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~ La vita è come il caffè: puoi metterci tutto lo zucchero che vuoi, ma se lo vuoi far diventare dolce, devi girare il cucchiaino. A stare fermi non succede niente.

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Archivi Mensili: settembre 2015

E’ tutta una questione di formule

23 mercoledì Set 2015

Posted by Donna Abelarda in Coffee of the day

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Sono una sostenitrice de: il prodotto Bellezza*Intelligenza è una costante.
E non per dei banali luoghi comuni.

E ci metto tutte le accezioni del caso, in modo da sbaragliare i primi commenti de Fai di tutta l’erba un fascio.
La Bellezza a cui mi riferisco, in questo post, è quella oggettiva, quella fisica, quella di primo sguardo, quella difficile da sindacare.
L’ Intelligenza, invece, la considero nel senso più ampio del termine, non in senso prettamente scolastico. Intelligenza è essere astuti, arguti, attenti, pronti, coraggiosi.

Esistono tutte le combinazioni:
bella-oca
bella-intelligente (intelligenza, nel senso più ampio del termine, non prettamente scolastico)
meno bella-oca
meno bella-intelligente (intelligenza, nel senso più ampio del termine, non prettamente scolastico)

Ma torniamo al prodotto Bellezza*Intelligenza = Costante

Dietro la formula non ci sono strane invidie e/o traumi giovanili.
Non ho mai rotto alcuno specchio per la mia disarmante bruttezza, né ho mai impedito all’erba di ricrescere verde.
Ma, al contempo, non ho neanche mai vinto un Nobel per la Fisica per aver scoperto la quinta dimensione.

Credo che questo prodotto sia una costante per come il mondo si relaziona con te e viceversa, in base a ciò che tu metti sul piatto.

La Bellezza, quella oggettiva, è Bella.

E’ bella da vedere, da ammirare. Quella Bellezza oggettiva scatena il gusto del bello nell’osservatore, trasformandolo anche in invidia a volte, in competizione, inutile negarlo.
Contestualizzando questa Bellezza oggettiva nel mondo dello spettacolo, del fashion, delle luci e dei colori della ribalta, tutto si fa ancora più chiaro e nitido. La Bellezza attira, vende, conquista. Ma attira, vende e conquista senza troppi sforzi. La Bellezza oggettiva parla da sé e spesso parla per te, ammutolendoti. La Bellezza Oggettiva diventa un Ruolo.

E tu capisci che con quel dono che hai avuto, puoi permetterti magari meno sforzi. Perché magari, e che questo non si dica essere una colpa, hai ottenuto quello he altri non ottengono in una vita.
E ti si aprono finestre, porte, portoni.
E questa Bellezza va coltivata e curata.
Così come il cervello, però. Il cervello non si autoalimenta. Il cervello va allenato, palestrato.
E qui, sin dalle prime esperienze scolastiche, nasceranno queste bellezze diverse.
E questi caratteri.
Alle ragazzine, che diverranno ragazze e poi donne, Oggettivamente Belle, basterà poco, e basterà sempre meno, per conquistare, per avere.
A quelle altre oggettivamente meno belle, verrà lasciato l’arduo compito di dover conquistare con l’azione, e non con il semplice apparire.
Ed ecco che allora si affineranno le sottili arti della simpatia, dell’ironia.
La conquista OLTRE il bello.
Il carattere che ti renderà bella, magari non in senso oggettivo.
Ma una Bellezza di secondo sguardo.
Quella che non ti spieghi oggettivamente il perché. Ma è.
Perché quando non ci arriva il braccio, bisogna usare lo sgabello.
E quello sgabello è il carattere. La sottile arte…dell’arrangiarsi 🙂
Chi nella vita non ha avuto il portiere che apriva la porta, ha dovuto trovare il modo di citofonare e farsi aprire.

E bisogna essere in armonia, ciascuna con la propria Bellezza.
Quando manca una parte di carattere, di conoscenza, di istruzione, non è una colpa: ma non bisogna, per questo, a tutti i costi, ostentarla, se manca la base.
Al contempo, non bisogna trasformarsi fisicamente in qualcosa che non si è.
Ci si può migliorare in tutti i casi.
Ma non mascherarsi. Essere belli non è una colpa. E nemmeno non esserlo.

La morale della favola non è che le “brutte” sono intelligenti e che le “belle” sono stupide. La morale della favola è che la vita, la natura, a volte scelgono per te.
Che ognuno coltivi la propria bellezza senza fingere di essere ciò che non si è.

Perchè ne vale la pena, no?

21 lunedì Set 2015

Posted by Donna Abelarda in Coffee of the day

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Mi chiedo quale insano piacere si possa provare ad affrontare code di ore per visitare dei padiglioni, per esempio.
Giusto per restare in tema Expo.
E me lo chiedo perché coloro che, una volta entrati ed intervistati, hanno sfoderato la propria innata pazienza con un inaspettato Ne Valeva La Pena, sono gli stessi che:

alle Poste, per 4 minuti di coda, fanno l’appello dei santi da gennaio ad agosto;

alla cassa del supermercato ti pagherebbero la spesa pur di non farti passare;

al semaforo, nei lunghissimi 3 minuti di rosso pieno, picchiettano nervosamente l’indice imprecando contro pedoni che hanno la sfacciataggine di attraversare sulle strisce col verde;

nei 15 lunghissimi secondi di STOP AND GO pubblicitari durante il match di coppa del nonno sfasciano ventisei modelli di telecomando contro il cinquanta pollici nuovo di zecca, comprato dopo la distruzione del precedente durante la coppa del nonno precedente.

Quindi sorgono spontanee delle domande:

Ma, esattamente, (perchè il motivo sarà solo e soltanto questo) quando posterete la foto del selfie, col trucco sfatto e le ascelle muschiate, con didascalia:
DOPO APPENA 7 ORE ECCOCI QUI, chi volete colpire?
No, perché, quelli da colpire in testa sareste voi.
Che poi, una volta dentro, fate le corse perché, tirchi come siete, avete messo il parcheggio solo per 8 ore e ce ne vogliono altre sei per tornare alla macchina…

Ma, esattamente, se non vi disturba stare sette ore in piedi, magari sotto il sole, con 50 sfumature di sudore altrui, che ceppa venite a rompere le scatole, simulando i cento metri, per entrare in metro prima di noi, giovani donne coi tacchi, solo per sedervi, se poi tanto dovete scendere alla fermata successiva?

Fate pace col vostro bipolarismo o, in alternativa, lasciate che per ogni vostra parte zen ne esista una nostra indemoniata che ci permetterà, indisturbatamente, di scartavetrarvi un ming sulla testa.
Perché sempre e comunque, mai come in questo caso: NE VALE DAVVERO LA PENA.

Basta che sia una palla.

12 sabato Set 2015

Posted by Donna Abelarda in Coffee of the day

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Vedo, attraverso segnali nemmeno troppo nascosti, che il vero Italiano si ricorda della Patria e del pronome NOI quando sente profumo di medaglia, quando intravede un carro, non di bisognosi, ma di vincitori, su cui poter saltare.
L’Italiano esce dal proprio letargo, dal proprio silenzio ignorante, quando c’è un corpo sferico da tirare/calciare.
Ecco, qui c’è Italia.
Finita la festa (quando riesce ad imbucarsi), la patria è Questa Sconosciuta.
La patria non è più una buona qualità della vita, una terra da rispettare, da proteggere, un “qualcosa” a cui dare e da cui pretendere educazione, coraggio, cultura.

Viviamo di esultanze, senza conoscerne nemmeno i contesti.
Non pratichiamo lo sport.
Non viviamo lo sport come svago ed incontro.
Lo sport è vittoria (quasi sempre degli altri, mica nostra).
Lo sport è esaltarsi per i meriti altrui, per il puro gusto di farlo, per riempire un silenzio, una vita vuota.
Qui, di Bel Paese, è rimasto giusto il formaggino.
L’importante è che ci sia una palla.

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