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~ La vita è come il caffè: puoi metterci tutto lo zucchero che vuoi, ma se lo vuoi far diventare dolce, devi girare il cucchiaino. A stare fermi non succede niente.

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Archivi Mensili: ottobre 2015

Non ci sono più le #mezzestagioni

28 mercoledì Ott 2015

Posted by Donna Abelarda in Coffee of the day

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Io che sono giullare anche mentre dormo,
Io che parlo di frivolezze come se piovesse (e infatti piove)
voglio farmi impossessare, talvolta, da quella brutta cosa chiamata #serietà.

L’argomento lo trattiamo alla lontana, senza parlarne in #dialetto_politichese.

Io ho sempre creduto che nella vita tutto, o quasi, si debba affrontare con #rispetto, #professionalità, #serietà.
Quindi credo che, soprattutto in campo lavorativo, qualsiasi professione tu svolga, l’accettare un incarico, come pure il rinunciarci, sia cosa #seria.

Quando si accetta un incarico, ci si fa carico di #oneri, #onori, #responsabilità, #benefici.

E la stessa #consapevolezza e serietà nell’#accettare, dovrebbe essere applicata nel #rinunciare.

In particolar modo, quando si rappresenta un’idea, una parte di popolo, bisognerebbe farlo consapevolmente, pienamente.
E’ come nelle relazioni d’amore.
Non ci si dovrebbe imbattere in una #relazione per caso.
Bisognerebbe vivere i #rapporti in maniera #totale, #piena, #intensa.
E quando si respira nell’aria una voglia di #cambiamento, bisognerebbe prendere il coraggio, e andarsene.
Ma quando si decide di prendere la porta, si dovrebbe prendere e basta.
Senza troppi annunci, minacce, premesse.
Perché annunciare lascia inevitabilmente lo spazio, a chi subisce, di poterti fermare.
E quindi, se si vuole essere fermati, tanto vale prendere il coraggio e restare.

Ci si assume il #rischio, sempre.
Si rischia nel #restare tanto quanto nell’#andare.
E così in politica.

Se decidi che quella carica, quel partito, quella sedia o quella casacca non ti rappresentano più, “spogliati” e vai.
Con passo sicuro.
Che ad un passo sicuro, pochi sanno resistere.

Tutti questi #se #maforseritorno #forsemagariciripenso assomigliano tanto a quelle relazioni stanche, a quei capi sbiaditi, ingrigiti, ingialliti dal tempo, passati ormai di moda, stanchi.

Nella vita c’è bisogno di #certezze.
Sennò diventa tutto una pallida #mezzastagione

E si sa, non ci sono più le #mezzestagioni

Non mandatevele a dire: Ditevele!

13 martedì Ott 2015

Posted by Donna Abelarda in Human Feelings

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Tag

amore, coppia, intimità, litigi, repubblica

Un articolo apparso su @Repubblica ha catturato la mia attenzione: Il collante della coppia è la Discussione.
Lo spunto arriva dal libro del pedagogista Daniele Novara, “E’ meglio dirsele“,
“Non serve evitare gli attriti e cercare di superare in silenzio quello che proprio non va. Al contrario, per nutrire la relazione fa bene imparare a gestire le inevitabili controversie. E litigare, purché lo si sappia fare al meglio e senza violenza.
Unica strada per evolversi insieme e conquistare una vita di coppia solida e piena”.
Ecco alcuni passaggi chiave, tratti dall’intervista:

La coppia si salva se usa i propri contrasti per fare manutenzione relazionale e continuare a crescere anche come persone.
Ovviamente stiamo parlando di litigi e non di violenza.

La società è sempre più strutturata in senso orizzontale e i margini di autoregolazione reciproca in ambito privato sono notevolmente aumentati.

L’intimità: è ciò che caratterizza le nostre relazioni amorose; è ciò che ci fa essere la coppia che siamo, che ci rende complici, ci fa stare bene.
Ma è anche ciò che ci rende reciprocamente esposti, che offre il fianco ad attacchi particolarmente dolorosi in grado di colpire a segno.

L’infanzia: meglio raccontarsi la propria infanzia piuttosto che aspettare che si faccia viva colpendo il partner perché le aspettative infantili non hanno trovato un’adeguata soddisfazione nel rapporto di coppia.

Al di là delle battute, il CONFRONTO, sempre nei confini di educazione e rispetto, è il pilastro di ogni rapporto: di amore, di amicizia, familiare, di lavoro.

Impariamo a Comunicare, a gestire le critiche che ci vengono mosse e ad evidenziare quelle agli altri.
Non bisogna attaccare, ma passarsi la palla.

Non è il LINGUAGGIO quel che ci contraddistingue? 🙂

@DonnAbelarda: siamo sbarcati a cinguettare

12 lunedì Ott 2015

Posted by Donna Abelarda in Coffee of the day

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Tag

donnabelarda, twitter

Donna Abelarda sbarca su Twitter a cinguettare: @DonnAbelarda
Che fate…ve la perdete?

Riepilogo:

Nome: Donna Abelarda
Età: tutti quelli che dimostro, in fila per sei ma togline due.
Altezza: mezza bellezza.
Capelli: io sto alla spazzola come la dieta sta al lunedì.
Occhi: attenti. All’occorrenza anche simpatiche borsette colorate.
Istruzione: in continuo divenire.
Indirizzo: la felicità cambia domicilio in continuazione.
Telefono: Mary Poppins lo sta ancora cercando.
A tavola: purchè sappia di carboidrato. Con contorno di patatine fritte.
Il mio stile: un pò la Lilli Brugola de noantri, cado anche da ferma.
Professione: cerco la mia strada, ma credo di essermi imbattuta in una pasticceria; vi chiamo quando esco.
Orientamento religioso: la mia fede non si discute e non la voglio discutere. Non devo convincere nè essere convinta.
Orientamento politico: ho perso l’orientamento, sto cercando un centro di gravità permanente, che mi faccia anche talvolta cambiare idea sulle cose, sulla gente.
Sogni nel cassetto: mi ci vorrebbe una cabina armadio; stan dormendo insieme ai calzini e ad un paio di completini Intimissimi, nel vero senso della parola.
Segni particolari: sogni particolari.

Ribadisco:
Che fate, ve la perdete?

Quei bravi ragazzi.

02 venerdì Ott 2015

Posted by Donna Abelarda in Human Feelings

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Ho eliminato eliminato lo scatto, perché non occorre.
Dovremmo inorridirci davanti alla sola IDEA dell’orrore.
Ma questo non ci basta più.
E non ci basta perché quel potente mezzo che è la televisioni, ci ha ABITUATO anche all’orrore, una cosa ripugnante a cui non ci si dovrebbe rassegnare mai.

Questo breve articolo, e non questa immagine, lo dedico alle Coscienze Televisive da Salotto, se così possiamo chiamarle. Non la dedico agli esecutori materiali. Le dedico a chi si professa un tutore della legge, con o senza toga.

E’ una dedica senza polemiche, ma che mi piacerebbe facesse riflettere.
Agli orrori, la televisione dedica intere strisce quotidiane.
Ci sono intere trasmissioni nate ad hoc, che camminano sulle ceneri di questi orrori, in una crescita esponenziale di entrambi.
Ci sono oratori e urlatori, alcuni dei quali senza competenze in materia giuridica, e non che questo sia un demerito.
E soprattutto da questi pensatori improvvisati nascono le più populiste e banali frasi fatte…che non sono fatte di altro se non di ricerche di consensi, di applausi, a volte persino di voti in campagna elettorale.
Si parla. Si sparla tanto, troppo.
E lo si fa con la finta, ma televisivamente accattivante, promessa di NON CHIUDERE GLI OCCHI DAVANTI ALL’ORRORE, TENENDO SEMPRE I RIFLETTORI ACCESI. Nobilissimo intento, se non fosse immediatamente seguito, per mano degli stessi portatori sani di orrore, da curve di ascolto, con tanto di numero di interventi pubblicitari e percentuali.
Ecco.
Quando inizia la percentuale, in quella curva di ascolto annega tutta la nobiltà dei propri intenti.
Si parla ad un pubblico che sceglie volutamente l’analisi macabra dell’orrore per occupare il proprio tempo libero.
E questo tempo è fine a se stesso.
L’orrore si dimentica con la stessa velocità con cui il telecomando risponde alla pressione del pollice su un altro canale.
Non ci si deve nemmeno più alzare dal divano per allontanarsi dall’orrore.
Trattiamo omicidi da seduti, con le gambe accavallate, truccati a festa.
Parliamo, parliamo di tutto e di tutti.
Andiamo a scavare nella tana dell’orso.
Senza chiederci nemmeno che cosa stiamo cercando e se quello che troveremo servirà a qualcosa.
Siamo inquirenti, tutori della legge, poliziotti, meccanici, ricercatori IMPROVVISATI. Siamo opinionisti.

Il passaggio che mi ha spinto a condividere questo post è che “[…] non serve a dire che servirebbe la forca o pene ancora più severe. Serve a dire che questi delitti sono sorretti da una cultura che, oggi come ieri, sopravvive con la complicità di contesti che parlano di violenza in termini teorici ma non vanno mai a fondo per interpretarne la natura, fatta di sopraffazione, esercizio autoritario, legittimati da chi non chiama mai le cose per nome. Per queste vittime, molto spesso donne, un ricordo pieno di rabbia. Uomini, nomi, coperti, trattati bene, in quello stesso contesto che usava fascisti per compiere stragi contro poveri, studenti, lavoratori e ribelli”.

Di fronte alle tragedie, omicidi o disagi che ledono la dignità umana, si PARLA.
E si parla a volte con toni autoritari, maleducati.
Come gli atteggiamenti che si vanno a condannare.
Ci si mette in cattedra con l’ingiustificato bisogno di dire la propria, di imporre la propria linea di pensiero.
Ci organizziamo in squadre di pensiero: colpevolisti, innocentisti, comunisti, democratici, cattolici, laici….
E parliamo, svisceriamo…per poi? Per non agire MAI.
Ci sediamo comodi a limare il callo che stiamo facendo all’orrore.
Cerchiamo consensi.
Proviamo a piangere o a far piangere.
Ci professiamo portatori di aiuti e fautori di provvedimenti che si spegneranno quando lasceremo il posto ad un altro argomento, quando cambieremo pagina.
Ci alzeremo, ci aggiusteremo le pieghe della gonna o della cravatta.
E torneremo all’ovile, felici di aver smacchiato, ancora una volta, la nostra coscienza. Nell’epoca della diretta, manca la semplicità di qualcosa su cui l’uomo dovrebbe distaccarsi dalla bestia: l’EDUCAZIONE.
Manca l’Educazione alla legalità, oltre alle pene per punire l’ILLEGALITA’.

L’articolo l’ho trovato su facebook.
Ma non ne pubblicherò, come detto, lo scatto.

“Alle 21 di martedì 30 settembre 1975, un metronotte romano, passando accanto ad un auto, sentì dei lamenti. Nel portabagagli, in un sacco dell’immondizia, c’era una ragazza agonizzante, imbrattata di sangue. Donatella Colasanti, sopravvissuta (fingendosi morta) al “massacro del Circeo”. Delitto di matrice fascista, classista e misogina. Rosaria Lopez, stava in un altro sacco nero. Morta, affogata …dopo 36 ore di stupro e torture, inflitte da tre “bravi ragazzi” della Roma bene: Giovanni Guido, Angelo Izzo e Andrea Ghira, che mentre decidevano come far sparire i corpi, erano allegramente andati a mangiare una pizza.

Donatella non si riprese mai e non smise mai di chiedere giustizia.
E’ morta nel 2005, dopo trent’anni vissuti male.
Angelo Izzo, rimesso in libertà, affidato ad una cooperativa sociale, ammazzò altre due donne, madre e figlia, Maria Carmela Linciano (49 anni) e Valentina Maiorano (14 anni).

Questo post non serve a dire che servirebbe la forca o pene ancora più severe. Serve a dire che quei delitti furono sorretti da una cultura che ancora oggi sopravvive con la complicità di contesti che parlano di violenza in termini teorici ma non vanno mai a fondo per interpretarne la natura, fatta di sopraffazione, esercizio autoritario, legittimati da chi non chiama mai le cose per nome.

Per queste donne un ricordo pieno di rabbia.
Volendo includere Franca Rame che subì uno stupro da parte di fascisti che volevano darle una lezione.
Uomini, nomi, coperti, trattati bene, in quello stesso contesto che usava fascisti per compiere stragi contro poveri, studenti, lavoratori e ribelli”.

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