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~ La vita è come il caffè: puoi metterci tutto lo zucchero che vuoi, ma se lo vuoi far diventare dolce, devi girare il cucchiaino. A stare fermi non succede niente.

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Archivi Mensili: ottobre 2014

La dolcezza della consapevolezza. Antonella Mariotti.

30 giovedì Ott 2014

Posted by Donna Abelarda in About YOU - Le mie interviste

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Oggi il caffè lo beviamo con Antonella Mariotti!

Perché sei una bellissima persona. 
Benvenuta.

Gli ingredienti per un buon giornalismo.
La verità sempre, o almeno ci si deve provare ad avvicinarsi alla verità dei fatti.
Poi è ovvio che ognuno di noi ha una visione particolare delle cose che accadono, l’importante è mantenere la propria onestà intellettuale.
Poi la ricerca. Mai fermarsi alle prime cose che si vedono, spesso quello che si percepisce con gli occhi di deve poi analizzare con il pensiero.


Di che cosa è fatta la cattiva informazione?
Ci può essere di tutto, opinioni non richieste, falso, trasfigurazione dei fatti o fatti raccontati per proprio interesse.


I social hanno distrutto o potenziato l’informazione?
Come ha detto uno dei nostri capi redattori web Marco Bardazzi: è come un barbecue, i giornalisti portano le bistecche i social network le salse per renderle più gustose…. Importante sempre verificare, verificare, verificare.
La Rete non è la verità assoluta, ma solo una rappresentazione o diverse rappresentazioni dei fatti visti da persone diverse, con opinioni diverse


Nel tuo lavoro, la competizione è tra donne, come nella vita, oppure è forte
con la parte maschile di questo mestiere?
Parlo per esperienza personale: con le donne mi sono sempre trovata benissimo, con gli uomini no. Con gli uomini sono spesso entrata in competizione, cioè diciamo che loro sono entrati in competizione con me, nel senso che non è mai partita da me “l’iniziativa”…

Una persona che, lavorativamente, ti porti nel cuore.
Intanto tutti i miei amici e colleghi di Quinta Rete, una tv provata, con i quali ho iniziato quando avevo 23 anni.
Ci vediamo ancora ogni tanto tutti insieme, un’amicizia che dura nel tempo e che mi rende sempre felice.
E poi un mio caro amico che non c’è più, un vice prefetto che  poi diventò prefetto, si chiamava Enzo Macrì, mi è stato vicino in momenti professionalmente difficili, mi ha aiutato a capire alcuni ambienti spesso difficili per le donne.

Il tuo rapporto con la politica.
Cerco di capire. Non è facile adesso soprattutto al momento del voto.
Per quanto riguarda il lavoro non mi occupo di temi legati alla politica e di questi tempi non so se è una fortuna o una sfortuna…

Ti senti gratificata dal tuo lavoro?
Sì molto. E’ sempre stata la mia grande passione fin da piccolissima.
Mi racconta mia madre che neanche sapevo ancora scrivere e per disegnare sceglievo sempre le pagine dei giornali, ricopiavo i titoli, tanto che in prima elementare sapevo già scrivere ma a modio mio.
Le maestre hanno dovuto faticare non poco.

Qual è la tv che guardi?
Le tv con le news e tutte quelle che trasmettono gialli: i miei primi incarichi da giornalista sono stati la cronaca nera e giudiziaria.

I grandi temi: che cosa ne pensi tu?
IMMIGRAZIONE.
Imprescindibile, dobbiamo semplicemente cercare di accogliere nel modo migliore possibile

FECONDAZIONE ARTIFICIALE.
Perché no? Chi vuole diventare genitore ha il diritto di farlo, certo eviterei di scegliere i figli come al supermercato.
Non sono d’accordo su quelli che vogliono scegliere il colore degli occhi, dei capelli ecc…

GLI ANIMALISTI.
Questo è uno dei miei temi come tu sai.
Come in tutti i campi ci sono buoni e cattivi. Allora sta all’esperienza cercare di capire se sono esaltati o meno.

DOCCE GELATE. RICERCA. SLA.
Se servono a raccogliere fondi perché no? Tutto quello che è necessario per raccogliere finanziamenti per la ricerca va bene.


LA DONNA E IL MONDO DEL LAVORO. LE QUOTE ROSA. LA PARITA’.
Oddio le quote rosa mi sembrano un ghetto, ma donne con più esperienza di me mi dicono che sono ancora necessarie.


Che cosa ammiri nelle donne e che cosa negli uomini.
Nelle donne il multitasking in questo momento sto rispondendo a te e a una collega che mi chiede come mettere un pezzo online… per dire.
Negli uomini? Fammi pensare……… no dai scherzo.
Alcuni uomini sono grandi uomini, altri sono molto piccoli. Nei grandi uomini ammiro il fatto che cercano di passare per piccoli.

Che cos’è la gelosia.
Insicurezza.


Che cos’è la bellezza.
La gioia, quando una persona è contenta e felice è bellissima.

La tua ricetta del buon vivere.
L’ironia. Mai prendersi troppo sul serio.

Sei esattamente dove vorresti essere?
Non proprio, io adoro il mare e un giorno è là che andrò a vivere.

Ti piace il caffè? Siamo in una Coffee Room… 🙂
Non potrei vivere senza.
A ogni dietologo che ho incontrato sui miei passi, e sono stati tanti, ho sempre detto “mi tolga tutto ma non il caffè”.


L’ultima domanda racchiude in sé un ringraziamento. Perché ti sei messa nelle mani di qualcuno che non fa questo di mestiere? Proprio tu, una giornalista!
🙂
Ah non sei una giornalista? Non me ne ero mica accorta…..;-)

Antonella è una persona dolcissima.
Una donna che ti abbraccia e ne senti l’essenza di bontà, di gioia, di affetto.
E’ una donna sicura, preparata, ma “tradita” dalla sua espressione buona… 🙂
Dal nostro primo incontro, credo si siano piantati i semi di un’amicizia.
Come hanno fatto ad attecchire? Io stimo poche persone, purtroppo, o per fortuna.
Ma quando lo faccio, è un sentimento totale.
E’ la persona da cui mi farei intervistare, un giorno, se mai capiterà.

Senza niente in mano.

30 giovedì Ott 2014

Posted by Donna Abelarda in Società & Attualità

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Voglio dare un abbraccio a Brittany e a tutte le Brittany del mondo.

Per chi le capirà.
Per chi, come me, ci prova ma non riesce a farlo.
Per chi le perdonerà.
Per chi le ha già condannate.
Per chi ha la loro forza.
Per chi ha solo la disperazione.

Forza Brittany.
Non so perché e non so nemmeno se sia giusto…ma io spero ancora che tu possa, una volta giunta davanti a quella porta, guardarla e non aprirla.
Voltarti indietro e ritrovarti nei sorrisi di coloro che ti amano.
Non posso pensare a te, Brittany, come ad una luce che, pur sapendo di doversi spegnere, lo farà da sola.
E vorrei dirti di non farlo, ma te lo dico con la mia paura, non con la tua.

Brittany provaci.
Prova ad affrontarlo questo male orribile, ma non così.
Prova a non scrivere tu la fine.
Ti chiedo scusa se ti dico questo.
Io non posso violare il tuo diritto alla vita.
Ma vorrei che questi due giorni per te avessero una luce nuova.
E’ la mia stupida speranza incosciente che parla, senza ragioni, senza scienza.
Sono senza niente Brittany, di fronte a questo.
Ma mi fa paura accettare la tua scelta.

Il destino o come dannatamente si chiami, non può distruggere anche la speranza.
Vorrei dirti delle certezze, vorrei darti delle certezze.
Ma in mano non ho nulla, se non un fazzoletto e due lacrime.
Troppo poco, forse.

Forza Brittany, qualunque strada tu decida di intraprendere.

La forza della vita

30 giovedì Ott 2014

Posted by Donna Abelarda in Società & Attualità

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Vorrei dedicare questo articolo a tutti.
A chi è malato, a chi non lo è, a chi accudisce un malato, a chi li scansa con paura.
A chi si batte, ogni giorno, per i diritti dell’uomo, per la dignità.
A chi, con il suo intelletto, progetta strumenti tecnologicamente avanzati per permettere a chi sta perdendo tutto di non perdere la speranza, la forza per andare avanti, NONOSTANTE tutto.

Sono molto vicina a questo tema, con o senza docce gelate.
Perché non possiamo girarci dall’altra parte e fare finta di nulla.
C’è un silenzio assordante, un urlo silenzioso che ci sta chiamando.
E ci sta dicendo che c’è tutto un mondo dietro una sigla.
La forza della vita non conosce ostacoli.

Una stanza che pare un ufficio.
Non il rumore di una macchinetta del caffè in sottofondo, ma quello di una macchina dell’ossigeno.
Il protagonista di oggi è S. che lavora a casa ormai due anni.
Libero professionista?
No.
E’ malato di Sla.
E’ immobile tutto il suo corpo.
Solo le sue pupille son state risparmiate. E la sua mente, lucidissima.

S. svolge il suo lavoro sfruttando le capacità del computer che gli permette di cliccare su una tastiera con il solo movimento degli occhi.
E un sintetizzatore vocale gli permette di continuare a parlare, a scrivere e mail, ad inviare documenti.
S. ha tutto quello che gli serve, pur non avendo quasi nulla.
Lavorare lo gratifica e lo aiuta a dimenticare di avere una malattia che, impietosa, sta provando ad isolarlo da se stesso e dal mondo.

Ad aiutarlo, giorno dopo giorno, c’è la sua forza di volontà, il suo amore per la vita e l’amore della sua mamma che non lo abbandona mai, che percepisce dal solo respiro i suoi stati d’animo, senza bisogno che le venga detto nulla.
Ma è una mamma, come potrebbe essere diversamente.

Quello che S. ci urla, con un urlo assordante che ti entra dentro, come un pugno, è che «Un malato di Sla può essere ancora molto utile alla società, non deve essere considerato un peso».

Come il ferro in disuso arrugginisce, così l’inazione sciupa il cervello.

29 mercoledì Ott 2014

Posted by Donna Abelarda in Coffee of the day

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Oggi prendo un caffè con Leonardo Da Vinci, un uomo, un genio, che avrei voluto incontrare, ma che in fondo, incontro ogni volta che mi pongo un quesito, che imparo qualcosa, che insegno qualcosa.

“Come il ferro in disuso arrugginisce, così l’inazione sciupa il cervello“.

Semplice, ma con un universo dentro, da scoprire.
Ed è quello che scopriamo noi, sulla nostra pelle, giorno per giorno.
Il cervello, come il corpo, va nutrito, curato, allenato.

Il nostro cervello siamo noi.
Un corpo senza consapevolezza di sé, non sa di esistere.
E quella consapevolezza, anche quella che chiamiamo cuore, è il nostro cervello.
I ricordi, le sensazioni, le emozioni di un profumo e di un contatto, partono da lì, dal nostro cervello.
E dobbiamo rispettarlo, curarlo, coccolarlo, perché è grazie a lui se ciò che ci dà gioia e dolore esiste. E’ grazie a lui se possiamo capire e non capire, se possiamo tradurre in pensiero, se possiamo fotografare nella mente, se possiamo parlare, esprimerci, urlare o tacere.
Il nostro corpo è il nostro cervello.
Una mano, senza i suoi stimoli, non esiste.
Niente di noi esiste senza questa nostra parte irrinunciabile, di cui ancora poco sappiamo.
Ci fa sognare, ci fa pescare improbabili volti nei cassetti del nostro inconscio.
Ci fa avere paura, e ci dà anche il coraggio per affrontarla.
Ci fa dire SI o chiudere con un secco NO.
E’ lapsus e ragionamento, è cuore e ragione.
E’ tutto in una cosa sola.

Il nostro contesto socio-culturale, la nostra educazione, comportamentale e scolastica, i nostri incontri, ci rendono quello che siamo.

Arricchiamoci ogni giorno: un libro, una chiacchierata, una passeggiata, un buon cibo e un abbraccio. Pensiamo a ciò che facciamo.
Viviamo, non lasciamoci vivere.
Pensiamo, chiediamo, ascoltiamo, appuntiamo.
Il nostro cervello è tutto questo, è la nostra vita.

Quando ci sveglieremo domani, questi piccoli gesti saranno quelli che ci faranno sentire NOI.

Le mani sporche.

29 mercoledì Ott 2014

Posted by Donna Abelarda in Società & Attualità

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Casa nostra.
Casa nostra è il nostro nido, il nostro specchio, il nostro IO che si fa materiale.
E’ il nostro IO nel colore del divano, nel modo di apparecchiare e di disporre le tazze nella credenza.
E’ il nostro disordine ordinato, il nostro caos organizzato.
Ci sono le nostre serate d’inverno e le merende d’estate.
C’è la nostra cucina impacciata e i ci sono i panni stesi.

Gli occhiali lasciati al solito posto, le caramelle mai finite da Pasqua, il vestito appena ritirato dalla tintoria.

Ci sono le pantofole ai piedi del letto e il pigiama sotto il cuscino.
La caffettiera è sul fuoco e la lavastoviglie a mezzo carico.
C’è il cappotto appeso e le scarpe del calcetto sono fuori in balcone.

I fiori nel vaso della nonna sono coloratissimi e nel primo cassetto del comodino la sua foto, custodita con accanto il filo di perle, finte, che lei metteva sempre la domenica.

In bagno la bacinella con i panni da lavare e lo spazzolino ancora umido.

Il porcellino ha 35 euro e le cinquecento lire come porta fortuna…non si sa mai.

Quanti di voi non hanno chiuso la porta, stamattina, non facendo caso a tutte queste piccole cose che sono la nostra vita.
Le abbiamo lì, nostre, ad aspettarci, così come le abbiamo lasciate.

Ecco, immaginatevi che, chiusa la porta per andare a lavorare, qualcuno si introduca nel vostro nido e ne disponga a modo proprio.
Le mani sui completini dei vostri piccoli, i cassetti alla rinfusa, cercando qualcosa che magari non c’è.
E poi lì, nel barattolo del caffè, in fondo all’armadio, nascosto anche ai nostri occhi, quasi a volerlo proteggere anche da noi stessi, i soldi risparmiati, quelli per pagare le bollette.
Lo trovano quel barattolo di caffè, sempre.
Perché chi fa questo per vivere, chi lo fa con maestrìa, è come se entrasse nella tua testa quando entra in casa tua.
Ripercorre i tuoi passi, tocca i vestiti più caldi, si prende, per quell’ora, la tua vita tra le sue sporche mani.
Sono mani sporche di violenza, di valori dannati, di non rispetto.
E quando rientri, senti già dall’odore che qualcuno è entrato nel tuo mondo, per distruggertelo.
E poi, con la lucidità, sei tu a ripercorrere i suoi passi. E ad ogni passo, fai la conta dei pezzi della tua vita che non ci sono più, uno dopo l’altro.
Pezzi a cui non pensavi da mesi, che tenevi al sicuro.
Che credevi fossero al sicuro.
Quando esco dal mio nido, non dovrei pensare a come nasconderlo, a come proteggerlo.
Con quelle due mandate di chiave, il mio mondo DEVE essere al sicuro.
Non può non essere così.
E se non posso proteggermi da solo, pretendo che qualcuno di più forte faccia questo per me.

Atmosfere francesi…Sabrina Paravicini.

29 mercoledì Ott 2014

Posted by Donna Abelarda in About YOU - Le mie interviste

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Oggi il caffè lo beviamo con Sabrina Paravicini!

Prima di tutto, una donna bellissima nel senso pieno di bellezza: non gli occhi, ma lo sguardo; non la bocca, ma il sorriso.
E poi un fascino, una grazia, una garbatezza, un’educazione, una leggerezza di voce che te la portano nella Coffee Room quasi come un dovere.
Un esempio di donna e mamma difficile da trovare in senso così completo nella sua giovinezza.

Sabrina, benvenuta.
Tu sei tante cose: attrice, regista, scrittrice, sceneggiatrice.
Quale ruolo ti sta più comodo?
In questo momento della mia vita quello dell’attrice, sicuramente.
Sento l’esigenza di farlo in modo prioritario.


Lavorativamente, una persona che porti nel cuore.

Molto più che lavorativamente: lo porto nel cuore con tanto affetto, come una persona di famiglia.
E’ Maurizio Michetti, il mio maestro.
Con lui il mio primo film nel 1992 e da lì è stato molto presente nel mio percorso. E’ stata la prima persona a cui ho consegnato il copione di quello che sarebbe diventato il mio primo romanzo. Una persona straordinaria.

Che cos’è per te la Bellezza e che rapporto hai con lei?
Mi piace l’accezione di bellezza di Peppino Impastato. Mi piace vedere le cose belle, circondarmene. Spesso non si sa cogliere questa bellezza, non la si vede. Ci si accontenta di visioni brutte di fronte a sé. Non la intendo come un lusso, come un privilegio. La bellezza oggettiva è sotto gli occhi di tutti.
Ti cito una frase che mi è tornata alla mente in questi giorni. Me la disse un ragazzo tanto tempo fa, forse con l’intenzione di essere cattivo, ma racchiude in sé il mio senso di bellezza: “Sabrina tu sei bella, molto, Ma non è questo il punto”.
Ecco, è questo il punto. Il punto è quello che è intorno.
A me piacerebbe essere una bellezza di secondo sguardo, quello che va oltre i tratti fisici.

Le donne. Nel cinema, in televisione. Il tuo rapporto con le donne.
In generale amo molto le donne. C’è molta empatia, molto rispetto nel relazionarmi con altre donne. Mi piace il bello delle donne. La televisione di oggi, ma torniamo anche pure indietro nel tempo, rovina questa immagine bella delle donne, ne distoglie l’attenzione dalla loro profondità. Spesso rovina anche i rapporti tra le donne stesse: innesca dei meccanismi di rivalità e alle ragazze che stanno crescendo offre un modello di crescita sbagliato. Pensiamo anche solo al Drive In degli anni Ottanta: una donna maggiorata, spogliata, muta.
Oggi l’unica evoluzione che vedo è almeno nella parola: non c’è solo una donna esibita. Ma, comunque, non mi piace questo modello di donna che ci viene proposto, è una visione molto italiana. Mi piace molto la donna dei film francesi: non bellissima ma fascinosa, carismatica. In questo senso, mi sento più legata ad atmosfere di altri paesi nella rappresentazione della donna, in tv o al cinema.

La gelosia.
Lo sono. Perdo la testa, sono molto “sudista” in questo!
Scherzi a parte…io pretendo quello che do. Io do esclusività e quindi la pretendo. Io do rispetto e, di conseguenza, lo pretendo.
L’amore.
In amore sono molto “Sturm und Drang”! Sono forte, passionale.
Sono molto amorosa.

La politica.
Ci ho rinunciato a capire il mio rapporto con la politica.
Prima nella politica vedevo un po’ più di coerenza: lo “schieramento” era netto. O qui, o lì. Oggi invece ho la sensazione del “tutti amici”: credo che l’obiettivo comune del politico, dovute eccezioni a parte, sia quello di fare i propri interessi, di far vedere fuori non ciò che accaduto dentro, in Parlamento.

La tua maternità.
Io sono completamente dedita a questo ruolo.
Ho massima fiducia in mio figlio, ne sono complice. Ho tantissimo rispetto per lui. La mia formula non ricalca i vecchi schemi dei genitori, presi in prestito a loro volta dai loro genitori e così indietro. Spesso si sottovaluta l’impatto che una frase, un’espressione, un tono di voce ha sui propri figli. Le parole feriscono i figli più di quanto non si pensi. E’ un grande sforzo questo, perché non ci si rifugia appunto in modelli prestabiliti.
L’educazione non è nel mònito, ma nell’esempio che dai.

Le docce gelate.
Un grande atto di egocentrismo.
All’avvento dei primi temporali, addio doccia gelata. Non occorre scherzare per parlare di un argomento serio e delicato come quello della malattia. Fino a qualche mese fa i malati di Sla protestavano per chiedere di essere ascoltati, per chiedere delle indennità che non avevano. La doccia gelata non è stata una novità.
Di Sla se ne parlava, e anche tanto. E’ che noi non abbiamo memoria. Non abbiamo coerenza. Certi media alimentano ciò che vogliono per poi sgonfiarlo in una bolla di sapone. Ma un italiano di cultura medio-bassa non ha gli strumenti per difendersi da questo tipo di informazione e quindi la subisce passivamente, così com’è: non la sa reggere, filtrare, superare.

E il rapporto con la maternità assistita, intesa come fecondazione artificiale, in tutte le sue forme?
Mi è molto difficile giudicare e non voglio farlo. Io sono una mamma che ha avuto il proprio figlio in maniera “naturale”, quindi mi è difficile parlarne.
Io penso che chi desideri una maternità (o paternità) e non può raggiungerla in modo “naturale”, è giusto che non se la veda negata.
Tutti per me hanno questo diritto. Forse l’unico caso che un po’ mi verrebbe da “sconsigliare” è il raggiungimento della maternità (o paternità) ad un’età che non concederebbe il tempo sufficiente per prendersi cura del proprio figlio.
Forse sarebbero meglio le adozioni di ragazzi già grandi, quando anche i genitori lo sono.

Supermarket porno. Il tuo romanzo. Uno psichiatra che vive il dolore dei pazienti logorati dalla solitudine. Il rapporto controverso con sua madre. Affronti con un linguaggio crudo, diretto, esplicito, dei temi importanti. L’oscenità delle situazioni, delle parole, di ispirazione Pasoliniana, viene urlata per prendere volutamente a schiaffi l’anima del lettore. La maschera dietro cui si nasconde l’incapacità di abbandonarsi alla verità, all’amore, di ispirazione Pirandelliana. Le dipendenze, in questo libro, si travestono da trasgressioni, celando dolore e una mancanza, incolmabile, di protezione affettiva. Le dipendenze sessuali rappresentano mancanza di autostima, anestetizzano una solitudine attraverso una deviazione.
Esiste la trasgressione, Sabrina, tema conduttore di questo tuo scritto? Il tema della maschera? Anche questo è un filo conduttore della storia.
A dodici anni mi sono innamorata di Pirandello e il tema della maschera l’ho sempre portato con me. La trasgressione, in tutto, è sempre un qualcosa di consapevole. Anche nel cibo, sai che stai trasgredendo per riempire un vuoto. E quel vuoto è quasi sempre un vuoto affettivo. La trasgressione non è un gioco. Anche nel sesso, soprattutto nel sesso.
L’incontro di due corpi, uno dentro all’altro, non è un gioco, uno scherzo. Nessuno può definire la “normalità” in senso assoluto, ma ci sono delle linee principali entro cui muoversi. E quando si vuole colmare un vuoto, trasgredendo, inevitabilmente si esce da queste linee. Dietro una vita quotidiana comune apparente, spesso si celano situazioni molto forti. La madre di Sean che si accompagna a dei ragazzini sembra la più trasgressiva. Ma non lo fa per una esigenza fisica fine a se stessa. Vive in una grande solitudine, con un marito che non c’è più: vive in un vuoto assoluto e non accetta di invecchiare.
In alcune pellicole che vediamo in certi periodi particolari dell’anno, per esempio, anche il tradimento della moglie o del marito è giustificato nella trama del gioco. Ma non lo è. Alcuni dei nostri stessi rappresentanti dello Stato, ci offrono dei modelli privi di rigore, privi di quelle linee principali. Stiamo galleggiando in qualcosa di brutto senza rendercene conto. Sono molto pessimista in questo, anche se non è nella mia natura esserlo.

Di che cosa hai paura e di che cosa vai fiera.
La paura che ho è quella di non essere abbastanza presente per i miei cari: presenza intesa come capacità, fisica e mentale, di sostenerli.
Non sono fiera di qualcosa in particolare. La cosa di cui vado fiera è di essere rimasta sempre me stessa, alla ragazza che ero a 18 anni, fedele ai miei valori.
Sono fiera dell’immagine che vedo quando mi guardo alla specchio al mattino, fiera dei traguardi che ho raggiunto con le mie forze.

Che cosa ammiri nelle donne e che cosa negli uomini.
Delle donne ammiro la loro capacità di comprensione, la generosità, la dolcezza, l’entusiasmo.
Degli uomini, quando c’è, la lucidità, la loro determinazione, la consapevolezza e la percezione di sé. Non mi piace l’incoscienza, la confusione.
Ma più in generale, nell’essere umano, mi piace la serietà.

Sei esattamente dove vorresti essere, Sabrina?
No! Direi di no!
Vorrei essere a Parigi, per esempio!
Non ho ancora avuto il coraggio di partire, ma non è troppo tardi per farlo.

Siamo in una Coffee Room, la stanza del caffè.
Ti piace il caffè?
Moltissimo, lo adoro! Ne sono quasi drogata!

L’ultima domanda non è un’autocelebrazione, ma un ringraziamento: per te stessa, per il tempo che mi hai dedicato, per la dolcezza con cui mi hai consegnato questo ritratto di te. Perché hai accettato questa intervista da questa “sconosciuta”? 🙂
Perché sono istintiva. Istintivamente scelgo che cosa fare e che cosa non fare. E l’istinto, quasi sempre, mi dà ragione. Non ci ho pensato troppo su! Ho visto il tuo blog, quello che scrivi, c’era il caffè… 🙂
E poi, quando ti ho sentita, ho capito che avevo fatto la scelta giusta. Mi piace come ti poni, in modo delicato, sei una bella persona.

E io che cosa posso aggiungere. Un grazie, che sembra poco, ma racchiude tanto. Una bellissima donna in tutte le accezioni di bello.
Una mamma che cresce suo figlio col coraggio di “innovare”, di essere complice, una mamma attenta a non ferire per leggerezza di espressione.
E poi, un’artista delicata e preparata.
Non amo molto la Francia, io. Ma invidio a questo paese la sensazione che evoca: di profumo, freschezza, bellezza nei dettagli e nella semplicità. Ecco, tu sei questo lato bello della Francia!

Un mondo in una tazzina.

28 martedì Ott 2014

Posted by Donna Abelarda in Coffee of the day

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A chi ha inventato il CAFFE’ e la nostra cultura del caffè, un GRAZIE.

Che sia Moka, Cialda, o espresso bar.
Lungo, ristretto, amaro, decaffeinato.
In tazza grande o in tazza piccola.
Classico o Americano.

Quei cinque minuti di caffè possono diventare un’eternità.

Tutto può nascere da un semplice “Ci prendiamo un caffè?”
Un Amore, un’ Amicizia, una Collaborazione, una Passione, una Discussione, un Rapporto di lavoro.
Nascono notti insonni per preparare un esame, per riscrivere mille volte una tesi, per cercare una scusa, per provare a spiegare, per cercare un’idea, quell’idea, quella giusta, quella della svolta.

Il caffè ci fa compagnia, è quell’amico che ci consola, mai invadente, che ci dà forza, ci dà coraggio e scuote un po’ quella eterna timidezza.
Lo respiri, è dentro di te, da quando te lo prepari a quando lo assapori.

C’è un mondo e una vita intera in quella tazzina.

Io ci ho fatto una stanza intorno.
E ogni giorno che passa, ci sono miscele nuove, nuovi sapori, nuovi aromi.

C’è tutto un mondo, una ricchezza, dentro questa apparente semplicità.

 

Lacrime di coccodrillo…vegano! Parte seconda

28 martedì Ott 2014

Posted by Donna Abelarda in Società & Attualità

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Ripropongo, adattato, rivisitato e corretto, il mio grande successo “Lacrime di Coccodrillo…Vegano“.
Le magie della tecnologia lo hanno polverizzato dal blog e io, con tanto caffè e senno di poi, ve lo ripropongo. 🙂

Tempo fa ero con un’amica a bere un caffettino.
Eravamo ragazzine, ai primi passi nel mondo reale.
Al momento di ordinare, io propongo il mio classico del male: caffè ristretto schiumato…e, siccome dico no a zuccheri a carboidrati, un pasticcino alla crema.
Lei ordina un cappuccino e un cannolo alla crema.

Tra un sorso e un morso, si finisce a parlar di cibo.
Cosa cucini tu, cosa cucino io…
La mia dieta cerca di essere abbastanza varia, non avariata.
C’è della pasta, della carne, del pesce, della verdura e, ogni tanto, qualche strappo alla regola, e ai pantaloni.

Faccio anche una premessa: quando sono in auto, faccio quasi più caso a non investire i piccioni che non le tettone sul tacco 15. Mi piacciono gli animali, li rispetto, anche se non ne possiedo. Quindi, questo fa di me una persona pseudo-nella-norma.

Nell’istante in cui si cade a parlar di prosciutto, ecco la rivelazione:
“Poverina te, che sei ancora attaccata a queste stupide esigenze di carne. Io ho dato una svolta alla mia vita. Sono una vegana convinta e severissima. Tu non hai idea di che cosa avvenga nel momento in cui viene ucciso un animale per farti da mangiare. Vuoi vedere un video?”

“No grazie”, rispondo io.
La discussione va avanti il tempo di un tris di primi, un bis di secondi, sei varietà di verdure pastellate, dolci, caffè e varie.
Io ascolto, perché nasco rispettosa, anche se non condivido tutto quello che attraversa le mie orecchie (e spesso dico per fortuna).
Ma all’ennesima “Tu sei praticamente un mostro!” dopo 3 ore 3 di comizio, delicatamente, non ci ho visto più.

“Scusami, cara. Ma il tuo CONVINTA appiccicata a VEGANA, ti ha fritto e pastellato il cervellino? Te stai a magnà più uova e latte che Nonna Papera. Hai una borsa di pelle di coccodrillo che la Lacoste sta per farti causa e le scarpe sono in pelle di daino nano…ma, esattamente, la tua convinzione, oltre che su Zalando, dove sta?”

La risposta ha dato a me tutte le certezze di cui avevo bisogno:
“Guarda che nel pasticcino mica che c’è la carne! Dovresti studiare un po’ meglio!
E poi, le scarpe e la borsa, si ottengono da animali ormai morti”.

Voi capite che non si può quadrare un cerchio.
E quindi, alzo le mani (non ho detto LE alzo le mani, malpensanti!).

Sono rimasta con il mio caffè e la mia crema a far compagnia alle mie quattro certezze, sconfitte, sull’evoluzione del genere umano.

La morale di questa favoletta, è semplice e al contempo complessa.
Si parte dal rispetto di tutti: delle culture, delle religioni, delle abitudini, delle credenze, delle scelte, anche in cucina.
Quando si sale in cattedra, accertarsi sempre di non aprire la bocca per dar fiato e per riempire un silenzio, magari sacrosanto.
In ultimo, ma non in ultimo, prima di abbracciare qualsiasi credo, in chiesa o in cucina, e dopo aver tacciato gli altri di essere dei mostri, accertiamoci SEMPRE di non averli addosso i nostri credo.

Grazie a chi la vita te la restituisce.

28 martedì Ott 2014

Posted by Donna Abelarda in Società & Attualità

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Vorrei dire grazie alla Tecnologia e alla Chirurgia.
A quella medica, a quella intelligente.
A quella estetica che restituisce un volto a chi l’aveva perso.
A quella che regala un suono a chi viveva nel silenzio più assordante.
A quella che regala un colore a chi viveva nel buio più freddo.
A quella che regala i passi a chi stava a guardare.
A quella che regala sorrisi a chi gioiva solo dentro, e oggi può fartelo vedere che sta ridendo, non solo intuire.
A quella che regala le braccia, le gambe e tutto ciò che ci fa sentire “normali”.

Grazie a quei medici, a quegli scienziati che, con il loro intelletto, regalano la vita, esattamente come fa una mamma.
Anzi, spesso loro, quella vita, te la restituiscono.

Un grazie e un incoraggiamento ad andare in questa direzione, ad investire nella Ricerca, nella Salute, nella tecnologia e nella scienza per la vita.

Le tette grosse e la buccia d’arancia possono aspettare.

Bisturi? Per aprire i surgelati.

28 martedì Ott 2014

Posted by Donna Abelarda in Società & Attualità

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Hanno quasi cinquant’anni una e un po’ più di sessanta l’altra.
I dettagli che le hanno rese e la rendono ancora oggi due tra le donne più belle al mondo, se isolati tra loro, griderebbero bisturi dal mattino alla sera, senza sosta.

Ma è ovvio che guadagni stellari, riflettori, fama, possano trasformare tutte le ranocchie in fantastiche principesse. O forse no. Non è così ovvio.

Io credo che l’eleganza ed il fascino siano innati, che non abbiano moneta di scambio.
Queste donne hanno visi apparentemente imperfetti, ma che al primo sguardo emanano luce.
E quella luce proviene dagli occhi, da dentro.
Al sorriso, ci si incanta, immobili, per un attimo.
Naturalezza, femminilità, fascino e pulizia sono gli aggettivi che mi vengono alla mente pensandole.
Sono mamme…un po’ di luce arriverà anche da quella dolcezza, credo. 🙂

Ma qui non stiamo facendo un elogio fine a se stesso a queste due donne straordinarie: stiamo riconoscendo loro, nonostante tutti i privilegi, una femminilità, una grazia e una seduzione INNATA, che non si può comprare e che non può invecchiare, sfiorire, appassire. Anzi. E’ la consapevolezza di sé, il proprio essere centrate che accresce, di giorno in giorno, questa innata leggerezza.

Non c’è volgarità, non ci sono trucchi che possano tradire la natura.
Ci sono naturalezza e grazia: è il trucco che si adatta al viso, e non viceversa.

Sono due donne che ammiro per la loro essenza, per la loro Bellezza in senso totale.
Questa, per me, è la femminilità.
Non è l’incoscienza dei vent’anni e nemmeno il tacco 16 dei trenta.
E’ quella consapevolezza di sé, quella luce che viene da dentro e non dai riflettori che hai puntati addosso.

Evviva le donne che ti fanno pensare che essere una donna, oggi, è bello.
A noi il bisturi serve solo per aprire le buste dei surgelati.

Ah, dimenticavo…stavo parlando di Julia Roberts e di Meryl Streep. 🙂

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