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~ La vita è come il caffè: puoi metterci tutto lo zucchero che vuoi, ma se lo vuoi far diventare dolce, devi girare il cucchiaino. A stare fermi non succede niente.

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Archivi Mensili: gennaio 2015

Limitatevi a Pitagora… :)

26 lunedì Gen 2015

Posted by Donna Abelarda in Coffee of the day

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Magari un po’ di sana verità sta nel mezzo, come le salse migliori nei nostri panini.

Poi questa cosa che non riuscite a rispettare nemmeno la legge non scritta che si fa pipì sollevando la tavoletta, cercando di centrare il buco, ma il Teorema di Ferradini lo sapete recitare a memoria anche al contrario…parliamone. 🙂
Limitatevi a Pitagora, o al massimo azzardatemi un Talete, se proprio volete cimentarvi in teoremi, va.

Prendi una donna, dille che l’ami
scrivile canzoni d’amore

mandale rose, poesie
dalle anche spremute di cuore;
falla sempre sentire importante,
dalle il meglio, del meglio che hai
cerca di essere un tenero amante,
sii sempre presente,
risolvile i guai.

E sta sicuro che ti lascerà
chi è troppo amato amore non dà,
e sta sicuro che ti lascerà
chi meno ama è il più forte si sa.

Perché forse non occorrono spremute di cuore, mi basta un centrifugato fatto bene;
Le rose lasciamole crescere e le poesie regaliamole ai sognatori notturni;
Un po’ di tenerezza però non ha mai “de-virilizzato” nessuno;
Essere presenti, nella gioia e nel dolore, non fa guadagnare un gettone, ma un po’ di stima si;
Non ti chiedo di risolvere tutti i miei guai, ma sapere che ci sei, potrebbe darmi la forza di districarmi almeno tra quelli odiosi di ogni giorno;
E stai sicuro che non ti lascio, caro.
L’amore non è mai troppo.
E sarà vero che chi ama meno è più forte…ma, forse, è anche un po’ più solo.
E la solitudine, si sa, non concima: inaridisce.

Prendi una donna, trattala male,
lascia che ti aspetti per ore,
non farti vivo e quando la chiami
fallo come fosse un favore
fa sentire che è poco importante,
dose bene amore e crudeltà,
cerca di essere un tenero amante
ma fuor dal letto nessuna pietà.

E allora si vedrai che t’amerà
chi è meno amato più amore ti dà,
e allora si vedrai che t’amerà
chi meno ama è il più forte si sa.

Caro ragazzo, quella fase nel corteggiamento in cui tu sai che ormai sono tua, si sa, ti fa pavoneggiare come l’aver segnato il gol della partita alla finale dei Mondiali.
Sei l’uomo del momento.
Quel vedere il telefono che suona e fingere che la lavatrice in quel momento abbia la priorità;
Quel “ti chiamo DOPO” in cui il DOPO non è ben collocato in uno spazio-tempo misurabile in anni luce;
Quel decidere di chiamare dopo aver riordinato cronologicamente i cd con tanto di consultazione di Wikipedia;
Quel collocarci tra le stragi del punteruolo rosso e l’accoppiamento della rana gialla…
Ecco, tutto questo non fa di te un uomo, ma un maschio. E nemmeno della miglior specie.

Quindi, caro amico, un po’ di quella sana e logorante attesa ci sta: perché si sa che la fiamma bassa ci fa cuocere a puntino a fuoco lento.
E’ un vecchio gioco delle parti che ci piace, ammettiamolo.
Ma lo stracotto è impegnativo, da gestire, da presentare, da digerire.
Perché la carne cruda me la puoi ancora ripassare.
Quella dura, ahimè, l’hai praticamente buttata.

Caro ragazzo, ma senza l’amore, un uomo che cos’è?

No caro amico,
non sono d’accordo,
parli da uomo ferito
pezzo di pane… lei se n’è andata
e tu non hai resistito…
Non esistono leggi in amore,
basta essere quello che sei,
lascia aperta la porta del cuore
vedrai che una donna è già in cerca di te.

Senza l’amore un uomo che cos’è
su questo sarai d’accordo con me,
senza l’amore un uomo che cos’è
e questa è l’unica legge che c’è.

Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario.

23 venerdì Gen 2015

Posted by Donna Abelarda in Coffee of the day

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“Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi“.

Chiunque abbia una vita, una vita per di più normale,
chiunque abbia i propri affetti accanto a sé
chiunque abbia la possibilità di scegliere
chiunque abbia la possibilità di vivere
chiunque non sia offeso, discriminato, violentato, picchiato, abusato
dovrebbe ogni mattina, aprendo gli occhi, pronunciare per prima la parola GRAZIE.
E dovrebbe ricordare, studiare, imparare, tramandare. Anche insegnare.

Perché quello che è successo, perché è successo, non vada perduto con quel tiranno che è il tempo.
Quel che è successo, quel che l’uomo è stato capace di pensare, fare, accettare, rinnegare, nascondere non deve morire con le sue vittime.
Abbiamo il DOVERE MORALE di ricordare, studiare, imparare, tramandare, insegnare, piangere.

Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario.

Niente ci pettina bene come il vento.

20 martedì Gen 2015

Posted by Donna Abelarda in Coffee of the day

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“Qualche volta il destino assomiglia a una tempesta di sabbia che muta incessantemente la direzione del percorso.
Per evitarlo cambi l’andatura.
E il vento cambia andatura, per seguirti meglio.
Tu allora cambi di nuovo, e subito di nuovo il vento cambia per adattarsi al tuo passo. Questo si ripete infinite volte, come una danza sinistra con il dio della morte prima dell’alba. Perché quel vento non è qualcosa che è arrivato da lontano, indipendente da te.
È qualcosa che hai… dentro.
Quel vento sei tu.
Perciò l’unica cosa che puoi fare è entrarci, in quel vento, camminando dritto, e chiudendo forte gli occhi per non far entrare la sabbia“.

Il destino ha tante interpretazioni.
Poeti e scrittori ci hanno speso una vita a catturarne l’essenza.
Che tu ci creda o no, il destino non è un qualcosa di statico, di sterile, di prevedibile, non è una tavola della legge, già scritta, per cui la vita ne rappresenta solo un noioso viaggio, un mezzo, per compierlo.
La vita E’ il destino.
La vita è evoluzione, è movimento, è consapevolezza, è coscienza, è coraggio.

Non dobbiamo e non possiamo ribellarci a qualcosa che spinge a muoverci, a camminare, a scegliere.
Sarebbe come ribellarci a noi stessi.

Non ci sono luoghi in cui rifugiarsi per scappare dal destino.
Non ci sono perché non si può scappare da se stessi.

Il destino non è lì, non è scritto, non è davanti a noi.
Il destino siamo noi, è parte di noi.
Tuffiamoci, allora, in questa corrente, gelida o calda, che ci scompiglierà i capelli.
Niente ci pettina bene come il vento.

A “bad boy”. Intervista a Christian Iansante

20 martedì Gen 2015

Posted by Donna Abelarda in About YOU - Le mie interviste

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Oggi il caffè lo beviamo con Christian Iansante!

Mi premette che lui appartiene a quella categoria dei “cattivi ragazzi”, e direi che possiamo cominciare. 🙂

Quindi, fatte le dovute premesse, inizia una chiacchierata intensa, piena, coinvolgente. Una grande opportunità per me che mi arricchisco ogni giorno, che mi nutro di cultura, di cose belle, di belle persone.
Un bellissimo dannato, qui per voi.

Mi dice subito: Io, come ti ho premesso, appartengo alla categoria dei “cattivi”.
Spesso alcuni miei colleghi si raccontano, ai microfoni, in maniera diversa da come sono, esprimendo a voce un pensiero non in linea con quello che hanno in testa. Io posso sembrare “stronzo”, ma ciò che mi contraddistingue è l’essere sincero, non mi vesto di ipocrisia. Spesso, soprattutto in questo paese, edulcoriamo il linguaggio, ci censuriamo, ci “puliamo”, quando poi alle 8 di sera, trovi solo donne e calcio, il binomio che, in termini di ascolti e non solo, paga e vende di più. Siamo un paese fondato su donne e calcio. La passione e la dipendenza, a volte, per il calcio la confessiamo, la giustifichiamo; quella per le donne no, non si può. Ecco, io generalmente, dico quello che penso, a costo di sembrare “stronzo”. E’ qui che capisco quella che era la sua accezione di “stronzo”…beh, senza questa accezione, non saremmo qui a parlare.
Quindi, cominciamo.

Inizio da un settore un po’ “insolito” o almeno, non primario per chi lavora con la voce, ovvero lo spot pubblicitario. Io, tendenzialmente, non cambio canale all’incombere della pubblicità perché, SE FATTA BENE, esprime il massimo potenziale dell’azienda che ci ha lavorato che dovrà convincerti, in trenta secondi, che lei è meglio della sua diretta concorrente, che andrà in onda tra due minuti. Christian, parlami di questo mondo che vivi da vicino, del tuo ruolo in queste piccole produzioni.
Soprattutto negli spot pubblicitari, prodotti che durano 30 secondi, ci sono voci che bucano, che arrivano dritte, in quel lasso di tempo così breve. Altre, invece, che si perdono. Ci sono grandi doppiatori inadatti ad un lavoro come lo spot e doppiatori “mediocri” che sono perfetti in queste piccolissime produzioni. Il doppiaggio al leggìo delle pellicole e quello degli spot hanno tecniche diverse. Devi esserci portato. Per vincere, in uno spot, devi arrivare al pubblico con grande personalità, con voce anche ammiccante. Questo è un “prodotto di plastica”, è finzione, e quindi il lavoro su questo richiede tanta vocalità. Spesso ho accettato di prestare la mia voce a queste lavorazioni anche solo per poter mangiare, per il bisogno di lavorare. Uso la mia voce a 360°, non scarto niente: da i tralier per la Fox, a Radio 24, ai Documentari, al doppiaggio per produzioni cinematografiche, agli spot appunto. Bisogna spaziare, sempre. Per mangiare, per crescere e per non annoiarsi mai. Il doppiatore settoriale, secondo me, si pone grandi limiti. Poi, dobbiamo sicuramente parlare di chi gestisce, di chi troviamo dietro ad ogni spot pubblicitario. Spesso nemmeno li incontri, sono lontani, fisicamente e mentalmente. Ti posso dire questo, che quando mi viene chiesto di fare lo spot “versione cliente”, mi arrabbio.
Fare questo tipo di spot significa per me fare uno “spot democristiano”, per un cliente medio. E’ lo spot che non osa, per il cliente che, a sua volta, non vuole osare.
E’ quello che va bene “in tutte le stagioni”, che non ha energia, che non ha quell’ammiccamento di cui ti parlavo. E allora manca davvero la grinta, quel quid in più che ti fa arrivare, bucare lo schermo.

Nei tuoi corsi che fai con Roberto Pedicini, tuo collega e amico, per l’Accademia per aspiranti doppiatori, mi dici che cosa insegni ai ragazzi? Non voglio sapere la scaletta di una lezione, ovviamente…mi interessa quello che va al di là della tecnica, mi interessa capire come cambia il bagaglio di chi entra e poi esce da una vostra lezione.
Sono dodici anni che io e Roberto trasmettiamo ai ragazzi quello che volevamo sapere e che non abbiamo imparato. Frequentare questi corsi significa investire tempo, impegno, studio, anche una volta usciti. Si insegnano  tecnica, dimestichezza con un copione, con una cuffia, con il sinc, con l’uso della voce. L’unica cosa che un corso non può insegnare, iniettare nelle vene, è il talento, la predisposizione. Quello ce lo devi avere tu dentro. Io, dopo 25 anni di mestiere, posso permettermi di valutare se tu abbia o meno questo talento, questa predisposizione. Non posso dirti dove arriverai, perché questo dipende da te. Ma in tre minuti posso capire tanto di te. Questi corsi sono spesso criticati da alcuni colleghi doppiatori. Sono criticati perché si contesta e si chiede a questi ragazzi una carriera artistica, magari teatrale, che a 17, 18, 19 anni, un ragazzo può anche non avere.
Chi non appartiene ad una grande città come Roma, spesso non ha alcuna possibilità, è destinato a “morire” nella sua piccola provincia, senza poter realizzare il suo sogno, pur avendone il talento e la capacità, magari. I nostri ragazzi sono giovani, vivono in piccole città, nella cosiddetta provincia, quella lontana geograficamente e culturalmente dalle possibilità.
Ecco, io e Roberto crediamo che a diciassette anni, un ragazzo che viene “dal nulla” possa iniziare tutto, pur non avendo alle spalle già una carriera teatrale o una parentela importante che lo introduca nei nostri ambienti. Si esalta molto questo teatro, che spesso invece sforna mediocrità e preparazioni inutili. Noi non vogliamo negare a nessuno la possibilità di realizzare il proprio sogno, perché anche chi “non è figlio nostro” deve avere la sua occasione. Mia figlia ha iniziato da piccola, ha una predisposizione, è brava. Ma se un giorno arriverà da un paesino sperduto una ragazza che la scalzerà perché più brava, più talentuosa, più preparata, io non la taccerò di essere la cattivona che ha soffiato il lavoro a te, che sei mia figlia. Piuttosto, prenderò mia figlia e la motiverò a raggiungere livelli ancora più alti, a migliorarsi. Lei ha le porte aperte, certo, è figlia di Christian Iansante. Ma questo essere figlia mia non può e non deve stare in piedi da solo.
Nella mia lunga carriera ho visto “figli di meccanici” scartati perché “figli di meccanici”. Quel figlio di un meccanico ha magari più cuore, più passione, più anima di un figlio di. Noi con questi corsi diamo una possibilità, che non si sarebbero mai potuti permettere, a tutti gli sconosciuti figli di meccanici.
Noi diamo possibilità alla “provincia”, a chi non ha i mezzi, i nomi, le spinte. Noi proviamo a far realizzare il loro sogno, se hanno talento, anima, cuore. Io e Roberto non abbiamo segreti, noi diamo tutto quello che sappiamo, non abbiamo paura di dare anche a chi, un giorno, ci farà concorrenza al leggìo…ci è già capitato, anzi. Noi siamo generosi, doniamo tanto. E quello che riceviamo come compenso non è nulla paragonato al tempo che, per fare questo, sottraiamo alla nostra famiglia. Ma crediamo in questo, e quindi ci doniamo con il cuore, perché fa bene ai ragazzi, ma fa tanto bene anche a noi. Negli occhi e nelle storie di ognuno di loro, riviviamo i problemi degli inizi, che magari, essendo passato tanto tempo, abbiamo dimenticato. Ma credimi, è uno scambio, quello tra noi e loro, quasi alla pari, in termini umani.

E allora definiscimela questa VOCE, che per me è lo specchio di chi la produce, della bocca e in generale dalla persona da cui “esce”.
La voce è uno strumento che può emozionare. È un violino, un pianoforte, una batteria. Perché anche una batteria, se suonata con il cuore, può emozionare. Da sola, la voce è solo suono. Ma con il pensiero, con ciò che c’è dietro, è qualcosa che ti emoziona. La voce deve far piangere, ridere, arrabbiare, sobbalzare colui che sta dall’altra parte, che ti sta ascoltando. E’ uno stato d’animo, in tutte le cose: dallo spot al trailer alla grande produzione.
La voce non è estetica; la voce non è solo “la bella voce”. Prendi ad esempio Oreste Lionello o Ferruccio Amendola. Avevano un’emotività che sfondava, nella loro “imperfezione”. Con Ferruccio trovavo grandi affinità con me, con il mio modo di essere e di lavorare con la voce: non rispettiamo troppo l’originale, non gli siamo molto “fedeli”, come vogliono le regole del doppiaggio, portiamo tanto di noi sui caratteri che andiamo ad interpretare.
Io spesso, in questo modo, “tradisco” il prodotto, che non vuol dire doppiarlo male. 🙂 Il doppiatore dovrebbe essere sempre irriconoscibile, due miei grandi amici, e grandissimi doppiatori, come Maggi e Quarta, sono mimetici. Li conosco da anni, eppure spesso non li riconosco.
Cordova e Lodolo, per le loro vocalità e il tratto molto personale di doppiare, li trovo molto simili a me: noi tendiamo a travalicare un po’ i personaggi che andiamo ad interpretare.
Il doppiatore è un imitatore, deve eseguire su un prodotto originale; non devi cambiare quella melodia, quella musicalità che c’è nel lavoro su cui vai a lavorare.
Io, spesso, vado un po’ fuori da questi schemi…ma sono un creativo e non ne posso fare a meno.
Il doppiatore non è il personaggio, ma arriva dopo due livelli, diciamo così.
Abbiamo il personaggio. Questo personaggio viene interpretato da un attore.
E quel personaggio interpretato da quell’attore viene poi doppiato.

Un collega, o più di uno, con cui hai grande affinità al leggìo.
Ce ne sono tanti.
Pedicini è mio fratello e, come tale, in un rapporto così stretto, si litiga, ci si confronta, si hanno opinioni diverse. Anche in Accademia si percepiscono queste differenze tra noi, ma è un arricchimento per i ragazzi avere punti diversa diversi. Poi ci sono Angelo Maggi, Alberto Bognanni, Franco Mannella, Chiara Colizzi e Laura Boccanera fra le donne. Andrea Mete, tra i ragazzi della nuova generazione, mi ricorda, con il suo carattere, mi ricorda il me di quindici anni fa.

E come Direttore di Doppiaggio, me lo fai qualche nome?
Vairano, Rossi, Macrì, Lanciotti, le sorelle Pasanisi.
Con Sandro Acerbo ho grande affinità al leggìo e alla direzione. Con alcuni direttori invece, non mi trovo molto bene.
Quelli che vogliono le intonazioni scontate, quelli troppo canonici, blasonati…sono molto in contrasto con il mio essere un po’ fuori dagli schemi classici.

Ora abbandoniamo un po’ il lavoratore e chiacchieriamo un po’ con la persona… 🙂 Che cosa ammiri nelle donne e che cosa negli uomini?
Ammiro l’intelligenza, senza distinguere tra uomo e donna. Intelligenza è scambio, anche nel disaccordo. La stupidità non la puoi combattere, purtroppo. E’ un muro di gomma.
Ti faccio un esempio su tutti, Giuliano Ferrara, un uomo con cui avrei tanto da discutere, tanto su cui dissentire: ma non potrò mai dirti che è uno stupido, anche se così diverso, ideologicamente, da me.
Non ho il mio ideale di donna, ma so che la testa è fondamentale. Per deformazione professionale, sicuramente, mi colpisce il modo di parlare. Trovo più sensuali certi accenti piuttosto che altri.
Su questo, io e Roberto nei nostri corsi facciamo tanta ironia, imitazioni…ma servono a rendere l’idea 🙂

Definiscimi la Bellezza.
La bellezza è purezza, è qualcosa di pulito. Ognuno la avverte in modo diverso, personale; ognuno ha il suo contatto con la bellezza. La bellezza non è una maschera, non è niente di finto.

E la gelosia, che cos’è? Io trovo che sia un sentimento molto femminile, per questo mi interessa il punto di vista di un uomo.
Gelosia è stupidità. E’ pretesa di possesso….quindi, non molto democratica!
Alla gelosia si lega il tradimento. Quello che ti posso dire è che per me, un tradimento mentale è più forte di un tradimento fisico, anche se a prima vista può sembrare il contrario.

La ricetta del Buon Vivere?
Le frequenze giuste, il contatto col cosmo così come ci ha creati. L’andare al di là: al di là del provincialismo in senso totale, andare al di là di questo mondo. Ci sono miliardi di stelle, ci sono galassie, universi…ci sono sicuramente esemplari di vita evoluta diversi da noi. Bisogna pensare che dopo, senza necessariamente pensare ad un Dio, c’è qualcosa oltre. Noi dobbiamo concentrare le nostre frequenze, la nostra energia per arrivare in questo “al di là” senza essere stremati, senza sofferenza. Più viviamo bene, più la nostra energia sarà felice di ripartire.

Che papà sei, Christian?
Un papà che si rimprovera molto di non essere molto presente e di ricalcare i clichè del suo, di padre 🙂
Lui, che si è ammorbidito con l’età, era un po’ una testa calda, si arrabbiava, gridava molto. Anche se questo, da figlio, non mi piaceva viverlo, mi rimprovero di portarmelo ancora troppo addosso, di avere ancora un po’ gli strascichi di quei momenti e questo, nel mio ruolo di padre, me ne fa dispiacere.
Mia madre, nelle scene di rabbia in cui sono coinvolto, mi dice che le sembra di sentire mio padre, a casa, tanti anni fa…mi dice che porto le sue follie e le sue arrabbiature sullo schermo, attraverso la mia voce! Ma come attore, questo mio portarmi dentro, questo mio portare dentro la mia rabbia, e quindi me stesso, tante volte ha fatto la differenza. La rabbia e la gioia che porto non sono cercate fuori, le vado a ripescare dentro di me. I miei  caratteri rabbiosi, i miei pazzi, li porto sullo schermo in un modo molto personale, non dallo studio, dal leggio, ma dalla vita reale.

Sei esattamente dove vorresti essere?
Penso proprio di si.
Anzi, spesso penso di essere al di là di dove mi ero immaginato.

Ti piace il Caffè? In una Coffee Room, la domanda è d’obbligo.
Si. E quando è buono, mi piace a tal punto che lo prendo amaro. Lo zucchero mi serve a correggere quelli che nun se possono proprio vedè 🙂

Nell’ultima domanda, c’è il ringraziamento per averlo fatto: perché hai accettato questa intervista, da una che non lo fa di professione, ma solo per passione?
Il tuo era un messaggio simpatico. Ricevo tantissimi messaggi ogni settimana, con le richieste più disparate.
Dico di no solo all’arroganza e alla maleducazione.

What else?

Quasi Fluido.

19 lunedì Gen 2015

Posted by Donna Abelarda in Coffee of the day

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“Non mi conoscevo affatto, non avevo per me alcuna realtà mia propria, ero in uno stato come di illusione continua, quasi fluido, malleabile;
mi conoscevano gli altri, ciascuno a suo modo, secondo la realtà che m’avevano data; cioé vedevano in me ciascuno un Moscarda che non ero io non essendo io propriamente nessuno per me: tanti Moscarda quanti essi erano”.

Questa è la storia di una consapevolezza che pian piano prende forma: la consapevolezza che l’uomo non è Uno, che la realtà non è Una anch’essa, oggettiva. Moscarda si considera unico per tutti (Uno), per poi prendere coscienza che egli è un nulla (Nessuno), attraverso il suo rapporto con gli altri (Centomila).

La realtà perde di universalità e si scompone in mille fattori, relativi, appunto.

Il protagonista di questo capolavoro immortale è considerato pazzo.
Pazzo, si. Colpevole, forse.
La sua colpa? Aver preso coscienza che le persone sono “schiave” degli altri e di se stesse.

Non esiste più una realtà propria, un solo Io, unico, univoco.
Viviamo in una società, moderna, per di più.
E’ impossibile vedersi e riconoscersi in una sola identità.
Anche il nome, spesso, può star stretto.

E’ una lotta senza fine, una lotta all’affermarsi, al farsi riconoscere.
E’ una lotta senza fine perché in fondo non siamo tutto e non siamo niente.
E’ l’evento, il singolo momento, che ci fa ESSERE, lì ed ora.
Noi siamo passionali o freddi.
Siamo lucidi o folli.
Siamo amore ed odio.
Noi siamo tutto. E non siamo niente.
Noi non esistiamo in quanto IO, ma in quanto Noi.

Ognuno di noi, anche la natura, ci riconoscerà per ciò che siamo in quel momento.
E dobbiamo essere pronti alla consapevolezza e alla coscienza di questo.
Nessuno può conoscerci, schedarci, catalogarci.

Tutti dovremmo imparare che non esiste MAI una ed una sola scelta, uno ed un solo sentiero.
Ogni minuto della nostra vita è un’evoluzione.
In noi ci saranno sempre sorrisi e dannazione, fame e sazietà.
Non potremmo mai darci forma, plasmarci ad un contesto.
Siamo in continua evoluzione.
Quasi fluidi.

The look of Love.

16 venerdì Gen 2015

Posted by Donna Abelarda in Coffee of the day

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Perché lo sguardo dell’amore è uno sguardo inimitabile, unico, incancellabile, inconfondibile.

The look of love
Is in your eyes
The look your heart can’t disguise
The look of love
Is saying so much more
Than just words could ever say
And what my heart has heard
Well it takes my breath away

I can hardly wait to hold you
Feel my arms around you
How long I have waited
Waited just to love you
Now that I have found you

You’ve got the look of love
It’s on your face
A look that time can’t erase
Be mine tonight
Let this be just the start
Of so many nights like this
Let’s take a lover’s vow
And then seal it with a kiss

I ragazzi che si amano

14 mercoledì Gen 2015

Posted by Donna Abelarda in Coffee of the day

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Questa la dedico ai ragazzi delle sei del mattino.
O a quelli delle otto di sera.
Sei stanco, in tram o in metro.
Hai addosso il peso e le parole di una lunga giornata.
La batteria scarica.
Anche quella del telefono.
Fa freddo. E’ buio.
Sali su quel mezzo senza pensare, senza pensarci.
E’ una vita automatica, spesso.

Ti siedi, distratto.
La testa appoggiata al finestrino appannato.
E lì, a due passi da te, a due passi da tutti quelli come te, grigi come la nebbia, ci sono loro.
Eccoli, i ragazzi che si amano.
Che non hanno occhi per nessuno.
Mani per tenersi.
Gambe per sorreggersi.
I ragazzi che si amano hanno il respiro nel respiro dell’altro.

I ragazzi che si amano si baciano in piedi
Contro le porte della notte
E i passanti che passano li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano…
Non ci sono per nessuno
Ed è la loro ombra soltanto
Che trema nella notte
Stimolando la rabbia dei passanti
La loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro invidia
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Essi sono altrove molto più lontano della notte
Molto più in alto del giorno
Nell’abbagliante splendore del loro primo amore
(Prevert)

A tutte le mamme.

12 lunedì Gen 2015

Posted by Donna Abelarda in Società & Attualità

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Essere mamma deve essere qualcosa di meraviglioso.

Le vedi single e in carriera, casalinghe e sposate, sposate ed in carriera, casalinghe e single.
Le vedi totalmente schiacciate dai problemi, dalla compensazione tra l’essere donna e l’essere mamma.
Le vedi che non vanno dal parrucchiere per sei mesi perché quella voce a bilancio non ci sta.
Le vedi in cinque luoghi contemporaneamente.
Le vedi in piedi già alle 4 di mattina.
Le vedi in piedi ancora alle 4 di mattina.
Le vedi rimboccare coperte, sfornare lavatrici peggio di un hotel a sei stelle, preparare colazioni pranzi e cene come ad un raduno di alpini.
Le vedi attente.
Le vedi distratte.
Le vedi con le magliette al contrario, i capelli arruffati, gli occhiali grandi.
Le senti urlare da sei isolati perché non ha fatto i compiti.
Le vedi piangere in un angolo perché sta crescendo.
Le vedi stringere i pugni per un capo che non capisce, per una collega che ti scavalca.
Le vedi sempre tormentate, con lo sguardo al mondo, mai a se stesse.

Ma essere mamma, in tutto questo tormento, deve essere qualcosa di meraviglioso.
Perché noi donne potremmo indossare tutti i mascara del mondo, potremmo essere illuminate da tutti i riflettori di tutti i Red Carpet…ma niente, assolutamente niente, potrà essere abbagliante come la luce che accende una mamma quando parla del proprio figlio.
Anche la sua voce ha un accento diverso.
E’ l’accento dell’amore incondizionato, quello che ti viene dalla pancia, nel senso più autentico del termine.

Ti parla già dal sorriso. Intervista a Giorgio Borghetti

07 mercoledì Gen 2015

Posted by Donna Abelarda in About YOU - Le mie interviste

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Oggi il caffè lo beviamo con Giorgio Borghetti!

Non so se sia qualcosa di cui andare fieri…ma penso di si.
Chi, come me, ama le sfumature, in cucina, nelle persone, nei colori e nella voce (quindi nell’anima), ha il dovere di ringraziare quella persona che le ha aperto gli occhi a questo mondo stupendo pieno di queste gradazioni di colore.
E io, quindi, ringrazio attraverso questa intervista colui il quale, con la sua voce, ha acceso in me quell’attenzione al particolare che mi permette di andare sempre OLTRE IL VISIBILE, OLTRE IL PRIMO SGUARDO. E SICCOME AMO MOLTO QUESTA PARTE DI ME, NON MI RESTA CHE DIRTI GRAZIE.
Un uomo carismatico, attento, talentuoso.
Un sorriso che parla.
Benvenuto, Giorgio.
(Non avrei mai pensato di dirlo)


Giorgio Borghetti, Attore, Doppiatore, Direttore di Doppiaggio. In quale di questi ruoli stai più comodo?

I ruoli sono diversi, ma la categoria è la stessa. Tutti e tre questi ruoli appartengono a quello che gli fa da “padre”, che è il mestiere di Attore. Io dico sempre che questo mestiere è una TORTA e tutte queste sono le sue FETTE, i suoi sapori, le sue farciture. I sapori sono diversi tra loro, ma mi piacciono tutti. La veste di Direttore di Doppiaggio mi piace molto: mi permette di mettermi al servizio degli altri, di condividere con loro la mia esperienza e la mia passione. Come attore mi piace essere “messo a nudo”, farmi vestire dai registi e mettere nelle tasche qualcosa di mio. Nel doppiaggio devo essere fedele al lavoro fatto dall’attore, ma porto dentro la mia vita, la mia anima, la mia emotività. C’è sempre del mio in ognuna di queste fette. 🙂

Nelle vesti di Direttore di Doppiaggio, come sei? E’ un ruolo che mi affascina, è per me il regista della voce 🙂
Mi piace molto questo ruolo. Mi piace in particolare la fase di distribuzione in cui sono alla ricerca delle voci giuste. Sono serio, professionale, ma viviamo anche momenti spensierati e divertenti. Provengo da esperienze, soprattutto nel passato, in cui la severità era quasi eccessiva, ma mi ha permesso di approcciarmi a questo mestiere con educazione e rispetto, due valori fondamentali che forse, soprattutto ultimamente, si stanno perdendo. E invece questi due valori sono fondamentali, in questo mestiere come negli altri. E come nella vita in generale.

Un personaggio a cui sei particolarmente legato e uno che ti è stato un po’ “scomodo”.
Sono sicuramente legato al personaggio di Elliot, il protagonista di E.T., perché è qui che è iniziata la magia di questo mondo di cui ancora oggi faccio parte. Non posso non nominarti anche il grande Robert Sean Leonard, a cui ho prestato la voce per L’attimo Fuggente e Molto rumore per nulla. Hanno segnato un’epoca, il Carpe Diem…sono stati veri e propri pensieri di vita. Un lavoro a cui forse non sono molto legato è POLTERGEIST-DEMONIACHE PRESENZE. Sono rimasto diverse volte senza voce perché era un film tutto urlato.

Che cos’è per te la VOCE, Giorgio?
La voce è la parola dell’anima.

Ti piace la tua voce?
Ti devo dire la verità, non ci penso molto. La mia voce, quella con cui ti sto parlando, è la voce di Giorgio, è la mia, sono io. Quindi il parere su questa voce lo lascio agli altri! La mia voce in sala è attaccata al personaggio, quindi c’è parte di me, non tutto.

Che cosa ammiri nelle donne e che cosa negli uomini?
Nelle donne lo sguardo, gli occhi. E il sorriso, quando lo sguardo lo consente. Negli uomini il portamento, che è sinonimo di fascino, non tanto di bellezza.

Mi hai preceduto.
Che cos’è per te la BELLEZZA?

La bellezza è un attimo, è legata a quel momento lì. Puoi essere bello per un attimo e brutto per tutta la vita.

Che cos’è per te la Gelosia? Lo chiedo spesso alle donne perché credo sia un sentimento molto più accentuato, diciamo. Ma è un sentimento umano e quindi voglio sentire sulla pelle di un uomo come si vive la gelosia, se c’è. Certo che c’è.
L’ho provata in termini lievi ma anche forti. E’ una malattia quando è troppa e fa venir fuori la paura e l’insicurezza. Se non esiste, il sentimento sfocia nell’indifferenza. La gelosia è come il pepe in cucina: Se è troppa, copre il gusto, ti fa male. Se non c’è, manca qualcosa, quel qualcosa in più!

La ricetta del Buon Vivere ce l’hai?
Essere centrati. E l’entusiasmo, anche e soprattutto nei momenti difficili, perché ti aiuta a superarli.

Di che cosa non puoi fare a meno?
Di mio figlio.

La tua bravura e la consapevolezza del tuo talento. Che cosa mi dici?
Che mi tiene vivo il desiderio di migliorare sempre, di non sentirmi mai “arrivato”, di avere sempre fame di crescere. Faccio questo mestiere da tanto tempo e, se non avessi questo desiderio di crescita continuo, non potrei più farlo perché mi sentirei spento e si perderebbe l’essenza, cioè l’emotività, la passione.


Sei esattamente dove vorresti essere?

Adesso Si.

Sei “vittima” del tuo talento nella tua routine?
Io la routine la combatto sempre, ogni giorno, con la passione e il desiderio di cui parlavamo prima. Devo sempre cercare, creare. La popolarità va equilibrata: non bisogna esaltarsi quando c’è, e non bisogna deprimersi quando manca.

ll tuo pregio e il tuo difetto.
L’essere troppo buono, per entrambe le domande.
Diventa un difetto non tanto per me o per l’uso che ne fanno gli altri…quanto per l’abuso.

Il tuo rapporto con la Politica? Ti fa arrabbiare?
Dovrei interessarmene di più, ma mi annoia. Arrabbiarmi? No. Il disinteresse è ancora peggio, più forte della rabbia.

Siamo nella mia Coffee Room, quindi la domanda è d’obbligo: ti piace il caffè?  Moltissimo.

Hai un tuo caffè?
Quello che mi preparo la mattina a casa.

Giorgio, nell’ultima domanda c’è tutto il mio GRAZIE. Io non faccio questo di mestiere…io scrivo per passione, mi manca tutta la parte di formazione che mi renderebbe una professionista, anche nell’intervistare. Perché hai accettato questa intervista così anomala?
Perché credevo di aver capito, e ne ho avuto la conferma, che tu non fossi una persona banale.

Che cosa ti posso dire. Che hai interpretato ruoli fantastici…che l’Attimo Fuggente è un po’ il motore della mia vita, che mi fa salire sui banchi, anche con la mente, e afferrare tutto ciò che sta correndo nella direzione in cui vorrei andare.
Ma sii orgoglioso anche di quel piccolo ruolo di cartone che ha acceso in me tutto l’amore per un mondo meraviglioso che è quello della voce.
Le parole sono solo lettere. Se pronunciate senza cuore, anima, senza vita, sono solo suoni.
Ma dietro la tua voce e di alcuni tuoi colleghi, c’è un mondo intero.
Il tuo è un sorriso che parla.

Non stirarti i capelli, Bridget!

05 lunedì Gen 2015

Posted by Donna Abelarda in Coffee of the day

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Non ha bisogno di presentazioni.

E’ Lei.

Una trentenne inglese che trova il suo posto nel mondo, NONOSTANTE tutto.
Bastano due capitoli per far esclamare ad ogni donna su questa terra, almeno una volta nella vita, Io sono Bridget Jones!

I chiletti di troppo, quell’aria stralunata, i mutandoni pancia-piatta, l’essere impacciate, l’incappare, più o meno consapevolmente, in relazioni sbagliate, l’incappare, più o meno consapevolmente, nell’uomo della propria vita, una banda di amici pazzi, una famiglia strampalata, il rapporto di amore-odio con il cibo, il salto di carriera, la gelosia delle altre donne, la rivalità, la sconfitta, il trionfo, il finale da film, la zuppa di spaghi, blu.

Ognuna di noi, per uno o più ingredienti, racchiude in sé quella Bridget, anche se ogni volta, cerchiamo di travestirla da qualche altra cosa.

Beh, io credo che questa semplice commedia romantica con il trionfo dello “strano” sul convenzionale voglia dire molto alle donne.

Credo che voglia dire alle donne impacciate che non importa quanto siate impacciate: c’è un Mark che vi amerà così, là fuori, PROPRIO perché siete così.
Credo che voglia dire alle donne strette nei tubini neri che per quanto siate perfette, ci sarà sempre un Mark, là fuori, che vi ammirerà: Oh si, vi guarderà a lungo, vi scruterà, decanterà la vostra eleganza davanti al mondo. Ma poi, quando vi sarete sedute, dietro di voi, a rovesciarsi lo spumante sul vestito tirato a lucido, resterà silente, per un solo lunghissimo minuto. C’è sempre una Bridget dietro di voi, pronta a distruggere tutti i vostri tacchi a spillo.

Credo che voglia dire un po’ a tutti, senza tirarla troppo per le lunghe, che è bello essere ciascuno nella propria dimensione.
Ognuno di noi trova la sua strada, sempre, NONOSTANTE TUTTO.
E la troveranno anche le stupende donne ingessate nel tubino nero: la troveranno quel giorno in cui avranno la congiuntivite ed usciranno con i capelli arruffati a gettare l’immondizia.
Sarà allora che Mark passerà con la macchina e si fermerà, catturato da quella straordinaria aria buffa di quella strana ragazza che si è mostrata al mondo vestita solo di se stessa.

Dedicato a tutte le donne.
A quelle innamorate.
A quelle che non lo sanno.
A quelle che lo nascondono.
A quelle che dalla pancia tirano fuori il coraggio con un filo di voce.
A quelle che lo gridano oltre l’oceano.
A quelle che ci hanno sempre creduto.
A quelle che non ci credono più.

Ed un grazie speciale va a lei, a Giuppy, che ha reso Bridget quella che è:
una dolcezza arruffata, un sole spettinato, una morbidezza ferita.

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