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~ La vita è come il caffè: puoi metterci tutto lo zucchero che vuoi, ma se lo vuoi far diventare dolce, devi girare il cucchiaino. A stare fermi non succede niente.

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Archivi Mensili: luglio 2014

Le ali di Icaro.

31 giovedì Lug 2014

Posted by Donna Abelarda in Coffee of the day

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Se cerco il significato di AMBIZIONE, Wikipedia mi propone due soluzioni, molto diverse tra loro, quasi antagoniste.
La prima è che l’AMBIZIONE è una forte pulsione (e volontà) di avere successo personale, potere, di sopravanzare gli altri negli affari, carriera, ricchezza.
La seconda invece, è che l’AMBIZIONE è il desiderio di migliorare la propria condizione psico-sociale, economica e culturale, attraverso dedizione e sacrifici, allo scopo di ottenerne dei meriti e di realizzarsi a livello personale.
Quest’ultima è quella che vorrei cucirmi addosso, quella che ha concepito e dato luce a questo mio progetto.
AMBIZIONE deriva dal latino ambitio, composto da ambi inteso come “tutte le direzioni”, e itum, participio passato del verbo eo che vuol dire andare; quindi il desiderio di voler andare dappertutto, inteso come “voglia di ottenere nuove cose”.
L’ambizione trova ispirazione nella curiosità, nella voglia di migliorarsi, nella voglia di sfidarsi, misurarsi con se stessi e con gli altri, con tanto rischio, a volte.
Ambizione è come amore: voglia di dare, fame di conoscenza degli altri, di confronto.
I nemici dell’ambizione sono invece il luogo comune, il pensiero medio, la paura, ancor prima di fallire, di poter fallire, il non avere sogni, la staticità, l’atrofia mentale, delle idee.
Una volta mi sarei accontentata, misurandomi ad gli occhi bassi con chi non ce l’aveva fatta. E mi sarei sentita appagata. Una volta essere ambiziosa avrebbe significato il non essere grata per ciò che avevo. E’ sbagliato, con in tasca la gratitudine, volerla scalare tutta quella montagna, iniziando senza nemmeno vederne la vetta?
No, non credo lo sia.
Chi vi tarpa le ali è perché non se le è distrutte le sue, ma avuto troppa poca voglia di costruirsele e vorrebbe legare a terra chi quel coraggio, col rischio di sfracellarsi al suolo, l’ha trovato.

Il sorriso dell’eleganza. Chiara Colizzi

31 giovedì Lug 2014

Posted by Donna Abelarda in About YOU - Le mie interviste

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Oggi il caffè lo beviamo con Chiara Colizzi.

Chiara Colizzi, attrice, doppiatrice e direttrice di doppiaggio. Figlia dell’attore e doppiatore Pino Colizzi e della doppiatrice Manuela Andrei.
Una Bellissima donna, una mamma, una professionista vera, con tutte le lettere maiuscole, non solo la prima!

Emana freschezza, dolcezza; i suoi colori sono un inno alla gioia. Ma è anche, lo posso dire per aver divorato quasi tutte le interviste che ho trovato, una donna “spessa”, una donna di qualità, orgogliosa e fiera.
E da donna posso dire: è davvero una bella figura a cui ispirarsi.
Questo vorrei fosse il tema del suo ritratto.

Quale di queste forme d’arte (attrice, doppiatrice e direttrice di doppiaggio), che per te sono un mestiere oltre che arte, appunto, incarna più il tuo modo di essere? L’attrice, in diretta in pasto al pubblico? Il doppiaggio, nel buio di una sala? Oppure il direttrice di doppiaggio, una vera e propria regista?
Mi sarebbe piaciuto essere una vera e propria regista, ho anche scritto una sceneggiatura, e mi piacerebbe avere il coraggio di dirigerla, prima o poi. Mi sento di dirti, a questo punto, che sono una vera e propria doppiatrice, che ama fare le cose bene nell’ombra. Anche se nella vita spesso mi do in pasto non a un pubblico ma alle persone che si relazionano con me.
Sempre meno andando avanti con gli anni.

Come per esempio nella famiglia Izzo, anche nella tua il dna non mente… 🙂
Quella del doppiaggio è stata una scelta “naturalmente obbligata”, una passione che inevitabilmente ti hanno trasmesso, una scelta consapevole maturata poco a poco, un destino?

È stata certamente una scelta maturata poco a poco, non una scelta naturalmente obbligata dalla famiglia, anzi, non credo che i miei genitori avessero pensato al mio futuro in questo mestiere.

Una persona che, lavorativamente parlando, porti nel cuore.
Ora me ne vengono in mente tante, ma quella che mi è venuta in mente quando letto per la prima volta la domanda è Wanda Tettoni.

Ti sei mai persa in uno dei tuoi personaggi, tanto da sentirti sopraffatta? C’è qualcuna di queste donne che ti è entrata dentro a tal punto da dare a te qualcosa di suo?
Mi è successo spesso di sentirmi sopraffatta dai personaggi che ho doppiato. Alcune volte in un modo talmente forte da ritrovarmi davanti allo specchio a non riconoscere quasi il mio viso, aspettandomi di vedere invece quello dell’attrice. Alcuni ruoli mi hanno coinvolta molto e, certo, mi hanno lasciato sicuramente qualcosa di loro quei personaggi.
Come avviene con i personaggi di un bel romanzo…

C’è mai stato invece un personaggio totalmente fuori dalle tue corde?
Forse sì, da un punto di vista morale. Qualche spietata assassina…
Però non mi viene in mente…quindi penso che non ci sia.
Del resto ci si confronta con personaggi, non persone.
E anche nel caso di film-biografici ho sempre doppiato donne che in qualche modo mi somigliavano.

Siamo in un’epoca di crisi, crisi dei valori, crisi di morale, crisi di etica e professionalità. Queste crepe, secondo me, vengono molto prima della crisi economica…anzi, le spalancano le porte.
In una tua intervista dici che ti è capitato di rifiutarti di prestare la tua voce, la tua professionalità, la tua anima e la tua qualità ad “attrici per caso” in produzioni, anche italiane, di basso profilo. E questo ti fa davvero ONORE.
In un’epoca in cui il lavoro te lo devi inventare, prendere con la forza, pretendere, masticare a volte come un boccone amaro, in cui sei quasi costretto ad accettare compromessi mentre la casta si mangia tutte le briciole che in un inverno sei riuscito a raggranellare con fatica, come si può non cedere? Esiste un modo, in un momento di crisi dei valori come questo (prima che in crisi economica, a mio parere, siamo in una crisi del genere umano), per dire NO? Secondo te è possibile non cadere in una prostituzione mentale? Vorrei da una professionista vera come Chiara Colizzi, un consiglio, un inno ai giovani, a quelli di buona volontà, a quelli che non vorrebbero mollare mai.

Ho sempre considerato importante il tempo. La nostra vera ricchezza.
Essere coinvolti in una lavorazione, o in un’attività che ci fa rimpiangere il tempo impiegato, che sarebbe potuto essere speso meglio, questo non dovrebbe mai accadere.
Poi, ognuno ha la sua coscienza e quello che va bene a me potrebbe non andare bene a un altro. Ma, in genere, chi scende a patti con la società, con l’etica professionale, è già sceso a patti con se stesso e con la sua dignità.

Che cosa ammiri nelle donne e cosa negli uomini?
Nelle donne ammiro la solidarietà femminile e il modo “bulimico” che abbiamo di raccontarci.
Negli uomini ammiro il senso di responsabilità. La fedeltà, la serietà.

Quando io guardo un prodotto televisivo, pur non essendo del mestiere, ho un “orecchio clinico”, mi sento molto esigente. Come nel mio lavoro do il massimo, lo pretendo anche. E in quel poco di televisione che mastico, lo esigo! Tu che sei una protagonista di cinema e televisione, hai lo stesso approccio quando sei spettatrice? Quando ti riascolti, se ti capita, sei critica verso te stessa? Ma soprattutto, nei confronti dei prodotti “lavorati” da altri, come ti poni? Riesci, davanti alla tv o al cinema, a staccarti da quella che è la tua professione, oppure ti porti il lavoro a casa? 🙂
Sono molto critica verso me stessa. Spesso mi promuovo, ma tante volte no. È difficile per me vedere un film e non pensare a come è stato doppiato. Però in genere nei primi minuti faccio un rapido esame e poi cerco di godermi lo spettacolo.
Amerei che tutto fosse fatto con il rispetto di se stessi e a regola d’arte.

Quando si parla di donne, da doppiare o da vivere, non si può non parlare di amore. Credi che l’amore sia il completamento di una donna?
Non lo so. No… Però è difficile pensare di farne a meno.

Sei molto bella, sei una mamma, sei una donna che lavora: mi dici che cosa è per te la bellezza? In te stessa e negli altri intendo. Tu hai un fascino che parla ancor prima della tua voce, spero tu ne sia consapevole.. 🙂
Potrei dirti che è una qualità morale, che è negli occhi di chi guarda….Per me la bellezza è armonia.
E quindi anch’io ogni tanto sono bella e ogni tanto no.

Ti piace il caffè? Il mio blog si chiama Coffee Room. Questa domanda è d’obbligo!
Mi piace il caffè, ma è un po’ che non lo bevo.

Perchè hai accettato questa intervista?
Perché, come Alice nel paese delle meraviglie, non dico mai di no!

L’emozione E’ voce.

30 mercoledì Lug 2014

Posted by Donna Abelarda in About YOU - Le mie interviste

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La voce è la colonna sonora della vita.

La recitazione non è solo un mero esercizio stilistico, ma un approfondimento dei propri sentimenti.

La sua vita è stata continuo mescolarsi tra il mestiere dell’attore e quello del vivere; ha creato gruppo in cui si mescolano sentimenti e professionalità, senza confine.

Ulisse si lega all’albero della nave non per resistere ai corpi delle sirene, ma al loro canto.
E’ la voce, quindi, il vero grande strumento della seduzione.

Una voce ipnotizza, convoca, sancisce.

E’ con il cuore, con i nervi, con il sangue, con i muscoli e con il cervello che si recita.
La voce è solo una conseguenza dell’impegno di tutte queste forze.

Era affascinato non solo dal significato oggettivo delle parole, ma soprattutto da quello melodico.
Una frase deve suonare bene, come una melodia.

Grazie per questo patrimonio immenso che ci hai donato e che rivive ogni giorno nelle tue figlie, nei tuoi nipoti e in tutti coloro a cui hai donato questa meravigliosa parte di te.

Un omaggio sincero.
Con stima, affetto e ammirazione pura.

Trip or Treat?

30 mercoledì Lug 2014

Posted by Donna Abelarda in Società & Attualità

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Tutti coloro che lavorano nel settore turistico e tutti coloro che hanno modo di viaggiare sanno bene cos’è Tripadvisor e conoscono il contenuto e le funzionalità di questo portale, che ad oggi conta oltre 20 milioni di recensioni, realizzate da viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo.
E’ uno strumento di indiscussa utilità che potrebbe, e sottolineo il condizionale, tenerci lontani da soggiorni/pranzi/cene da incubo. Perché si sa, un’azienda, alberghiera o di ristorazione, si mostra, come è logico, tirata a lucido su internet, sul proprio portale.
Ma qui casca l’asino. Come tutte le cose, trip Advisor è un’arma a doppio taglio: nel bene e nel male, non sapremo mai se quella particolare recensione è frutto di un’analisi obiettiva o se è di parte o, al contrario, offensiva a titolo gratuito.
Come nelle migliori soap-social-opera, dietro la “penna” può celarsi chiunque.
La valutazione offerta dal portale in oggetto è frutto della media di tutte le migliaia di recensioni che quell’attività ha collezionato, quindi diciamo che un punteggio schiacciante, per quanto contaminato da qualche imbecille, è dato per buono.
Quello che mi spiace è che tripadvisor si sia sostituito al sano e costruttivo dialogo tra gestore e cliente.
Non più di due settimane fa ero in viaggio e mi è capitato di raggiungere un ristorante un po’ fuori mano. Location suggestiva, panorama mozzafiato. Servizio molto lento e impreparato. Abbiamo ordinato, specificandolo più volte con ferma chiarezza e altrettanta cortesia, di volere 1 porzione di antipasto e 2 porzioni della prima portata, essendoci recati lì proprio per assaggiare questa pasta caratteristica.
Morale: arrivano 2 antipasti e 1 primo piatto. Alla domanda: “signorina, ma questa porzione era per due o per uno?” la risposta è stata un po’ buttata a caso, forse frutto dell’errore commesso “era per due, era per due!”.
Quando andiamo a pagare il conto, il totale corrisponde alla nostra richiesta di ordinazione, quindi a due primi e ad un antipasto. Stiamo per pagare ma poi mi viene in mente un consiglio che mi dato uno chef di fama internazionale: Quando ci si trova in un ristorante o quando ci si trova a ricevere un servizio per cui si corrisponde una somma di denaro, fate sempre le giuste valutazioni ed osservazioni, in positivo o in negativo. Se per qualità/quantità/conformità il servizio ricevuto non corrisponde a quanto ordinato o non è bilanciato alla somma di denaro richiesta, fatelo notare. Lo stesso valga in positivo: se ricevete un trattamento che quei soldi li vale tutti e in certi casi ne vale anche di più, ditelo! E’ così che gli standard di qualità si manterranno sempre elevati, sia per il locale, sia per i clienti. I nostri soldi come il nostro tempo valgono tanto.
Ho quindi fatto notare al gestore, RIBADISCO IN MANIERA CORTESE, come osservazione, che la portata servita non era esattamente quella ordinata.
Questo gestore, essendosi informato al momento del pagamento che la serata fosse stata gradita, al nostro “reclamo” ha reagito esattamente come un vero signore: ci ha ascoltato, si è sincerato che dalla cucina fosse davvero uscita una comanda errata, ci ha chiesto scusa, ci ha detto se volevamo fermarci e degustare la seconda porzione che non ci era stata servita, ci ha correttamente stornato dal conto il corrispettivo non goduto. Ci ha offerto amaro e caffè. Sapeva che eravamo turisti e che quindi non saremmo stati clienti abituali, ma ci ha dedicato tutta la cura che ogni cliente si merita, di passaggio o abituale.
Ho preferito parlare con lui del disguido a tavola, piuttosto che stroncarlo con una recensione. In quel modo lui sarebbe stato attaccato, senza che gli venisse concessa la possibilità di rimediare. Il risultato è stato che tornerò sicuramente. Si può sbagliare, ma si deve concedere la possibilità di rimediare.
Cari utenti, non perdiamoci in chat, I tech, trip o robe varie.
Quando ci sono delle note positive o negative, parliamone prima a voce. Non ascoltano le vostre rimostranze? Allora avete tutto il diritto di raccontare la vostra brutta esperienza. Accontentare ad assistere migliaia di clienti non deve essere mestiere facile. Anche fare il turista non lo è.
Incontriamoci a metà strada. Da veri signori, a tavolino, davanti ad un amaro o a un caffè, si ottengono molte più soddisfazioni che non con stelline virtuali.
Buon viaggio a tutti.

Non c’è coraggio senza paura.

29 martedì Lug 2014

Posted by Donna Abelarda in Coffee of the day

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Sulla terrazza.
Il sole è timido, uscito da poco, ma sa esattamente di quanto calore ho bisogno.
Di fronte a me solo il mare. Tra le mie mani un foglio, una penna, un caffè.
Qui ho capito che cosa voglio fare davvero. Ma in fondo lo sapevo già, è che era qui che volevo capire di averlo capito.
Voglio guardare il mondo da questa prospettiva.
E voglio scriverlo così. Con questa passione che mi ha cucito addosso tutte le sensazioni che provo.
Ho capito che non serve altro.
La prima volta che sono arrivata avevo così paura. Ma poi è esplosa un’alchimia, una magia. Ho avuto poi un’altra paura, una ancora più grande, che mi ha sopraffatta: la paura di non poter tornare più.
E ne ho avuta un’altra ancora quando ho deciso di tornare. Avevo paura di aver tradito quella magia e quell’alchimia; avevo paura che ci fossimo allontanati, spezzati, per non ritrovarci più.
Poi ho sentito quel profumo. Ero sola, ma in realtà non mi ci sono mai sentita.
La paura mi ha dato una certezza, una delle poche che mi accompagnano. La certezza che ce la posso fare e che voglio farlo ripartendo da qui. Inizia un nuovo cammino e ricomincia da qui.
Tutto è profumato come un tempo. Ha tutto lo stesso colore, lo stesso sapore.
Dovunque io sia stata, sono sempre stata qui. E sono sempre qui. E’ come amare: il tuo amore è dovunque ci sia tu, non dovunque ci sia lui. Lo porti con te, sempre.

L’uomo dei sogni, dei BEI sogni. Massimo Gramellini

16 mercoledì Lug 2014

Posted by Donna Abelarda in About YOU - Le mie interviste

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che tempo che fa, gramellini, intervista gramellini, massimo gramellini

Oggi il caffè lo beviamo con Massimo Gramellini.
Massimo Gramellini rappresenta l’equilibrio perfetto tra il concreto e l’astratto: giornalista e scrittore; professionista e sognatore. Sei una “macchina umana” che ci rende fieri di essere rappresentati da te in così tante occasioni.

Tu ti dividi in due perfette metà, possiamo dire: una giornalistica e l’altra di scrittore. E’ più difficile inventare o documentare?
E’ sicuramente più difficile documentare.
Non puoi pensare di inventare se non ti sei documentato con la ricerca. La fantasia, senza una base, è un clichè. Se non ti documenti non inventi: la tua mente riprodurrà qualcosa di già visto.
Quindi direi che la documentazione è la base dell’invenzione, della fantasia.

Gli ingredienti per un buon giornalismo?
L’originalità e la buona fede.
L’oggettività è incompatibile con la natura umana. Non è possibile essere obiettivi in maniera totale, ma è possibile e doverosa la buona fede.

Lavorativamente, una persona che porti nel cuore?
Diciamo che Indro Montanelli è stato il mio ispiratore, il mio “padre” spirituale che mi ha guidato nell’intraprendere la mia carriera giornalistica.
Colui che invece mi ha dato le basi concrete del mestiere, che mi ha dato l’opportunità di cominciare, è stato Enzo D’Orsi, il mio primo caposervizio. Appena mi vide disse: “Non ti pagheremo niente, non hai nessuna possibilità di essere assunto e comunque sappi che fare il giornalista è un lavoro di merda. Accetti?”».

Parliamo di questa crisi: siamo NOI la causa della nostra crisi? Ci siamo “impigriti” nel combattere un sistema ormai corrotto, preferiamo forse adeguarci? Come ne usciremo?
Questa crisi è una crisi globale, è la crisi di un’epoca. E’ la prima volta che ci troviamo di fronte a due cambiamenti storici: l’avvento a gamba tesa della tecnologia e, in concomitanza, l’allungamento della vita media delle persone.
Non abbiamo dei precedenti su cui basarci, a cui ispirarci.
Ci dobbiamo reinventare, inventare nuove figure professionali: si perchè la tecnologia, fondamentale nella nostra quotidianità, ci agevola, ci sveltisce, ma ci ha anche pian piano tolto del lavoro. Una mansione che prima magari coinvolgeva dieci operai, ora viene svolta da una macchina sola. Quindi il progresso ci spinge in avanti ad una velocità maggiore, ma ci costringe a rimetterci tutti in discussione.
E poi c’è appunto la vita media che si allunga: è la prima volta che siamo così tanti, che tante generazioni coesistono. E ci dobbiamo per forza riallacciare alla mancanza di lavoro per tutti: ci sono gli anziani a cui pagare le pensioni: e se non c’è lavoro per i giovani, ne patiranno anche loro perchè ci vuole qualcuno che le paghi queste pensioni.

Che cosa ne pensa Massimo della Digitalizzazione di tutto; internet è una fonte inesauribile di informazione ma anche di cattiva informazione, spesso di diffamazione. Credi sia un’arma impropria? Ci stiamo arricchendo o impoverendo ed impigrendo?
Ci stiamo arricchendo ed impoverendo.
Anni fa, prima dell’avvento dei computer, di internet, se non ti ricordavi il titolo di un film, dovevi setacciare libri su libri, enciclopedie, facendo sforzi di memoria assoluti per richiamare alla mente il nome di un protagonista e quindi risalire poi al film. E così per tante altre attività: ricerche scolastiche, curiosità sportive.
Oggi abbiamo questo bacino in continua espansione che è internet: come tutto, ha i suoi lati negativi, ad esempio il fatto che, essendo accessibile a tutti, facile ed immediato, trabocca di superficialità, è spesso privo di controlli.
Il giornale, quello cartaceo, sparisce in fretta: basta accartocciarlo, strapparlo, buttarlo.
Invece on line resta tutto, anche le smentite a false dichiarazioni, le calunnie, le bugie.
Siamo quindi agevolati ma allo stesso tempo svantaggiati dal punto di vista dell’attendibilità, dell’autenticità di ciò che vi troviamo.

Massimo Gramellini guarda i telegiornali?
Non li guardo per questioni di orario: quando vengono trasmessi, specialmente quelli serali, sono al giornale. E poi so esattamente le notizie che ci saranno!
Ma se non facessi il giornalista, certo, li guarderei.

Che cosa pensi delle donne che, specialmente negli ultimi tempi, chiedono a gran voce, anche con i numeri, la PARITA’? Questa parità, reclamata a gran voce, bisogna davvero chiederla ed esigerla con dei numeri, delle quote? Non ti sembra un “contentino”? Non potremmo mai conoscere il vero valore di una donna se siamo stati “costretti” ad averla nel nostro organico. Che cosa ne pensi? Abbiamo ancora questa cultura della “femmina” più che della donna, quindi di capacità inferiori, di casalinga-moglie-madre?
Queste richieste, spesso a gran voce, sono purtroppo necessarie oggi.
La discriminazione persiste e alcuni diritti fondamentali acquisiti con fatica sono stati immediatamente negati. Quindi la richiesta, anche se al giorno d’oggi fa rabbia, è d’obbligo.
Una donna ha tanti ostacoli di fronte a sè nel mondo del lavoro: pensiamo solo all’ipotesi che rimanga incinta: il rischio di perdere il posto è più che mai concreto, anche se sbagliato ed ingiusto.
Le donne devono sempre, e non si sa perchè, faticare il triplo per dimostrare di valere tanto quanto un uomo: lavorano otto ore al giorno, ma spesso non guadagnano abbastanza per potersi permettere un aiuto domestico e quindi devono provvedere alla cura della casa, dei figli. Tutto questo, senza particolari onori.

Cosa ammiri nelle donne e cosa negli uomini?
Delle donne ammiro la capacità di essere multitasking. Ammiro la capacità di avere sempre i piedi ben piantati per terra, la praticità, l’affrontare ogni singolo problema, cercandone poi sempre la soluzione. Il maschio tende piuttosto a spostarlo il problema: la sua soluzione è trovare un modo per non affrontarlo, per non trovare una soluzione!
Degli uomini invece, quando c’è, ammiro quell’energia vitale, quella forza di prendersi il mondo sulle spalle.

Si può cambiare il proprio modo di essere, per amore di una persona, per amore del proprio lavoro? Se si, è giusto farlo?
Non è giusto cambiare per una imposizione esterna, per paura di perdere qualcosa o qualcuno, per adeguarsi a qualcosa o a qualcuno. Ma non bisogna avere paura del cambiamento. Siamo troppo fossilizzati sul non voler cambiare. Bisogna evolversi, crescere. Il mondo cambia e lo fa velocemente. Si DEVE cambiare, e per farlo, ci vuole coraggio.

Tu riesci a dare a milioni di persone un Buongiorno che li accompagnerà durante la loro giornata, facendoli riflettere, nel bene e nel male. Quindi tu in quelle righe dai tanto al pubblico. Una persona come te che quindi dà tanto agli altri, riceve altrettanto? Sei esigente nei rapporti “umani” della tua quotidianità?
Io ricevo sicuramente molto, forse più di quello che do.
Si, col tempo sono diventato più esigente, soprattutto nelle amicizie. Chi mi conosce da sempre lo sa: io ho un’indole solitaria, sono un gran timido, anche se non sembrerebbe! E, come tutti i timidi, estremizzo attraverso la televisione, per esempio.
Non mi piace la mondanità, mi stanca, mi affatica.
Guardo quindi con assoluta ammirazione chi riesce a passare da una festa all’altra, portando sempre con sè una battuta.

Sei esattamente dove vorresti essere?
La vita è QUI E ORA. Quindi si, sono dove voglio essere. Magari la mia carriera non sarà interamente dedicata a ciò di cui mi occupo adesso, ma in questo momento sono dove vorrei essere.

Nei tuoi libri c’è tanto amore. Ma c’è anche paura, quella dei bambini si, ma credo che la paura sia uno di quei fantasmi che non ci abbandonerà mai. A volte ci inietta una scarica di coraggio per affrontarla; altre volte invece, ci àncora a terra, immobili; altre volte ancora è sana ed è lì per renderci un pò più prudenti. Che cos’è per te la paura? Ha un legame con l’amore? Si completano o sono antagonisti assoluti?
L’opposto dell’amore non è l’odio, ma è la paura.
L’odio non è un sentimento positivo, ma è comunque una passione forte. E’ in qualche modo “parente” dell’amore.
Opposto all’amore c’è la paura. L’amore è un sentimento che ci fa muovere, è energia, è crescita, fa fiorire. È la vita.
La paura è, al contrario, l’assenza di questa energia vitale, è stallo, è il terrore di soffrire che ci rende immobili.
Amore e paura sono antagonisti assoluti.

Mi dici la ricetta del “Buon Vivere”?
Credo che nessuno ce l’abbia questa ricetta.
Il buon vivere è comunque il non aspettare che gli altri riconoscano il tuo valore. E’ imparare a conoscersi, a capire che cosa si vuole, dove si vuole andare. Il buon vivere è fatto di scelte, di coraggio. E’ trovare da sè il proprio valore.

Ti piace il caffè?
Mi piace moltissimo, ma mi dispiace per te.
Ho smesso di bere caffè da undici mesi. E sono undici mesi che non ho più bruciore di stomaco: sarà un caso?

Perchè hai accettato questa intervista?
Perchè ti voglio bene.

La Tv che CI piace! Alessandra Comazzi

15 martedì Lug 2014

Posted by Donna Abelarda in About YOU - Le mie interviste

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Oggi il caffè lo beviamo con Alessandra Comazzi.
Ho provato a tracciarne un ritratto che avesse come pilastro la sua indiscutibile personalità e come sfumatura, importante quanto il pilastro, il suo aspetto più umano. Sono felice, emozionata ed onorata di intervistare questa grande donna.

Spettacolo e professionalità: due elementi che sembrano non poter convivere nel mondo di oggi, così pieno di luci che, quando si abbassano, lasciano solo un grande niente. Ed invece Alessandra è riuscita a sposare la professionalità del giornalista con la leggerezza dello spettacolo e a far coesistere questo binomio infernale! Torinese, giornalista, bandiera della critica televisiva, sommelier, fondatrice di TorinoSette.

Quali sono gli ingredienti per un buon giornalismo?
I fatti. Sono i fatti e il loro racconto, gli ingredienti principali. Giornalismo è raccontare quello che è accaduto, ponendosi al servizio del lettore/spettatore/ascoltatore/navigante su internet. Bisogna ricordare le cinque classiche “W” del giornalismo anglosassone, what, who, when, were, why, che cosa, chi, quando, dove, perché. E bisogna scrivere bene, senza sciatteria. Informandosi sempre, cercando le fonti, chiedendo.

Lavorativamente, una persona che porti nel cuore?
Gaetano Scardocchia, il più grande direttore della Stampa dopo Giulio Debenedetti. Negli Anni Ottanta, aveva anticipato i tempi inventando il giornale a fascicoli. Gli piaceva scoprire talenti. Sceglieva una persona, e le dava fiducia. E Franco Pierini, mio caporedattore ai tempi di Torino7: un grande maestro.

Perchè la televisione è così ambita oggi? Eppure non è certo una novità che il successo facile, quando non è supportato dal talento, mieta tante vittime. Sono le prospettive di guadagno? O è la popolarità, il desiderio di affermarsi a tutti i costi? Vedi la tv come il rifugio per molti che non hanno trovato la propria strada? Forse è passaggio il messaggio che per fare televisione non sia necessaria la cultura, la preparazione…basta essere nel posto giusto al momento giusto, avere un bel viso, un bel corpo, essere “disposti a tutto”. Sei d’accordo?
Come dice Andy Warhol, la televisione concede un quarto d’ora di notorietà a tutti coloro che vi accedono. E un po’ di notorietà è una chimera per molti. La televisione degli inizi era fatta da grandi professionisti: poi è prevalso il modello, molto più economico, di una televisione realizzata dalla “gente comune”, disposta a tutto pur di partecipare. E per partecipare, è vero, non servono più talento, preparazione e cultura. Anzi, la televisione degli ultimi anni ha esaltato l’improvvisazione. Sono convinta che sia un errore. Che non sia, alla fine, molto divertente, vedere i personaggi che fanno la loro gavetta davanti ai nostri occhi di telespettatori. Infatti i programmi stanno perdendo ascolti e seguito. La professionalità premia, ma certo è un investimento, richiede pazienza, partecipare a un reality è più veloce che frequentare l’Accademia d’arte drammatica. Dove i criteri di ammissioni non sono soltanto la bella presenza e la potenzialità a diventare “personaggio”.

La televisione, come contenitore, contenuto e come pubblico è cambiata in questi decenni: a volte si è voluta, a volte si è decisamente stravolta e non è detto che si sia stravolta in meglio! Pensiamo per esempio ai reality e ai talent, due format che nel 2000 sono saliti in cattedra: che ruolo attribuisci loro nella società di oggi? La tv ne sta abusando?
Appena la tv trova un filone che funziona, lo percorre sino alla nausea. Quindi sì, di reality e talent le reti stanno abusando. Ma il contraccolpo è già arrivato: cioè il pubblico che si stufa, soprattutto dei reality. Tant’è vero che il Grande Fratello è stato fermo un paio di stagioni, e quest’ultima edizione è stata seguita poco. Diverso forse il discorso dei talent, che a volte qualche talento lo scovano davvero. Solo che ce ne sono troppi, e dunque il pubblico alla fine li rifiuta. Però sono sempre convenienti, perché riempiono le serate e costano poco.

La donna in tv, ieri e oggi: quante differenze. Meglio prima o adesso? Ti piace la donna in tv oggi?
La televisione è sbarcata in Italia nel 1954: allora le ballerine portavano i mutandoni. Poi arrivarono le gemelle Kessler con la calzamaglia spessa del da-da-umpa, poi Raffaella Carrà sdoganò l’ombelico scoperto. Quando la Rai perse il monopolio, e sugli schermi irruppero le reti private, bisognava attirare gli spettatori. Anche con il corpo delle donne, che cominciò a essere esibito. Ballerine con il filo interdentale nel sedere, vestiti da sera scollati a tutte le ore del giorno. Volgarità e cattivo gusto. Corpi esibiti con la complicità delle donne stesse. Che hanno cambiato il vecchio slogan femminista “Il corpo è mio e lo gestisco io” con il “il corpo è mio, lo gestisco io e lo spoglio in tv”.

Che cosa pensi delle donne che, specialmente negli ultimi tempi, chiedono a gran voce, anche con i numeri, la PARITA’? Questa parità, reclamata a gran voce, bisogna davvero chiederla ed esigerla con dei numeri, delle quote? Non ti sembra un “contentino”? Non potremmo mai conoscere il vero valore di una donna se siamo stati “costretti” ad averla nel nostro organico. Che cosa ne pensi? Abbiamo ancora questa cultura della “femmina” più che della donna, quindi di capacità inferiori, di casalinga-moglie-madre?
Le quote rosa sarebbero in effetti una sciocchezza se non esistesse davvero il cosiddetto “soffitto di cristallo”. Quello che fa sì che quando una donna, meglio preparata e brillante di un uomo, sta per arrivare a posizioni lavorative elevate, viene fermata dal soffitto di cristallo rappresentato dall’alleanza maschile. Che scatta, infallibile. E poi ‘sto fatto che bisogna essere sempre brave tre volte un uomo, per occupare la sua stessa posizione. E’ proprio vero! Vedremo adesso che cosa capiterà, con le generazioni dei “nativi digitali”. Io dico sempre scherzando, ma fino a un certo punto: guarda in America, piuttosto che eleggere presidente una donna, hanno scelto un nero… E adesso che devono far fare una figuraccia a un politico, a un vicepresidente degli Stati Uniti, nella serie “Vice”, a chi la fanno fare, questa figura da deficiente? A un vicepresidente donna.

Cosa ammiri nelle donne e cosa negli uomini?
Ecco, qui non farei un discorso di genere. Ammiro le stesse cose nelle persone. Spirito di adattamento, lealtà, amore per il lavoro.

Si può cambiare il proprio modo di essere, per amore di una persona, per amore del proprio lavoro? Se si, è giusto farlo?
Ma, sinceramente credo che si possa anche provare, ma i risultati sono circoscritti. D’altronde, tu vorresti che una persona cambiasse per amor tuo? Io no. Se mi piace, mi deve piacere quella lì, con tutte le sue caratteristiche. Altrimenti si cambia persona. O lavoro. Quindi no, non si deve cambiare per amore o per lavoro. Perché poi esce il bluff.

Tu riesci a dare tanto attraverso la tua critica a milioni di persone. Hai dato tanta qualità alla televisione. E a te che cosa ha dato, che cosa dà la televisione? La guardi per svago oppure “l’occhio clinico” non e quindi guardare la televisione è un lavoro?
Intanto grazie per le cose che mi dici, troppo gentile. A me la televisione ha dato un modo per sviluppare il giornalismo che più mi piace, quello dello spettacolo. Non ho più molta voglia di vederla, quando non è per lavoro, per preparare le recensioni. Quando la guardo per svago, guardo i film e i telefilm (alcune serie americane, soprattutto, Dr House o Castle mi piacciono). Non male, come tv di intrattenimento, anche la serie di Montalbano, a esempio, o la prime edizioni di “Tutti pazzi per amore”.

Sei esattamente dove vorresti essere?
Se torno a nascere, vorrei nascere a New York.

I giovani e la precarietà, i compromessi. Tu hai iniziato giovanissima una carriera straordinaria. Nel mondo dei social, del digitale, del “tutto fruibile subito” credi che i giovani si siano impigriti, che abbiamo meno ambizione? Come ci si può destreggiare in questa giungla in cui siamo sempre di più, tutti a gomiti larghi, in cui la raccomandazione viene prima del merito? Possiamo combattere questa mela marcia dei nostri giorni?
Io non ho figli, quindi non mi permetto di giudicare. Ciò premesso, mi sembra che la mia generazione abbia protetto un po’ troppo i ragazzi. Le mie amiche insegnanti dicono che ormai non possono nemmeno sgridare un allievo, che accorrono i genitori a difenderlo. Se la maestra dava una nota a me, a casa mi prendevo una sgridata e/o una sberla, altro che giustificarmi. Purtroppo, l’impoverimento della classe media, la concentrazione della ricchezza nuovamente nelle mani di pochi, ha influito nefastamente sulla scuola. E il ’68, alla fine, ha fatto danni. In epoca precedente, non era facile studiare, per chi non aveva mezzi. Ma se riusciva a studiare, poi era talmente preparato da trovarsi alla pari con gli altri. Adesso se un ragazzo non ha la famiglia che lo sostiene mandandolo a studiare all’estero, o, nei casi negativi e purtroppo così diffusi, raccomandandolo, non riesce a ottenerlo nemmeno di lontano, e nemmeno precario, un lavoro. Questo è aberrante. E per questo io ho scoperto una vocazione tardiva per il mondo sindacale. Sono presidente dell’Associazione Stampa Subalpina, e credo che soltanto uniti si possa ottenere qualcosa. Senza proteggere soltanto i garantiti, ma cercando spazi nuovi per i giovani, nei nuovi contesti. E’ tremendamente difficile.

Mi dici la ricetta del “Buon Vivere”?
Magari l’avessi. Comunque cerco di applicare nella vita le regole che uso anche per le mie critiche tv: leggerezza, distacco dalle emozioni, e rispetto per l’interlocutore.

Ti piace il caffè?
Molto. Mi piacerebbe bere il caffè della napoletana, come quella di Eduardo in “Questi fantasmi”. Mi sono un po’ convertita alle cialde, però. Faccio male?

Perchè hai accettato questa intervista? 🙂
Perché ti voglio bene. Perché mi onora che tu abbia pensato a me. Perché credo nel tuo blog. Buon lavoro.

Siiii….sono sssssubito da lei…..

11 venerdì Lug 2014

Posted by Donna Abelarda in Società & Attualità

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Tutti noi ci troviamo nel quotidiano, per piacere o per dovere, a recarci in luoghi pubblici per food and beverage oppure a dover pernottare in strutture alberghiere più o meno lussuose.
In questo contesto vorrei affrontare in senso generale (quindi indipendentemente dal grado di lusso del luogo frequentato) il trattamento del cliente da parte della struttura ospitante, che sia ristorazione o soggiorno.
A fronte di un servizio, il cliente riconosce al gestore un corrispettivo in denaro.
Ciascun servizio offerto, secondo i canoni più comune della civilizzazione e della buona educazione, dovrebbe garantire, sempre e comunque:
– rispetto e discrezione per l’ospite
– adempimento delle richieste, sempre nei limiti della fattibilità, con puntualità
– corretto rapporto qualità-prezzo
– cortesia e professionalità
Allo stesso tempo, chiunque fruisca di un servizio, dovrebbe garantire, sempre e comunque:
– rispetto per il personale che gestisce la struttura
– onestà e puntualità nel pagamento
– gratitudine e cortesia per il servizio ricevuto
– educazione nei riguardi del personale e degli ospiti in sala con noi

Quando da una o da entrambe le parti viene a mancare una di queste regole base, il rapporto tra gli enti è da considerarsi nullo, svincolato dai vincoli classici che lo caratterizzano.

Se un cliente si dimostra arrogante, irrispettoso, maleducato, disonesto, il gestore dovrebbe sentirsi autorizzato ad allontanarlo, a pretendere una somma di denaro superiore a quella dichiarata da listino come “risarcimento” per il trattamento ricevuto. Tale somma sarebbe opportuno venisse poi distribuita tra i membri del personale che avrebbe subìto questa mancanza di rispetto.

In maniera speculare, un cliente che paga per un servizio, dovrebbe sentirsi autorizzato SEMPRE a far valere le proprie rimostranze qualora il personale sia sgarbato, tendente al maleducato, non adempiente alle proprie funzioni.

Quando mi reco in un punto di ristoro, che sia a quattro stelle michelin oppure l’ultimo fast food, il denaro con cui pago è lo stesso: non è che al fast food i miei soldi siano quelli del Monopoly dato che il servizio offerto ha un prezzo molto inferiore rispetto agli altri sul mercato.
Quando pernotto, pranzo o ceno in una struttura, il mio abbigliamento non deve rispecchiare in alcun modo il trattamento che deve essermi riservato: se sono in completo Armani da 4000 € o se ho shorts e canotta, pretendo ed esigo il medesimo rispetto, dato che, vedi punto precedente, pagherò sempre con denaro valido, non con banconote false o monetine di plastica.

Se al desk di un hotel saluto e ringrazio, augurando una buona giornata, sia che io abbia soggiornato al Palace Hotel cinque stelle deluxe, sia che io abbia soggiornato alla pensione Gino una stella, mi aspetto che la risposta sia: “Grazie a lei, e buona giornata”.

Se chiedo in un fast food o a Cracco in persona la presenta o meno di un alimento nella portata che sto per ordinare (perchè quell’alimento NON voglio mangiarlo), esigo che la risposta sia puntuale, precisa e rispettosa delle mie esigenze.
“C’è il formaggio in questo panino?” – mi aspetto che la risposta sia un si o un no.
Ho spesso ricevuto questo tipo di risposta: “ma è allergica?” – “No, semplicemente non lo mangio” – a cui segue “No mi spiace non glielo posso fare senza formaggio, prenda un’altra cosa” oppure, ancora peggio “no non c’è il formaggio” senza aver nemmeno controllato.
A quel punto, alla risposta “ordini altro”, esco dal locale; alla risposta “no non c’è il formaggio”, ordino la portata.
Mi viene servito il panino e dentro non trovo il formaggio…bensì una salsa a base di otto tipi diversi di formaggio a pasta filante.
Lo riporto indietro. “Ho trovato il formaggio e, come le avevo detto, non lo mangio”. Ed ecco che, puntuale come le tasse, arriva la prima fase: “ma era allergica signorina???????” – “No, semplicemente, non lo mangio, come le avevo detto al momento dell’ordine”. Al sospiro di sollievo segue un seccato “ah mi spiace, se vuole gliene faccio un altro senza”. – “No se lo tenga pure, questa opzione doveva verificarsi un’ora fa, quando le ho chiesto se il panino avesse il formaggio”.

Vedete, quando viene offerto un servizio (e, lasciatemi dire, anche se fosse gratis!!!), dobbiamo pretendere ed offrire sempre il massimo, in termini di valore del prodotto, di educazione e di rispetto.

E se questo rispetto me lo dai solo perchè ho finto di essere una critica gastronomica che domani pubblicherà la recensione al tuo locale, il tuo rispetto vale quanto te: zero.
Impariamo a diventare dei critici, ma non di professione, di vita.

Paese che vai…rispettalo, se no VAI.

07 lunedì Lug 2014

Posted by Donna Abelarda in Società & Attualità

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Questo post lo dedico con tutto l’odio che può stare nel mio misero corpicino, (ma fidatevi, è come la glassa di aceto balsamico: bello concentrato), ai TURISTI che invadono, nel vero senso della parola, la nostra Storia. Turisti stranieri e non, si intende.
Cari amici, eccovi un bel prontuario:
1. Se a casa tua sei abituato a sputare il cibo per terra, ad abbandonare i rifiuti, a calpestare divieti, a sfregiare monumenti…che aspetti? Tornatene a casa tua e sfogati.
2. Se a casa tua non sei abituato a fare quello che fai al punto 1: non mi sembra il luogo nè il momento per iniziare a sperimentare la condotta di un barbaro. Quindi, in questa variante, comportati come se fosse casa tua.
3. Se 2000 anni di storia ti sembrano troppi e quindi vorresti dare una rinfrescata aprendo al posto del Colosseo una bella ruota panoramica: torna nel tuo bel paesello, salici sopra, poi apri la cabina e defenestrati, possibilmente a testa in giù: anche tu mi sembravi francamente un pò troppo datato.
4. Se arrivi nella città più bella del mondo e hai dimenticato a casa il sapone, non ti devi preoccupare: ci siamo evoluti e con soli 90 centesimi, ti rimettiamo a nuovo.
5. Se non sai mangiare e pretendi che io ti serva un cappuccino bollente in tazza maxi alle 9 di sera per accompagnare una bella amatriciana a cui hai chiesto la sostituzione del pomodoro con dell’acidissimo succulentissimo ketchup: torna pure a casina tua che saranno felici di asfaltare il tuo palato infame.
6. Se il selfie al Colosseo viene bene solo se al trentesimo scatto il Colosseo non si vede più, ma la bocca a cuore e quel brillocco di Bulgari la fanno da padroni….stai pure a casina tua, magari in bagno…che siccome sei un cesso, sei pure a tema.
7. Se pensi di poter spezzare il dito al David, di poter fare i baffetti alla Gioconda, di tirare pietre anzichè monetine contro la Fontana di Trevi, se pensi di poter imprecare a piacimento davanti alla Pietà di Michelangelo, se pensi di lucchettare una transenna che protegge il Colosseo…non ti ritengo un essere pensante, quindi mi sentirò libera di fare a te quello che tu stai facendo a loro.
Amo la nostra storia, che a fatica riusciamo a valorizzare. Quindi, cerchiamo di voler bene alla nostra storia almeno la metà di quanto vogliamo bene alla nostra Peugeot 306 coi neon blu o, per le fanciulline, alla pochette di Liu Jo.

Petali e coltelli, Cuori e spade.

07 lunedì Lug 2014

Posted by Donna Abelarda in Società & Attualità

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Basta con i DELITTI PASSIONALI, gli AMORI MALATI, i RAPPORTI BURRASCOSI, le STRADE MALEDETTE, le BOMBE ASSASSINE.
Vogliamo chiamare le cose con il loro nome? O vogliamo nasconderci dietro entità misteriose?
Non esistono delitti passionali o amori malati: esistono persone malate, persone assassine, persone imbecilli, persone violente. L’amore, la coppia (corna escluse, proprio perchè usiamo la parola Amore e Coppia) non esistono in natura: sono l’incontro di due individui. Quindi un rapporto violento non esiste: esiste un marito violento che picchia la moglie (meno raro, ma pur sempre esistente, anche il viceversa). Non esiste un amore malato: esiste un bastardo che ti uccide perchè lo hai mollato dopo che ti ha picchiato. Ma ti picchiava perchè ti amava troppo. E quindi dopo averti picchiata ed essere stato lasciato, siccome ti ama, ma ti ama veramente, e ama anche tutto quello che avete costruito insieme (per questo lo prendeva a calci, pugni, schiaffi) un pomeriggio alle tre e mezza arriva, vi apre la portiera dell’auto e vi spara.
Cari uomini, questo grande AMORE sfogatelo sui vostri tanto amati palloni da calcio.
E le strade maledette? Non esistono strade maledette: esistono persone maledette che ai 150 Km orari si vanno a schiantare, a 20 anni, contro un albero. Esistono schifosi ubriachi che si mettono alla guida e che travolgono intere famiglie sulle strisce pedonali, col verde, in pieno giorno.
Le bomba, se nessuno le fabbricasse e le gettasse dal cielo come riso in Chiesa, tranquilli, non ammazzerebbero intere popolazioni.
Se tu gliele vendi queste armi, e loro le usano contro il loro popolo, e poi gli vai a fare la guerra con quelle stesse armi, sei solo il capostipite di questa scia rossa.
Il maledetto siamo noi. E lo so che fa male pensarlo, ma cerchiamo di non creare entità astratte a cui attribuire aggettivi che non ci piacciono, solo per allontanare il MALE dal nostro maniacale prato inglese.
Quelle assurde entità astratte sono PERSONE, anche se a volte è vergognoso definirle tali.

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