a 60 gradi in lavatrice. C’è ancora qualcosa in grado di stupirci, televisivamente parlando?
Quello che manca: la fantasia.
Raccontare la realtà interpretandola. Come in una battuta di Shultz, nei Peanuts: “Oggi sappiamo tutto di tutto, tranne quello che succede”.

Il lavoro di cui sei più fiero.
Direi tutti, meno quelli in cui ero ancora attore.

Una cosa di cui non puoi fare a meno.
La mozzarella di bufala, la vodka (un bicchierino), il gazpacho e la tartare…
No, a parte gli scherzi, si può fare a meno di tutto, tranne che dell’indifferenza. La odio..

La donna e la televisione. Oggi. Che cosa mi dici?
Un culo per vendere un abbonamento a un cellulare. E’ questa, la donna?!
E la sua enorme ricchezza?

Il tuo rapporto con la Politica.
Complesso. È stata molto presente nella mia vita.
E ha anche condizionato il mio lavoro, in positivo e in negativo.
Sono stato, ad esempio, proscritto da tutti i teatri pubblici d’Italia, nel secolo scorso… Oggi?! NON SO.

Che cos’è per te la Bellezza?
Un’emozione.

Che cos’è la Voce, che per me rappresenta l’anima, l’essenza di una persona?
L’hai detto.

Che cosa ammiri delle donne e che cosa degli uomini?
Delle donne la fantasia, l’inventiva, la capacità di analisi.
Degli uomini, non mi viene in mente. Ma forse sbaglio.

Come si vince la crisi di un Paese a cui, a mio parere, si son sgretolate non le facciate dei piani alti, ma le fondamenta?
Non c’è una domanda di riserva?

La tua ricetta del Buon Vivere.
Amare una persona, amare il proprio lavoro, mangiare bene, non guardare sempre il display del cellulare.

Il tuo pregio. E quello che invece cambieresti di te, in un attimo.
L’accettazione. La tolleranza è troppo poco.
La mia capacità di incazz…, ma non so se vorrei cambiarla…

La canzone della tua vita. La musica è una parte fondamentale, è la colonna sonora della nostra vita…
Nonostante l’autore, “Una lunga storia d’amore”…

Sei esattamente dove vorresti essere?
Sì, infatti viaggio molto. Non voglio mai chiedermi come Bruce Chatwin: “Che ci faccio qui?”

Ti piace il caffè? Il mio blog l’ho chiamato Coffee Room, in onore di questa mia passione…
5 al giorno.
Una giornata non comincia senza un caffè.


Nell’ultima domanda, c’è il mio grazie per averlo fatto, per aver accettato.

Come mai lo hai fatto, anche se io non sono una giornalista di professione, ma questi ritratti li faccio solo per passione?
Per la passione, appunto.

Posso semplicemente dire GRAZIE ad un artista vero, completo, ad una persona squisita.

Artisti si nasce e si diventa. Intervista a Marco Vivio.

31 martedì Mar 2015

Posted by Donna Abelarda in About YOU - Le mie interviste

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Oggi il caffè lo beviamo con Marco Vivio!

Un esordio da piccolissimo.
E ora un percorso pieno di soddisfazioni, di talento.
Una strada segnata si, da qualcosa che era in quel dna e che doveva uscire, farsi voce, per regalarci queste emozioni continue.

Attore e Doppiatore, due facce della stessa medaglia, un modo per darsi al pubblico, alla luce e al buio.
In quale di questi due ruoli, se uno prevale, ti senti più comodo, Marco?
Mi piacciono entrambi. In tutte e due le vesti posso spaziare, cambiare, essere caratteri diversi in un tempo e in uno spazio brevissimi. L’Attore è forse più completo perché è voce, corpo, espressione, movimento: ed è tutto tuo, sei tu. Ma anche il Doppiaggio ha un ruolo molto importante: per renderlo vivo al 100% la tua deve essere una recitazione completa. Se sei solo voce, stai facendo un lavoro a metà.

Un personaggio o interprete a cui sei legato e, se c’è, un personaggio o interprete che ti è stato “scomodo”.
Un interprete a cui sono legato è sicuramente Tobey Maguire. Sono cresciuto con lui. La prima volta che la mia voce è stata “prestata” al suo viso avevo 20 anni. E’ stato un percorso di crescita, umana e professionale. I tre capitoli di Spiderman mi hanno dato grande soddisfazione, a tutto tondo.
Il personaggio più “scomodo”, quello a cui mi sono sentito meno “attaccato”, non te lo dico! E’ capitato, mi sono riascoltato e non mi ci sono ritrovato. Ma può succedere. E poi è sempre una sfida, un divertimento, misurarsi con personaggi che non ti appartengono, che non sono affini al tuo modo di essere, o simili a quelli che interpreti abitualmente.

Lavorativamente, c’è qualcuno in particolare che porti nel cuore?
Ce ne sono tante di persone che porto nel cuore, non voglio citarne una in particolare. Sono trent’anni che sono in questo ambiente: ci sono persone che mi hanno dato tanto dal punto di vista umano e altre dal punto di vista artistico, e altre ancora in tutti e due gli aspetti. Ho avuto tanti maestri, che oltre la tecnica, mi hanno insegnato il giusto approccio a questo mestiere, il giusto rispetto, il giusto atteggiamento.

Un collega con cui hai particolare affinità al leggìo, magari perchè, vocalmente, siete un bel binomio 🙂
Devo dire che l’affinità nasce con le partners femminili, perché il rapporto uomo-donna nei film ha una particolare attenzione, è più frequente. Lavoro spesso, e mi trovo benissimo, con Domitilla D’Amico e Ilaria Latini. Vocalmente stiamo bene “vicini”, e lo sono anche, evidentemente, i personaggi che andiamo ogni volta ad interpretare.

Io, vocalmente parlando, sono una spettatrice severa. Mi appassiono ad una serie, ad un film, solo se quello che sento è in armonia con quello che vedo, se la voce è, a mio parere, ben attaccata al personaggio. Insomma, per me la voce è la prima discriminante tra Lo vedo si/no. Per te, che con la voce lavori, che il cinema e la tv li vivi da protagonista, è la stessa cosa? Ti porti il lavoro a casa? J Più cinema o più tv da spettatore?
Io questo aspetto vocale lo sento eccome, anche troppo! Per deformazione professionale, mi è inevitabile “portarmi il lavoro a casa”! Soprattutto all’inizio di una proiezione, mi concentro sulle voci e mi faccio coinvolgere meno dalla storia..sono distratto! Di televisione ne guardo poca. La sera, magari dopo una giornata intera in sala di doppiaggio, preferisco fare altro, uscire, andare a cena…quindi, poche serie tv, creano troppa “dipendenza”, troppi appuntamenti fissi a cui non potrei far fronte… Decisamente più cinema.

Che cos’è per te la VOCE? Me la sai definire, tu che con la voci ci lavori?
La voce è importante. Anche quando conosci qualcuno, la voce ha lo stesso fascino che può avere uno sguardo, un sorriso.

Ti piace la tua voce? E’ diversa, devo dirti, dal vivo, rispetto a quella in sala…non ti avrei riconosciuto, in prima battuta…e questo mi piace molto…non sei monocorda, monotòno… sei personale, personalizzato, in base ai personaggi che interpreti e, soprattutto, quando non stai interpretando, come adesso!
E’ un complimento anche per me quando la gente “non mi riconosce” vocalmente…significa che la tua voce non distrae. Non mi piacciono le voci troppo uguali a se stesse in situazioni magari molto diverse tra loro. La mia voce in sala mi piace molto. E’ strano quando magari mi ritrovo ad ascoltarla nella segreteria telefonica o quando ho registrato un messaggio vocale…Mi capita in queste occasioni di non piacermi! 🙂

I complimenti per la bellezza fisica e per quella vocale. Preferenze? 🙂
Mi fanno piacere entrambi, ma preferisco i complimenti per la bellezza vocale che non quella fisica. La bellezza vocale implica un mio lavoro, una mia riuscita e mi rende orgoglioso.

Una cosa di cui non puoi fare a meno.
Purtroppo, e te lo sottolineo, lo smartphone. Sono sempre connesso, controllo il meteo, le news, i social…mi dico: ma è possibile? 🙂
Mi dà fastidio quando vedo questo negli altri…ma poi mi accorgo che anche io sono quasi dipendente da questo oggetto. L’ho già detto purtroppo? 🙂

Una cosa che non sopporti?
L’invidia.

Una tua grande passione, il calcio. Sei anche un calciatore nella squadra ItalianAttori. Ma questo calcio, ci piace davvero, ora, così com’è? E’ facile chiederlo a chi di calcio non ne mastica e non lo segue. Perciò lo chiedo a te, che so amare questo sport, da spettatore e da protagonista.
Il calcio oggi è nevrotico, è un business, è pieno di interessi dietro, attorno. E’ simulazione, è ingannare tutti, dall’arbitro ai tuoi compagni, agli avversari. E’ sgomitare senza farsi vedere, cercando e sperando di non farsi vedere. E’ scorretto. Lo seguo, certo, ma con un po’ di amarezza. Già da piccoli vedo che si è educati male a questo sport; si perde la sana competizione, il senso vero dello sport, dello stare insieme, di lottare onestamente. I genitori stessi incitano i figli alle scorrettezze, si fiondano dal mister se il figlio non è in campo, insultano l’arbitro. Si sta un po’ perdendo il senso sportivo nel calcio. Vorrei vedere il calcio con lo stesso spirito del Rugby, uno sport molto fisico, di contatto, ma sano, sportivo, leale, corretto, rispettoso.

Che cosa ammiri nelle donne e che cosa negli uomini.
Nelle donne la femminilità, la semplicità, l’essere donna. Negli uomini la correttezza, la spontaneità.


Che cos’è per te la Bellezza?

E’ qualcosa di soggettivo, è nei dettagli: nel viso, negli occhi. Ognuno ha i suoi parametri di bellezza.

E la gelosia?
La gelosia ci deve essere, un pizzico, senza mai diventare eccessiva, malata. La base di qualsiasi rapporto è la fiducia; quindi la gelosia ci sta, ma a piccole dosi.

La Politica.
La seguo molto poco. E’ sorretta da interessi, praticata da figurine.

La ricetta del Buon Vivere, ce l’hai?
Essere sereni, credo. Fare tesoro di tutte le esperienze, anche di quelle negative: cercare di prenderne il lato migliore, per crescere. Tutto è un bagaglio nella vita, nel bene e nel male.

Sei dove vorresti essere Marco?
Si. Anche se ogni tanto, come tutti, immagino altro. Ma sono felice di dove sono, di cosa faccio.

Siamo nella mia Coffee Room, la mia Stanza del Caffè a cui ho dato questo nome per la mia grande passione. E quindi, la domanda è d’obbligo: ti piace il caffè? 🙂
Si. Da un po’ di tempo, amaro.

Nell’ultima domanda c’è tutto il mio ringraziamento, il mio piacere, il mio onore ad averti avuto qui, nonostante io non faccia ritratti di professione. Perché hai accettato di metterti nelle mie mani?
Perché ti sei posta in modo giusto, gentile, carino, non invadente. E mi hai incuriosito.

Che cosa posso dire, che è stato un piacere. Perché dietro la voce non c’è un suono, ma l’anima di chi lo emette. Ed è bello poter conoscere il lato Personale di chi presta voce e anima ad altri. Grazie davvero Marco.

What women want. Intervista con Jessica Loddo

23 lunedì Feb 2015

Posted by Donna Abelarda in About YOU - Le mie interviste

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Oggi il caffè lo beviamo con Jessica Loddo!

Sono già felice perché mi dice che il fatto di essere in una Coffee Room le piace…e partiamo non bene…benissimo!
Mi preparo delle domande “tecniche”, prima di sfociare in quelle personali ed umane. E straccio il foglio dopo trentasette secondi di conversazione.
Qui è tutto umano. Anche il lavoro. Soprattutto il lavoro.

Jessica, benvenuta!
Attrice, doppiatrice, dialoghista e direttrice di doppiaggio. In quale ruolo stai più comoda e come ti vesti.
Sicuramente in quello di Direttrice.
E’ un ruolo ancora più in ombra di quello del leggìo della sala, ma mi dà grande soddisfazioni. E’ un ruolo in cui ti dai molto e dai molto, agli attori, al progetto, al pubblico.
Il direttore coordina, mette le basi per il progetto italiano, sceglie le voci. E’ molto generoso e io mi sento così: generosa. La preparazione, l’esperienza, la professionalità, ti permettono di far si che venga fuori il meglio di ciascun attore.
Sono una che gioca d’azzardo in questo lavoro, rischio, scommetto molto sulle persone. Sono e voglio essere una talent scout, mi piace dare delle opportunità a chi credo che abbia un gran potenziale, una gran bravura, un gran talento.
Io metto al centro le CAPACITA’ umane e professionali di ciascuno: questa è la base da cui partire. La parola SHARE, che qui usiamo poco, è la mia motrice, è la base del successo: la Condivisione. Mi piace anche mescolare i ruoli, cambiare certe convenzioni, certe abitudini, anche vocali. Ho aperto dei filoni in questo, perché mi piace sempre far emergere (IL LATO POSITIVO) dalla persone.
Se conosci bene l’attore, se conosci il suo potenziale, puoi davvero giocare e stravolgere tutto.
Faccio in questo lavoro quello di cui ha bisogno questo paese: cerco (nel mio piccolo) di cambiare le cose.

Un progetto che consideri un tuo grande successo, tuo, non in generale un successo di pubblico.
Un film a cui sono molto legata è The Whistleblower, basato sulla storia vera di una donna che ha portato alla luce le violenze e il traffico di minorenni in Bosnia durante la missione di pace dell’ONU.
Dopo la proiezione di questo film il Segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon ha aperto un dibattito sullo sfruttamento e l’abuso sessuale in situazioni di conflitto e post-conflitto.
Sono legata a questa pellicola prima di tutto come donna perché un film molto forte, che ti scuote profondamente.
Dal punto di vista professionale è stato un onore per me poter lavorare su questo film e avere così la possibilità di dare il mio piccolo contributo ad una causa, quella contro la violenza sulle donne, a cui sono molto legata in prima persona.

Ho fondato lo scorso anno un’associazione chiamata “4 Women” che ha lo scopo di combattere la violenza sulle donne.
Mi trovate anche alla pagina Facebook STOP VIOLENCE AGAINST WOMEN ALL OVER THE WORLD.
Non mi piace intraprendere dei progetti (fini a se stessi) senza scopo: in tutto quello che faccio, cerco e voglio un significato, da assimilare e da trasmettere.
E allora voglio approfondire questo tema della donna, della violenza, dell’incapacità, dell’impossibilità e della volontà, spesso, di ribellarsi ad essa. Noi donne siamo molto lontane dal concetto di (parità) nel mondo ma anche nel nostro paese, senza andar troppo lontano.
E’ un problema di cultura, di ignoranza, anzi. Pensa che il solo fatto che un uomo possa non essere geloso può essere interpretato ancora oggi come una mancanza di amore. Ci troviamo così ad elevare la gelosia a virtù. La stessa gelosia esasperata e morbosa che è poi alla base di tanti gesti di violenza, fisica e psicologica, nonché verbale. Non dimentichiamoci che fino al 1981 esisteva nel codice penale il ‘delitto d’onore’… E non aggiungo altro.
Io mi batto per dei Programmi a Livello Nazionale, per far arrivare l’Educazione nelle scuole, dall’asilo. Bisogna insegnare che cos’è la violenza, dal gioco alla apparente innocua presa in giro. E’ da piccoli che vengono immagazzinati i concetti, i comportamenti.
Anche gli apprezzamenti fuori luogo, volgari, offensivi, sono in questo paese una goliardata, un qualcosa su cui scherzare (in politica abbiamo avuto clamorosi esempi di questo). Noi non abbiamo misura. Guardiamo le donne in politica o, in generale, nel lavoro: per essere credibili, le donne al “potere” devono essere dei mostri, perché non siamo pronti al binomio bellezza e cultura. Di contro, abbiamo degli esempi estremi dall’altra parte di donne avvenenti, in maniera anche esagerata, totalmente incompetenti e inadatte a quei ruoli di potere che occupano. Le donne, a parità dell’uomo, sono pagate meno, devono faticare il doppio per dimostrarsi.
Siamo davvero, davvero tanto indietro.
E’ dalla cultura, e dall’ignoranza, che dobbiamo partire, su cui dobbiamo lavorare.


Per motivi professionali, America e Italia ti riguardano da vicino. Che cosa porteresti qui dall’America e che cosa non porteresti mai?

Devo partire dal mondo del lavoro, del mio, per darti questa risposta.
Ma credo che da qui, si possa poi estendere il concetto.
Porterei la libertà, la possibilità che ognuno ha in America, e parlo soprattutto dei giovani che hanno talento, di farsi vedere, di farsi ascoltare.
In America, tutti hanno una possibilità. Qui, al contrario, è tutto molto complicato.
Non porterei invece, sempre per quanto riguarda questo lavoro, l’eccessiva competitività, la spersonalizzazione, la poca “umanità” nel mondo del cinema.

E invece, dell’Italia, che cosa porteresti in America, e che cosa non porteresti mai?
Porterei la nostra creatività, la nostra arte, in senso pieno.
Non porterei mai la mafia, in senso ampio: siamo un paese che vive nel ricatto, nella corruzione, nella raccomandazione. Siamo paralizzati, senza possibilità di crescere. La mafia, in questo senso, è nel nostro dna. Il nostro lavoro, fortunatamente, è un settore altamente specializzato, in cui è difficile mentire: o sei capace, o non lo sei. La raccomandazione è più difficile.

Il complimento più bello che ti hanno fatto.
Me ne hanno fatti e me ne fanno di complimenti. E mi fanno sempre piacere, mi gratificano.
Quello che ti dico non è un complimento racchiuso in una frase: mi colpisce quando qualcuno capisce la mia natura, quando vedo apprezzata la mia onestà intellettuale.


Che cos’è per te la VOCE, Jessica…tu che ci lavori con questo fantastico e potente “strumento”!
La voce è lo specchio dell’anima.
Dalla voce capisco tanto di una persona, è un vantaggio del mio lavoro, capisco tutte le sfumature che vanno al di là del significato delle parole. La voce è come lo sguardo: rivela tantissimo ad un orecchio attento.
In realtà le persone rivelano quasi tutto con la voce.
Bisogna saper ascoltare.

Che cos’è per te la Bellezza.
Non è qualcosa di prettamente fisico. Le bellezza è negli occhi di chi guarda. La bellezza salverà il mondo! E’ una meraviglia, è in tante cose. Permette all’anima di respirare, di nutrirsi.

Che cosa ammiri nelle donne e che cosa negli uomini?
Ci sono delle qualità che ricerchi nella distinzione di sesso, o mi vuoi rispondere in maniera generale? Io ammiro l’Intelligenza come qualità del genere umano. È la base, per me.
Nelle donne ammiro la pazienza, la temperanza, la capacità di mediare, di essere portatrici di pace.
Negli uomini, la lealtà ed il coraggio.

Il tuo rapporto, visto che ne abbiamo parlato tanto, con le donne, anche nel mondo del lavoro, nella tua realtà che spesso ti pone comunque a ruolo di “leader”, se vogliamo definirlo così.
Come ti dicevo prima, io ammiro l’intelligenza nelle persone. E quindi, di conseguenza, lavoro bene e vivo bene con persone intelligenti, in senso ampio.
Nel mio ambiente, ho la fortuna di relazionarmi  con donne molto preparate, disponibili, intelligenti appunto, e siamo molto complici. Abbiamo tutti in comune il desiderio e l’obiettivo di fare un Buon Lavoro. Partendo dalla voce e dalla nostra lingua, vogliamo dare al pubblico la possibilità di godere appieno di grandi capolavori che, senza il nostro lavoro, magari non sarebbero arrivati qui, o semplicemente non sarebbero stati capiti.

Che mamma sei, Jessica?
Sono una mamma di tre figli, nati tutti lo stesso giorno! Un ragazzo di 28 anni che vive all’estero, e due femmine, di 17 e 14 anni.
Non sono una mamma-amica, sono una mamma: sono complice ma ho delle regole.
E la prima di queste di queste regole riguarda me: lasciarli liberi, liberi di crescere, di realizzarsi, di scoprirsi, di viaggiare: siamo tutti delle persone, prima di tutto. io per loro, anche se sono magari lontani, ci sono sempre, sono e voglio essere il loro punto di riferimento. Cerco di dar loro tutti gli strumenti possibili per farli crescere in armonia senza mai giudicarli nel bene e nel male.

Di che cosa non puoi fare a meno?
Del telefonino, se penso a qualcosa di materiale.
Della musica!
Dell’amore, se penso a quello di cui davvero non posso fare a meno per vivere.
I rapporti umani, l’amicizia.

Sei esattamente dove vorresti essere?
Si. Sono felice. Qui ed ora.

Ti piace il caffè? Siamo nella mia stanza del caffè…la domanda è d’obbligo!
Tantissimo!
Caffè nero, normale, con un cucchiaino di zucchero di canna.
E lo bevo tanto, spesso.

Nell’ultima domanda, Jessica, c’è tutto il mio GRAZIE. Perché hai accettato questa intervista?
Per due motivi.
Quello formale, perché ti sei posta gentilmente nella forma, hai avuto una scrittura educata. E questo mi piace, è fondamentale.
Quello sostanziale, perché la tua richiesta è stata una dimostrazione di stima di cui mi sono sentita onorata. Sono io che ringrazio te per avermi dato la possibilità di esprimere un po’ di me.

Che cosa posso dire, che l’istinto, la pancia, non mentono mai. E io sono fiera di averti avuto nella mia Coffee Room.
Perché sei una donna “spessa”, centrata, combattiva e coraggiosa, nella vita e nel lavoro.
Sei una mamma, sei realizzata e ti batti per qualcuno che è rimasto indietro.
Che cosa posso dire di più, se non che sei una persona davvero splendida!

 

 

 

 

The Big Bang Man…Intervista a Gabriele Lopez

19 giovedì Feb 2015

Posted by Donna Abelarda in About YOU - Le mie interviste

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Oggi il caffè lo beviamo con Gabriele Lopez!

Attore, doppiatore, Cantautore, Polistrumentista, Direttore di Doppiaggio. E se poi, proprio volete, questo cognome che potrebbe suonare familiare.. 🙂
E’ l’uomo del momento…il mitico Leonard Hofstadter di The Big Bang Theory…ora, finalmente, ha un volto anche lui!

Gabriele, benvenuto!

Tu davvero hai origini artistiche, sia nel tuo dna, sia come formazione personale: sin da piccolo una naturale predisposizione per la musica, per il canto, e anche alla recitazione, sfaccettata tra palcoscenico e sala di doppiaggio. Tra tutti questi ruoli, che sono poi uno la sfaccettatura dell’altro, qual è quello che ti sta più comodo?
La mia è una formazione eterogenea, dal teatro alla musica appunto. Ho avuto una forte scuola in casa per quanto riguarda la recitazione e la voce. Ma il mestiere di doppiatore l’ho intrapreso intorno ai vent’anni, ai tempi dell’università, affiancandolo e sfruttando un po’ tutto ciò che avevo imparato dal teatro, da cui provenivo. Io nasco come cantautore, è la musica che sento forte nelle vene! Ho pubblicato ad oggi due dischi con una casa discografica piccola, di nicchia. Ora ho un progetto più importante per il terzo album e spero che si concretizzi perché questo è il mondo per cui ho studiato fin da piccolo, per cui mi sono impegnato, a cui mi sono dedicato.

Il tuo ruolo di Direttore di Doppiaggio…come sei in questa veste, dall’altra parte del leggìo? 🙂
In questo ruolo non ho all’attivo molte produzioni. Ho fatto più come direttore musicale per cartoni animati: qui, sfrutto appieno il mio lato musicale, il mio percorso. In questa veste posso lavorare con la voce recitata e cantata, quindi è un ruolo completo. Dal punto di vista “umano”, sono sempre lo stesso, non cambio atteggiamento da una parte all’altra del leggìo! L’armonia e l’atmosfera scherzosa sono fondamentali. Non ho mai amato l’ansia, chi cerca di metterti in soggezione: non credo che un direttore possa ottenere il massimo in un clima non disteso. Quindi, ciò che mi stimola molto quando sono attore, ovvero la collaborazione e la serenità, cerco di crearlo quando sono io a dover coordinare poi gli altri.

Mi ha molto incuriosito il tema della tua tesi di laurea, ovvero “La funzione del suono in The Elephant Man, di David Lynch”. Me ne parli un po’?
Grazie! Questa domanda mi fa molto piacere perché non mi capita spesso di parlarne. La laurea, la mia formazione, il mio percorso, mi rendono fiero. Credo molto nella preparazione, nell’importanza della cultura.
Nella mia Tesi ho sviluppato il tema del suono in varie forme. E’ stato un viaggio nel cinema attraverso il filo conduttore del suono: musica, rumore, voce, quindi doppiaggio. Ho affrontato la dimensione diegetica, ovvero il suono che crea sinergia con l’immagine, che crea altri mondi. In David Lynch questa è una caratteristica molto forte: la musica è narrativa, fa saltare l’immaginazione, a volte crea sensazioni totalmente diverse da quelle che invece propone la scelta della immagini.
Quindi accade anche che suono e immagini sembrino andare in direzioni opposte, oltre che in armonia. Nella pellicola The Elephant Man ho lavorato molto sull’analisi della colonna sonora, ad opera di John Morris. Sono partito da qui per confrontarla con quella, sempre del medesimo autore, di Frankenstein Junior. Capolavori girati utilizzando lo stesso set, con grandi parallelismi, anche se diametralmente opposti per genere, cast, tematiche. Passiamo dal dramma totale alla parodia. Ma con straordinarie similitudini nelle musiche appunto. E’ stato interessante focalizzarsi su alcune scene in particolare, analizzando le musiche di sottofondo, i veri e propri “rumori”, parti integranti della narrazione, per culminare poi in straordinarie evoluzioni compositive. Ho intervistato anche il doppiatore del protagonista, Manlio De Angelis, che interpretava questo straordinario John Hurt, con questa voce quasi “strozzata”. Un lavoro complesso, ma incline alle mie passioni, al mio percorso, alle mie attitudini: la musica, la recitazione, la voce.

Il tuo cognome è un cognome importante. E’ pesante da portare?
Guarda, non mi hai mai né spalancato né chiuso drasticamente le porte, devo dirlo. Ma è capitato spesso che sia stato “complicato” per i pregiudizi che la gente ha nei suoi confronti. Ogni mio percorso nell’ambiente dello spettacolo, si è inevitabilmente portato dietro il marchio Lopez. Sono stato il figlio di, il nipote di. Non mi hanno ostacolato nel senso stretto della parola, ma sicuramente lo hanno sopravvalutato questo cognome, credendo che io non avessi bisogno di quelle audizioni, di quei provini, di quelle opportunità. C’è questa credenza che, siccome la mia famiglia è quella famiglia lì, io abbia tutto come dovuto. Ed invece ti posso assicurare che ciò che ho fatto non mi è stato regalato: me lo sono guadagnato, dimostrando sempre di meritare tutto quello che avevo. Al di là dei nomi e dei cognomi, la vita è fatta di incontri, di momenti, di attimi di fortuna, di occasioni. Se tuo padre o tuo zio appartengono al mondo dello spettacolo e a te questo mondo piace…che male c’è? Non è una colpa! Io sono indipendente dal mio cognome. Non voglio averne paura! Anzi, ti dirò di più…anziché nasconderlo, il produttore del mio terzo disco mi ha fatto togliere il nome! Io sin da ragazzo sono stato semplicemente Lopez: e Lopez sia! 🙂

Gabriele, tu hai alle spalle una continua preparazione, accompagnata alla tua attitudine, al tuo talento. Dimmi che cosa ne pensi tu dei TALENT SHOW di impronta MUSICALE.
Io non li demonizzo…ti dirò che alcuni li guardo anche!
Quello che penso è che il Talent sia un contenitore televisivo che porti fuori dei personaggi televisivi, determinate voci e determinati interpreti. Non vedo un grande spazio lasciato, per esempio, ai cantautori. Dietro questi che sono a tutti gli effetti dei PROGRAMMI TELEVISIVI, ci sono case discografiche che investono su di te tanti soldi, che cavalcano un po’ quell’onda di pubblicità gratuita offerta nel corso delle puntate, e che si aspettano poi di guadagnare altrettanti soldi, a fronte di quegli investimenti. Ci sono tanti interessi, tanti fattori. Il percorso del talent, forse, è un percorso che lascia poco spazio a te, ai tuoi pezzi, alle tue inclinazioni; credo che ci si debba, una volta usciti, uniformare a quel mondo, a quelle esigenze di tipo commerciale e non personale. Se queste produzioni non puntano su di te, sei abbastanza fuori dai giochi. Io stesso ho provato a fare qualche casting, ma mi sono tirato indietro, per così dire, perché non appartengo a certe logiche, a quei mondi. Preferisco fare più fatica, lavorare con produzioni più piccole, di nicchia, ma coltivare il mio stile, la mia musica, la mia personalità. La musica è questo, ti deve rappresentare, dalle parole al suono.

Il tuo più grande successo ti auguro che sia quello che deve ancora arrivare. Ma un successo, un traguardo che senti di aver raggiunto?
Non è un traguardo in particolare. Il mio successo è di essere riuscito a fare quello che mi piace: è un grandissimo privilegio, soprattutto oggi. La mia vita è movimentata, mi si addice, mi piace. E quindi ne sono felice.

E la ricetta del successo,  non il successo della vetta delle classifiche, ovviamente…ma la ricetta del  successo personale, che ti rende fiero di te, qual è?
Avere degli interessi, coltivare le proprie passioni, le proprie attitudini. Non abbattersi mai di fronte alle porte, spesso numerose, che ti si chiudono in faccia. Bisogna credere in se stessi, prima che possano crederci gli altri. E bisogna prepararsi, studiare: ecco questo è l’ingrediente fondamentale, la PREPARAZIONE. Il talento e la predisposizione non bastano. Anche il genio si prepara. Lo studio dà al talento la piega professionale.

Il più bel complimento che ti hanno fatto.
Quando mi dicono che la mia voce emoziona, nel canto come nel doppiaggio, nella recitazione. Questo è l’obiettivo: emozionare. Quindi, mi fa davvero piacere quando questo mio emozionare arriva alle orecchie e al cuore di chi mi ascolta.

Che cos’è per te la Bellezza.
Mamma mia, sono domande marzulliane per essere mattina presto! 🙂 La bellezza è ovunque tu sia in grado di riconoscerla.
E’ in ogni cosa, è sotto quella luce, sotto quello sguardo in quel preciso momento. Siamo noi, nella nostra interiorità. E’ racchiusa benissimo in quella scena, nel monologo della busta di plastica di American Beauty: “Era una di quelle giornate in cui tra un minuto nevica. E c’è elettricità nell’aria. Puoi quasi sentirla… mi segui? E questa busta era lì; danzava, con me. Come una bambina che mi supplicasse di giocare. Per quindici minuti. È stato il giorno in cui ho capito che c’era tutta un’intera vita, dietro a ogni cosa. E un’incredibile forza benevola che voleva sapessi che non c’era motivo di avere paura. Mai. Vederla sul video è povera cosa, lo so; ma mi aiuta a ricordare. Ho bisogno di ricordare. A volte c’è così tanta bellezza nel mondo, che non riesco ad accettarla… Il mio cuore sta per franare.”

Che cosa ammiri nelle donne e che cosa negli uomini? E non dirmi che è troppo presto!!! 🙂
 Nelle donne, la bellezza, ne sono più attente. E poi la loro straordinaria flessibilità e capacità di adattarsi a qualsiasi situazione. Negli uomini, quando c’è, la testardaggine, la caparbietà, l’essere razionali quando la donna sta “perdendo le staffe” 🙂

Sei esattamente dove corresti essere?
Si. Sono centrato. Sto dove sto. E ne sono contento. Mi piace questa mia vita piena e serena allo stesso tempo.

La ricetta del Buon Vivere, ce l’hai?
La devo chiedere allo chef Cannavacciuolo!!! 🙂

Ti piace il caffè? Siamo in una Coffee Room, la domanda è d’obbligo! 🙂
Moltissimo. Quello della Moka: lo trovo autentico, l’originale.

Nell’ultima domanda c’è il ringraziamento per averlo fatto, per esserti affidato alle mie mani inesperte di “intervistatrice”. Perchè lo hai fatto, perché hai accettato questa intervista? 🙂
Perché in generale mi piacciono le situazioni in cui esiste uno scambio, in cui ci si confronta. Mi piace chiacchierare e sono poche le occasioni in cui si può parlare anche di se stessi. E questo è molto bello.

Io ti ringrazio, Gabriele. Una chiacchierata semplice e allo stesso tempo piena di sfumature e di grandi spunti. A prescindere dal cognome, che è solo un insieme di lettere.
Ti auguro un percorso pieno di successi, conquistati un po’ alla volta, in modo da non perdere mai quell’autenticità e bellezza della fatica nel raggiungerli.

 

Il suo eterno sorriso. Intervista a MONICA SCATTINI

04 mercoledì Feb 2015

Posted by Donna Abelarda in About YOU - Le mie interviste

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Oggi il caffè lo beviamo con la meravigliosa “toscanaccia romana” Monica Scattini!

Monica Scattini, attrice e doppiatrice, con un grande regista alle spalle, Luigi, suo papà.
Famosissima in territorio italiano, tra le mani un Nastro D’Argento e un David di Donatello, tra i tanti riconoscimenti.
Ma anche impegnata in grandi produzioni internazionali.
Una passione, quella per la recitazione, nata sui set cinematografici in cui era impegnato suo papà.

La mamma e la nonna di origini toscane: da qui, immagino, la sua facilità nel passare da accenti romani ad accenti toscani…e, sempre da qui, nasce forse un ruolo che ti abbiamo visto spesso interpretare, ovvero lo stereotipo della toscana benestante.
Questo ruolo ti ha divertito, ti calza comodo?
La Toscana la sento molto mia, mia mamma e i suoi genitori sono toscani. Da bambina sono stata molto con i nonni, perché papà era spesso in viaggio tra un set e l’altro e mamma lo seguiva.
Quindi la Toscana la sento mia anche se di fatto non ci sono nata e non ci ho vissuto stabilmente. Quando in auto passo il confine tra Toscana e Lazio lo sento un po’ questo I belong to Toscana 🙂
Questo stereotipo della Toscana un po’ “stronzetta” mi diverte molto! È nato con i Vanzina questo ruolo, da Selvaggi a Un Ciclone in Famiglia.
Mi viene bene, naturale e non lo sento scomodo.

Lavorativamente, una persona che porti nel cuore?
Ce ne sono tanti, ho avuto la fortuna di lavorare con dei registi grandissimi, che hanno fatto scuola, come Scola, Risi.
Ma se vuoi un nome, ti dico che nel mio cuore porto Monicelli. Se ne è andato in un modo suo, coraggioso, particolare. Parenti Serpenti è un film che ho adorato.

Parliamo della tv e del cinema di oggi, con un focus sulla donna, nei ruoli da interpretare e soprattutto nelle “attrici” che vanno ad interpretarli.
Ti piace la donna in tv e al cinema, oggi, in queste due vesti, di interprete e personaggi interpretati? I ruoli delle donne non stanno un po’ cambiando? Non abbiamo degli stereotipi un po’ troppo a basso profilo?
E poi, soprattutto, le interpreti, sono sempre più spesso, davanti alla macchina da presa o dietro, persone improvvisate, poco preparate, catapultate in questo mondo…sei d’accordo? E se si, perché accade questo? Si sta abbassando la qualità, il budget…?
Il ruolo di questa donna che ci propongono non mi piace.
Non siamo tutte così, anche se farebbe comodo forse. Nel cinema è un po’ comune che l’uomo sia il protagonista, forte e vincente, con la donna che gli fa da spalla, in seconda linea.
Non vengono scritti molti ruoli belli per le donne, specialmente ora. Pensiamo invece agli anni Settanta, Monica Vitti, Mariangela Melato: i loro ruoli erano costruiti su di loro, ed erano fantastici, eterni.
Noi donne abbiamo un molto più ricco rispetto a quello maschile: abbiamo molto da dare, siamo curiose, attente, cerchiamo di cambiare quando qualcosa non va…e, paradossalmente, non ce lo lasciano dire o fare quello che abbiamo da dire e da fare.
E’ un peccato.

Ho letto, e confermamelo se è così, che vivi a Trastevere (amo questo piccolo mondo: qui, secondo me, c’è tutta una romanità autentica e poco contaminata da turismo selvaggio e lustrini) e che qui ti senti una persona e non numero. Sei vittima della tua popolarità a volte?
Quando si è un personaggio pubblico, si è schiavi di un trucco e parrucco che magari, se non fossi famosa, lasceresti a casa quando vai a portare il cane o a buttare la spazzatura o a fare la spesa?

Mia madre me lo dice sempre: Sistemati prima di uscire! 🙂
Non sono assolutamente vittima di questo, ho la libertà di essere me stessa, cosa imprescindibile per un essere umano. Io vivo qui, questo è il mio villaggio, ci conosciamo tutti…forse troppo… 🙂
Non mi piace lo sciattume in generale, chi non si cura, chi non si vuole bene. Quindi cerco sempre di essere in ordine, ma lo faccio per me, prima di tutto. L’immaginario, il pubblico, ti vogliono vedere “bene”, come si aspettano di vederti: curata, in ordine…e quindi ho anche rispetto per loro, senza però mai esserne schiava.

Tu hai sulle spalle e nel cuore una passione per la recitazione completa, sei cresciuta a pane e set. Poi sei andata a New York per STUDIARE le basi dalle quali partire per il TUO percorso artistico. Sei stata ripagata dei tuoi sforzi? Senti che ti è mancato qualcosa in termini di assegnazione di ruoli, di riconoscimenti…?
Se mi chiedi se sento di meritare di più ti rispondo SI. Non sono stata valutata in tutto quello che potrei e vorrei fare. Sono contenta del mio percorso, passato e presente, ma vorrei fare di più. So che ne ho le capacità, la passione. Lo devo anche ai miei sforzi e al mio impegno che ho dedicato a questa passione per il mio mestiere.

Una curiosità che ho sempre avuto nei confronti di chi fa il tuo mestiere. L’attore ha nella sua natura la finzione: quando ci si cala in questo mestiere per anni…ci si abitua alla finzione? Oppure si è affinata talmente tanto la tecnica che poi la si applica anche nella vita? Ti porti “il lavoro a casa”? 🙂
Nella vita non fingo.
Non mi piacciono le bugie, riesco solo ad essere me stessa, vera. Nella recitazione mi diverto ad essere qualcun altro.
Ho scelto proprio questo mestiere perché vivere solo la mia vita sarebbe stato…noioso! Entrare ogni volta in personaggi diversi è lo scopo della recitazione, il vero divertimento.

Ruoli molto comici, frizzanti in tv; ruoli intenti e drammatici a teatro. Sei davvero una professionista a tutto tondo. C’è per esempio, in tv o al cinema, un ruolo per cui non sei stata scritturata che ti ha fatto esclamare: “Cavolo, quel ruolo era fatto per me!”?
A me è successo guardando la protagonista sgallettata e perfida nello spot della Nespresso con Clooney…quando l’ho vista esclamare “George Clooney is inside!”, scatenando il putiferio, ho pensato: “Cavolo, capelli biondi a parte, quel ruolo mi sarebbe stato benissimo!!!” 🙂
Blanche in Un tram che si chiama desiderio che debuttò con Marlon Brando nel ruolo del protagonista. E’ un ruolo che mi affascina e che ho sempre voluto fare…quindi preparatevi perché prima o poi, in teatro, lo farò!
E poi Gloria, per interpretare finalmente un ruolo in un film d’azione, che ancora mi manca.

Meglio davanti o dietro la macchina da presa?
Ho fatto entrambi. Mio papà, sapendo quanto è duro il mestiere di attore e di regista, mi ha sempre fatto lavorare in mille ruolo: assistente, costumista…ho fatto di tutto in un set! Ma alla fine, ho scelto la strada più difficile lo stesso.. 🙂
Il ruolo di regista l’ho sperimentato da poco nel mio primo cortometraggio: mi ha divertita tanto, hai la situazione nelle tue mani e sei tu che decidi cosa fare, come farlo…non male, no? 🙂
Quindi tutti e due i ruoli mi piacciono e mi divertono, ognuno con le sue caratteristiche e difficoltà.

Che cos’è per te la Bellezza?
E’ ciò che esprimi. Se stai bene con te stesso, ti senti bello, e lo sei. E’ un qualcosa di personale. Non mi piacciono i canoni, preferisco concetti più elastici di Bellezza. Bellezza è star bene dentro ed è qualcosa, quindi, di molto soggettivo.

Mi dici la ricetta del Buon Vivere per Monica?
Ci sto pensando a questa ricetta…forse è non prendersela troppo. Non vale la pena affannarsi in tutto. siamo così poco in questo mondo, che dovremmo avere come obiettivo quello di stare bene, di cercare di stare bene, di godere di tutto.
Bisogna prendere il bene dal sole, dal mare, dalle risate, da un pranzo fuori, da un bel film.
Che cosa ammiri nelle donne e che cosa negli uomini?
In entrambi, il coraggio. Chi è coraggioso, chi osa, chi non si ferma davanti alle difficoltà, è un vincente.

Sei esattamente dove vorresti essere?
SI. Ci sono, sono a casa mia, nel posto che più mi rispecchia.
Come tutti, ho delle ambizioni, ma sono felice di dove sono.

Che cos’è per te la Gelosia, un sentimento umano che io ritrovo particolarmente nelle donne.
La gelosia è un eccesso di possesso. Non vuoi che qualcuno si avvicini all’oggetto del tuo desiderio. Lo sono stata, ma ora credo non mi appartenga più questo sentimento. E’ qualcosa che ti fa del male, che non mi piace.

Di che cosa non puoi fare a meno?
Una volta ti avrei detto delle sigarette, ma non fumo più… 🙂
Ciò di cui non posso fare a meno è l’amicizia. È fondamentale, è un sentimento più profondo dell’amore, più duraturo, senza giudizi. Gli amici ti danno tutto, ti ridanno la vita: sono più di tutto.

Il mio blog si chiama Coffee Room per la mia primordiale passione per il caffè…quindi la domanda è d’obbligo: ti piace il caffè? 🙂
Si, decaffeinato.
All’americana, nel tazzone grande.
Non mi piace l’espresso, nemmeno al bar.

Perché hai accettato questa intervista? In questa domanda c’è tutto il mio ringraziamento per averlo fatto. 🙂
Perché quando me lo hai chiesto ero in campagna, in Toscana, stavo lavorando lì…non lo so, si vede che era un bel momento. Sono comunque in generale una persona disponibile che non dice mai no a priori. Forse mi ha convinto il modo in cui me lo hai chiesto….non lo so perché ho accettato!
Grazie Monica, grazie in anticipo e complimenti davvero perché rappresenti, dal mio modesto punto di vista, un grande modello di Donna vera. una donna che ha due qualità fondamentali: la passione l’ironia. E questo ti rende piena, bella, luminosa.
E ti auguro un cammino lunghissimo di progetti, di idee, di ruoli, di luoghi…tutto quello che non hai fatto, credo sia lì che ti aspetta.

Ho scritto e realizzato questo ritratto non più di un mesetto fa.
Ci eravamo accordate ad agosto, poi un brutto periodo.
Monica è stata, con la sua fermezza e con la sua dolcezza, una donna che mi ha fatto commuovere.
E pensare di pubblicare questa intervista ora, che scopro che se ne è andata, mi fa gocciolare gli occhi.
Monica, SEI una donna straordinaria.

A “bad boy”. Intervista a Christian Iansante

20 martedì Gen 2015

Posted by Donna Abelarda in About YOU - Le mie interviste

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Oggi il caffè lo beviamo con Christian Iansante!

Mi premette che lui appartiene a quella categoria dei “cattivi ragazzi”, e direi che possiamo cominciare. 🙂

Quindi, fatte le dovute premesse, inizia una chiacchierata intensa, piena, coinvolgente. Una grande opportunità per me che mi arricchisco ogni giorno, che mi nutro di cultura, di cose belle, di belle persone.
Un bellissimo dannato, qui per voi.

Mi dice subito: Io, come ti ho premesso, appartengo alla categoria dei “cattivi”.
Spesso alcuni miei colleghi si raccontano, ai microfoni, in maniera diversa da come sono, esprimendo a voce un pensiero non in linea con quello che hanno in testa. Io posso sembrare “stronzo”, ma ciò che mi contraddistingue è l’essere sincero, non mi vesto di ipocrisia. Spesso, soprattutto in questo paese, edulcoriamo il linguaggio, ci censuriamo, ci “puliamo”, quando poi alle 8 di sera, trovi solo donne e calcio, il binomio che, in termini di ascolti e non solo, paga e vende di più. Siamo un paese fondato su donne e calcio. La passione e la dipendenza, a volte, per il calcio la confessiamo, la giustifichiamo; quella per le donne no, non si può. Ecco, io generalmente, dico quello che penso, a costo di sembrare “stronzo”. E’ qui che capisco quella che era la sua accezione di “stronzo”…beh, senza questa accezione, non saremmo qui a parlare.
Quindi, cominciamo.

Inizio da un settore un po’ “insolito” o almeno, non primario per chi lavora con la voce, ovvero lo spot pubblicitario. Io, tendenzialmente, non cambio canale all’incombere della pubblicità perché, SE FATTA BENE, esprime il massimo potenziale dell’azienda che ci ha lavorato che dovrà convincerti, in trenta secondi, che lei è meglio della sua diretta concorrente, che andrà in onda tra due minuti. Christian, parlami di questo mondo che vivi da vicino, del tuo ruolo in queste piccole produzioni.
Soprattutto negli spot pubblicitari, prodotti che durano 30 secondi, ci sono voci che bucano, che arrivano dritte, in quel lasso di tempo così breve. Altre, invece, che si perdono. Ci sono grandi doppiatori inadatti ad un lavoro come lo spot e doppiatori “mediocri” che sono perfetti in queste piccolissime produzioni. Il doppiaggio al leggìo delle pellicole e quello degli spot hanno tecniche diverse. Devi esserci portato. Per vincere, in uno spot, devi arrivare al pubblico con grande personalità, con voce anche ammiccante. Questo è un “prodotto di plastica”, è finzione, e quindi il lavoro su questo richiede tanta vocalità. Spesso ho accettato di prestare la mia voce a queste lavorazioni anche solo per poter mangiare, per il bisogno di lavorare. Uso la mia voce a 360°, non scarto niente: da i tralier per la Fox, a Radio 24, ai Documentari, al doppiaggio per produzioni cinematografiche, agli spot appunto. Bisogna spaziare, sempre. Per mangiare, per crescere e per non annoiarsi mai. Il doppiatore settoriale, secondo me, si pone grandi limiti. Poi, dobbiamo sicuramente parlare di chi gestisce, di chi troviamo dietro ad ogni spot pubblicitario. Spesso nemmeno li incontri, sono lontani, fisicamente e mentalmente. Ti posso dire questo, che quando mi viene chiesto di fare lo spot “versione cliente”, mi arrabbio.
Fare questo tipo di spot significa per me fare uno “spot democristiano”, per un cliente medio. E’ lo spot che non osa, per il cliente che, a sua volta, non vuole osare.
E’ quello che va bene “in tutte le stagioni”, che non ha energia, che non ha quell’ammiccamento di cui ti parlavo. E allora manca davvero la grinta, quel quid in più che ti fa arrivare, bucare lo schermo.

Nei tuoi corsi che fai con Roberto Pedicini, tuo collega e amico, per l’Accademia per aspiranti doppiatori, mi dici che cosa insegni ai ragazzi? Non voglio sapere la scaletta di una lezione, ovviamente…mi interessa quello che va al di là della tecnica, mi interessa capire come cambia il bagaglio di chi entra e poi esce da una vostra lezione.
Sono dodici anni che io e Roberto trasmettiamo ai ragazzi quello che volevamo sapere e che non abbiamo imparato. Frequentare questi corsi significa investire tempo, impegno, studio, anche una volta usciti. Si insegnano  tecnica, dimestichezza con un copione, con una cuffia, con il sinc, con l’uso della voce. L’unica cosa che un corso non può insegnare, iniettare nelle vene, è il talento, la predisposizione. Quello ce lo devi avere tu dentro. Io, dopo 25 anni di mestiere, posso permettermi di valutare se tu abbia o meno questo talento, questa predisposizione. Non posso dirti dove arriverai, perché questo dipende da te. Ma in tre minuti posso capire tanto di te. Questi corsi sono spesso criticati da alcuni colleghi doppiatori. Sono criticati perché si contesta e si chiede a questi ragazzi una carriera artistica, magari teatrale, che a 17, 18, 19 anni, un ragazzo può anche non avere.
Chi non appartiene ad una grande città come Roma, spesso non ha alcuna possibilità, è destinato a “morire” nella sua piccola provincia, senza poter realizzare il suo sogno, pur avendone il talento e la capacità, magari. I nostri ragazzi sono giovani, vivono in piccole città, nella cosiddetta provincia, quella lontana geograficamente e culturalmente dalle possibilità.
Ecco, io e Roberto crediamo che a diciassette anni, un ragazzo che viene “dal nulla” possa iniziare tutto, pur non avendo alle spalle già una carriera teatrale o una parentela importante che lo introduca nei nostri ambienti. Si esalta molto questo teatro, che spesso invece sforna mediocrità e preparazioni inutili. Noi non vogliamo negare a nessuno la possibilità di realizzare il proprio sogno, perché anche chi “non è figlio nostro” deve avere la sua occasione. Mia figlia ha iniziato da piccola, ha una predisposizione, è brava. Ma se un giorno arriverà da un paesino sperduto una ragazza che la scalzerà perché più brava, più talentuosa, più preparata, io non la taccerò di essere la cattivona che ha soffiato il lavoro a te, che sei mia figlia. Piuttosto, prenderò mia figlia e la motiverò a raggiungere livelli ancora più alti, a migliorarsi. Lei ha le porte aperte, certo, è figlia di Christian Iansante. Ma questo essere figlia mia non può e non deve stare in piedi da solo.
Nella mia lunga carriera ho visto “figli di meccanici” scartati perché “figli di meccanici”. Quel figlio di un meccanico ha magari più cuore, più passione, più anima di un figlio di. Noi con questi corsi diamo una possibilità, che non si sarebbero mai potuti permettere, a tutti gli sconosciuti figli di meccanici.
Noi diamo possibilità alla “provincia”, a chi non ha i mezzi, i nomi, le spinte. Noi proviamo a far realizzare il loro sogno, se hanno talento, anima, cuore. Io e Roberto non abbiamo segreti, noi diamo tutto quello che sappiamo, non abbiamo paura di dare anche a chi, un giorno, ci farà concorrenza al leggìo…ci è già capitato, anzi. Noi siamo generosi, doniamo tanto. E quello che riceviamo come compenso non è nulla paragonato al tempo che, per fare questo, sottraiamo alla nostra famiglia. Ma crediamo in questo, e quindi ci doniamo con il cuore, perché fa bene ai ragazzi, ma fa tanto bene anche a noi. Negli occhi e nelle storie di ognuno di loro, riviviamo i problemi degli inizi, che magari, essendo passato tanto tempo, abbiamo dimenticato. Ma credimi, è uno scambio, quello tra noi e loro, quasi alla pari, in termini umani.

E allora definiscimela questa VOCE, che per me è lo specchio di chi la produce, della bocca e in generale dalla persona da cui “esce”.
La voce è uno strumento che può emozionare. È un violino, un pianoforte, una batteria. Perché anche una batteria, se suonata con il cuore, può emozionare. Da sola, la voce è solo suono. Ma con il pensiero, con ciò che c’è dietro, è qualcosa che ti emoziona. La voce deve far piangere, ridere, arrabbiare, sobbalzare colui che sta dall’altra parte, che ti sta ascoltando. E’ uno stato d’animo, in tutte le cose: dallo spot al trailer alla grande produzione.
La voce non è estetica; la voce non è solo “la bella voce”. Prendi ad esempio Oreste Lionello o Ferruccio Amendola. Avevano un’emotività che sfondava, nella loro “imperfezione”. Con Ferruccio trovavo grandi affinità con me, con il mio modo di essere e di lavorare con la voce: non rispettiamo troppo l’originale, non gli siamo molto “fedeli”, come vogliono le regole del doppiaggio, portiamo tanto di noi sui caratteri che andiamo ad interpretare.
Io spesso, in questo modo, “tradisco” il prodotto, che non vuol dire doppiarlo male. 🙂 Il doppiatore dovrebbe essere sempre irriconoscibile, due miei grandi amici, e grandissimi doppiatori, come Maggi e Quarta, sono mimetici. Li conosco da anni, eppure spesso non li riconosco.
Cordova e Lodolo, per le loro vocalità e il tratto molto personale di doppiare, li trovo molto simili a me: noi tendiamo a travalicare un po’ i personaggi che andiamo ad interpretare.
Il doppiatore è un imitatore, deve eseguire su un prodotto originale; non devi cambiare quella melodia, quella musicalità che c’è nel lavoro su cui vai a lavorare.
Io, spesso, vado un po’ fuori da questi schemi…ma sono un creativo e non ne posso fare a meno.
Il doppiatore non è il personaggio, ma arriva dopo due livelli, diciamo così.
Abbiamo il personaggio. Questo personaggio viene interpretato da un attore.
E quel personaggio interpretato da quell’attore viene poi doppiato.

Un collega, o più di uno, con cui hai grande affinità al leggìo.
Ce ne sono tanti.
Pedicini è mio fratello e, come tale, in un rapporto così stretto, si litiga, ci si confronta, si hanno opinioni diverse. Anche in Accademia si percepiscono queste differenze tra noi, ma è un arricchimento per i ragazzi avere punti diversa diversi. Poi ci sono Angelo Maggi, Alberto Bognanni, Franco Mannella, Chiara Colizzi e Laura Boccanera fra le donne. Andrea Mete, tra i ragazzi della nuova generazione, mi ricorda, con il suo carattere, mi ricorda il me di quindici anni fa.

E come Direttore di Doppiaggio, me lo fai qualche nome?
Vairano, Rossi, Macrì, Lanciotti, le sorelle Pasanisi.
Con Sandro Acerbo ho grande affinità al leggìo e alla direzione. Con alcuni direttori invece, non mi trovo molto bene.
Quelli che vogliono le intonazioni scontate, quelli troppo canonici, blasonati…sono molto in contrasto con il mio essere un po’ fuori dagli schemi classici.

Ora abbandoniamo un po’ il lavoratore e chiacchieriamo un po’ con la persona… 🙂 Che cosa ammiri nelle donne e che cosa negli uomini?
Ammiro l’intelligenza, senza distinguere tra uomo e donna. Intelligenza è scambio, anche nel disaccordo. La stupidità non la puoi combattere, purtroppo. E’ un muro di gomma.
Ti faccio un esempio su tutti, Giuliano Ferrara, un uomo con cui avrei tanto da discutere, tanto su cui dissentire: ma non potrò mai dirti che è uno stupido, anche se così diverso, ideologicamente, da me.
Non ho il mio ideale di donna, ma so che la testa è fondamentale. Per deformazione professionale, sicuramente, mi colpisce il modo di parlare. Trovo più sensuali certi accenti piuttosto che altri.
Su questo, io e Roberto nei nostri corsi facciamo tanta ironia, imitazioni…ma servono a rendere l’idea 🙂

Definiscimi la Bellezza.
La bellezza è purezza, è qualcosa di pulito. Ognuno la avverte in modo diverso, personale; ognuno ha il suo contatto con la bellezza. La bellezza non è una maschera, non è niente di finto.

E la gelosia, che cos’è? Io trovo che sia un sentimento molto femminile, per questo mi interessa il punto di vista di un uomo.
Gelosia è stupidità. E’ pretesa di possesso….quindi, non molto democratica!
Alla gelosia si lega il tradimento. Quello che ti posso dire è che per me, un tradimento mentale è più forte di un tradimento fisico, anche se a prima vista può sembrare il contrario.

La ricetta del Buon Vivere?
Le frequenze giuste, il contatto col cosmo così come ci ha creati. L’andare al di là: al di là del provincialismo in senso totale, andare al di là di questo mondo. Ci sono miliardi di stelle, ci sono galassie, universi…ci sono sicuramente esemplari di vita evoluta diversi da noi. Bisogna pensare che dopo, senza necessariamente pensare ad un Dio, c’è qualcosa oltre. Noi dobbiamo concentrare le nostre frequenze, la nostra energia per arrivare in questo “al di là” senza essere stremati, senza sofferenza. Più viviamo bene, più la nostra energia sarà felice di ripartire.

Che papà sei, Christian?
Un papà che si rimprovera molto di non essere molto presente e di ricalcare i clichè del suo, di padre 🙂
Lui, che si è ammorbidito con l’età, era un po’ una testa calda, si arrabbiava, gridava molto. Anche se questo, da figlio, non mi piaceva viverlo, mi rimprovero di portarmelo ancora troppo addosso, di avere ancora un po’ gli strascichi di quei momenti e questo, nel mio ruolo di padre, me ne fa dispiacere.
Mia madre, nelle scene di rabbia in cui sono coinvolto, mi dice che le sembra di sentire mio padre, a casa, tanti anni fa…mi dice che porto le sue follie e le sue arrabbiature sullo schermo, attraverso la mia voce! Ma come attore, questo mio portarmi dentro, questo mio portare dentro la mia rabbia, e quindi me stesso, tante volte ha fatto la differenza. La rabbia e la gioia che porto non sono cercate fuori, le vado a ripescare dentro di me. I miei  caratteri rabbiosi, i miei pazzi, li porto sullo schermo in un modo molto personale, non dallo studio, dal leggio, ma dalla vita reale.

Sei esattamente dove vorresti essere?
Penso proprio di si.
Anzi, spesso penso di essere al di là di dove mi ero immaginato.

Ti piace il Caffè? In una Coffee Room, la domanda è d’obbligo.
Si. E quando è buono, mi piace a tal punto che lo prendo amaro. Lo zucchero mi serve a correggere quelli che nun se possono proprio vedè 🙂

Nell’ultima domanda, c’è il ringraziamento per averlo fatto: perché hai accettato questa intervista, da una che non lo fa di professione, ma solo per passione?
Il tuo era un messaggio simpatico. Ricevo tantissimi messaggi ogni settimana, con le richieste più disparate.
Dico di no solo all’arroganza e alla maleducazione.

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